Cronaca

Violenza di genere in Europa: tra numeri e possibili soluzioni

A distanza di pochi giorni dalla celebrazione della Giornata internazionale contro la violenza di genere, l’obiettivo è dare voce alle donne e proporre un quadro della situazione il più chiaro possibile per comprendere in che misura questo fenomeno risulta radicato nella nostra cultura e quali potrebbero essere le soluzioni più efficaci da adottare in ambito giuridico per sradicare dalla nostra cultura questa assurda ed estrema necessità di violenza nei confronti delle donne e, in generale, nei confronti di qualsiasi soggetto vulnerabile sulla terra.
La violenza di genere rappresenta una delle emergenze sociali più complesse e difficili da affrontare. Questo fenomeno, spesso radicato nella sfera relazionale e influenzato da contesti culturali e socioeconomici, richiede un’analisi profonda e multidimensionale. Sebbene le denunce siano un indicatore importante, la realtà è molto più complessa, con molti episodi che rimangono sommersi a causa della paura, dello stigma e della sfiducia nelle istituzioni.
Una delle definizioni di violenza di genere più diffusse è fornita dall’Istituto Europeo per l’Uguaglianza di Genere (Eige). Con questa espressione si intende qualsiasi tipo di violenza, che va da quella fisica a quella emotiva, includendo anche quella riproduttiva e finanziaria, esercitata sulla base di una discriminazione legata al genere. Secondo l’istituto, la stragrande maggioranza delle vittime è costituita da donne.

Come accennato in precedenza, comprendere l’impatto sociale della violenza di genere non è semplice. In questo ambito svolgono un ruolo importante i cosìdetti reati spia, ovvero tutti quei reati che in qualche modo sono indicatori di violenza di genere, come espressione di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica diretta contro una donna in quanto tale. Eppure, sebbene i reati spia rappresentino indicatori molto importanti per l’analisi del tema, purtroppo in molti casi le violenze non vengono denunciate per paura di potenziali ripercussioni su se stessi o su persone vicine, oppