Donne e Potere
In Italia si sta lentamente allargando la presenza delle donne nei posti di potere. Basti pensare alle deputate e senatrici in Parlamento, alle ministre, alle manager nominate ai vertici delle società quotate in Borsa, alle funzionarie di alcune aziende pubbliche strategiche, alle docenti universitarie nei vari dipartimenti. La svolta, pur lenta, è in corso: le donne ai posti di comando danno forza a una classe dirigente più moderna, libera da vecchi schemi e gruppi ristretti di potere. “Ma quanto sarà davvero – scrive Ilaria Li Vigni – portatrice di uno sviluppo sociale più equo e moderno? La realtà è che, ancora, non ci sono le condizioni per una società equa con opportunità e responsabilità equilibrate tra donne e uomini in tutti i campi, pubblici e privati. Resta molto da fare e sarà fondamentale, in questa fase critica, il ruolo delle donne che sono riuscite a incrinare il soffitto di cristallo”.
Di questo e di molto altro si è parlato nella Tavola Rotonda su “Donne e Potere” che si è svolta a Catania nella Sala Esedra organizzata dalla prof.ssa Rosalba Panvini e moderata dal direttore Pierluigi Di Rosa. Tra le relatrici e i relatori Lina Scalisi, Lavinia Gazzé, Nella Calì, Luisa Galano e Alfio Nicotra.
Negli ultimi anni sono stati pubblicati una serie di libri sul potere delle donne, a cominciare da Donne e potere di fare della stessa Ilaria Li Vigni e da Donne e potere di Mary Beard che riannoda i fili, partendo dalla Grecia e dalla Roma antiche, per dimostrare quanto siano profondi i meccanismi che impongono alle donne il silenzio e quanto sia alto il prezzo che esse devono pagare per rivendicare la libertà di parola. Le pratiche di esclusione delle donne partano dall’assunto ideologico che l’unica voce degna di essere ascoltata sia quella maschile.
Quando nell’Odissea omerica Penelope chiede a Femio, l’aedo, di cantare qualcosa di meno triste per periglioso ritorno da Troia degli eroi achei, il figlio Telemaco interviene bruscamente, invitando la madre a rientrare nelle proprie stanze e ricordandole che «la parola spetta agli uomini»
Negata e svilita, derisa e temuta, la voce femminile è stata ridotta al silenzio, un silenzio, però, che a distanza di secoli sembra gravare ancora sulla volontà delle donne di essere ascoltate, prese sul serio, considerate per le loro capacità e competenze. Un silenzio a cui gli uomini sembrerebbe non intendano rinunciare, se solo pensiamo alle ingiurie e alle intimidazioni di cui le donne sono fatte oggetto – nel web come nella politica o nella cultura – non per ciò che dicono ma per il semplice fatto di voler parlare.
Anche Laura Maggione e Anna Mainoli in Donne e potere. Trastoria e politica. Storie di ragazze coraggiose, affrontano il tema fondamentale ed estremamente attuale dell’accesso femminile al potere, della possibilità di partecipare e di influenzare scelte politiche, economiche e sociali. Le donne ritratte in questi profili possono dirsi a tutti gli effetti eroiche, “intrepide e coraggiose” proprio perché si sono misurate con ruoli ritenuti da secoli prerogativa maschile. L’introduzione non a caso è stata affidata a Concita De Gregorio, che quando nel 2008 è passata dal quotidiano la Repubblica a dirigere l‘Unità è stata fortemente attaccata, non solo dagli oppositori politici ma anche dai suoi compagni di partito. A lei è stata contestata la linea del giornale, il calo delle vendite, il fallimento dell’Unità. L’esperienza all’Unità è stata drammatica in tutti i sensi poiché a causa di uno strascico giudiziario e del fallimento della società editrice, Concita De Gregorio come direttore responsabile del quotidiano è stata ritenuta l’unico soggetto chiamato a rispondere circa numerose cause per diffamazione mosse in sede civile contro la testata (pur non essendo stata l’autrice degli scritti), subendo per questo il pignoramento di conti bancari e altri beni nell’ambito di varie azioni giudiziarie.
Se questo è il quadro italiano, non tanto diverso è il quadro europeo tratteggiato da Anne Stevens in Donne, potere, politica. Attive in misura crescente nella vita politica, non di rado le donne vi raggiungono posizioni di vertice: basti citare Martine Aubry e Ségolène Royal, che in Francia si sono contese la guida del Partito socialista; Angela Merkel, cancelliera tedesca; Hillary Clinton, che dopo aver perso per un soffio le primarie democratiche negli Usa, è diventata segretario di Stato. Ma i successi di alcune protagoniste non riescono a oscurare i perduranti limiti del ruolo svolto dalle donne in politica. Secondo la Stevens l’uguaglianza è necessaria per compensare la differenza e la differenza va riconosciuta per raggiungere l’uguaglianza.
Un’eguaglianza che è lungi dall’essere stata raggiunta in ambito accademico. In base all’analisi di genere, contenuta nel Rapporto Anvur 2023, negli ultimi venticinque anni nonostante il numero delle studentesse donne, che ha intrapreso un percorso di istruzione universitaria, “sia aumentato in misura significativa si evince un divario di genere per quanto concerne le posizioni apicali nelle carriere accademiche dove il numero delle donne, pur aumentando negli anni, si attesta su cifre inferiori”. Nei dieci anni intercorsi tra il 2012 e il 2022, in generale, è evidente una diversa distribuzione e composizione di genere per tutti i ruoli, con prevalenza degli uomini rispetto alle donne. Quel che appare specificatamente manifesta è la disparità nella composizione di genere, se si considerano i dati relativi ai Professori Ordinari (PO) e ai Professori Associati (PA), dove a prevalere sono gli uomini. “Osservando la composizione di genere dei Professori Ordinari, Associati… nel decennio 2012-2022, vediamo come le donne appartenenti alla categoria dei Professori Ordinari passino dal 20,9% del 2012 al 27% nel 2022, mentre le donne nella categoria dei Professori Associati aumentino dal 34,9% nel 2012 al 42,3% del 2022”.
Si assiste, dunque, a un accrescimento del numero delle donne nei ruoli accademici più elevati, ma permane “una significativa differenza rispetto alla presenza maggioritaria degli uomini, in particolare tra i Professori Ordinari”. A scorrere tutte le tabelle, di cui è corredato il Rapporto ANVUR, risultano evidenti le disparità di genere nelle Scienze Mediche e nelle Scienze Giuridiche. Nella prima area, nel 2012 la percentuale delle donne PO era al 13,1% contro l’86,9% dei maschi. Nel 2022 la percentuale delle donne PO aumenta al 20,8% mentre i maschi si attestano al 79,2%. I PA donne passano dal 24,9% al 37,4% mentre gli uomini, dalla percentuale altissima del 75,1%, scendono al 62,6%. Barriere visibili e invisibili hanno fatto sì che mentre tra i ricercatori le donne hanno raggiunto percentuali altissime tra il 45, 3% e il 48,4%, le percentuali per i PO e i per i PA si fermano rispettivamente al 20,8% e al 37,4%.
Per quando riguarda le Scienze giuridiche, pur essendo il livello di disparità tra donne e uomini inferiori a quello delle Scienze Mediche, tuttavia i PO donne passano dal 20,9% al 28,8% e gli uomini, partendo nel 2012 da 79,1%, scendono a 71,2%. Diversa la situazione dei PA che passano dal 36,1% al 45,2% contro il 63,9% dei maschi nel 2012 che scendono nel 2022 al 54,8%. Una situazione di quasi parità molto simile a quella presente tra i ricercatori. Analizzando però i dati scorporati, all’interno della stessa area 12, i PO crescono di poco per il Diritto penale (0,6%), per il Diritto privato (5,5%) mentre raggiungono percentuali più elevate nel Diritto ecclesiastico e canonico, nel Diritto romano e dell’antichità, nella Storia del diritto medievale, nel Diritto comparato.
In un quadro complessivo, la percentuale di donne che riescono ad accedere ai livelli più alti di carriera è nettamente inferiore rispetto a quella degli uomini.
Questo fenomeno rilevato in diversi settori produttivi e aziendali e definito come glass ceiling, cioè soffitto di cristallo, “appare egualmente evidente in ambito accademico e si configura come un insieme di barriere, all’apparenza invisibili, di tipo sociale, culturale e psicologico” che compromettono il raggiungimento di pari diritti e l’opportunità di avanzamento, nonché la progressione di carriera e l’uso efficiente delle risorse lavorative. Analizzando i dati i CRUI, relativi ai Rettori e alle Rettrici delle Università Italiane, dei 99 Rettori e Rettrici in carica nell’anno 2022, solo dodici di questi sono donna. Oggi le rettrici sono 17 di cui 5 sono nelle Università di Milano. La presenza femminile al vertice della governance di un ateneo, pur avendo registrato un incremento, è rimasta abbastanza limitata così come appare ristretto il numero di candidate donne per il ruolo di commissario nella procedura di Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN), la cui selezione avviene in base a criteri di produttività e qualità scientifica piuttosto rigorosi. Il rapporto tra aspiranti commissari donne e uomini è di quasi 1 a 5, come risulta dai dati ASN, e tale sproporzione permane con le nomine dei commissari essendo la diretta conseguenza della composizione di genere dei Professori Ordinari.
Altro indicatore utile viene ritenuto quello relativo ai docenti titolari di cattedre UNESCO nate nel 1992 per promuovere la collaborazione internazionale interuniversitaria e la condivisione di conoscenze. In Italia le cattedre UNESCO sono in tutto 43 e di queste solo 9 vedono una donna come titolare della cattedra.
Riassumendo, potremmo dire che il quadro di genere, nei vari passaggi di carriera accademica, è caratterizzato da una struttura a forbice con “una maggioranza delle donne fino al momento del dottorato di ricerca, a cui segue un classico collo di bottiglia proprio nella giunzione della posizione propedeutica al ruolo (tenure track), collocata in una classe di età cruciale per lo sviluppo della carriera”. E il soffitto di cristalloè una metafora indicativaper denotare una situazione in cui l’avanzamento di carriera di una donna, in una organizzazione lavorativa o sociale, o il raggiungimento della parità di diritti, viene impedito da discriminazioni e sbarramenti che vanno dalla tutela degli interessi privati del potente PO – che possiede studi megagalattici da mandare avanti – a logiche di natura sociale, culturale, psicologica, in apparenza invisibili e negati dagli uomini, ma reali e insormontabili.
La presenza di questo invisibile glass ceilingincide anche sui comportamenti delle donne che riescono a raggiungere il potere. Negli anni ’70 si credeva che un mondo governato dalle donne sarebbe stato un mondo diverso; un mondo più attento alla “cura” e caratterizzato dalla solidarietà femminile. Oggi, se si osserva il quadro generale delle donne che hanno realmente raggiunto pozioni apicali nei vari settori (dalla scuola, alle università ai ruoli di governo), quello che emerge è parecchio distante da ciò che si sperava. Le donne di potere tendono spesso a scegliere modelli di comportamento maschili; lo stesso modo di vestirsi e la scelta frequente di farsi chiamare con nomi declinati al maschile, sembrano indicare che le donne al potere non abbiano ancora trovato una propria strada. Sbarramenti e discriminazioni rendono il loro percorso duro e in salita e l’esigenza di dover sempre ribadire il proprio ruolo e la propria posizione, contro tutto e tutti, fanno sì che lo specifico femminile (che sarebbe una ricchezza e un vantaggio per tutti) venga avvertito dalle donne come un elemento di debolezza. Il cambiamento di mentalità per cui una donna potrà gestire il potere con il sorriso, la gentilezza e, perché no? anche sfoggiando un bel rossetto, è ancora lontano dall’essersi realizzato.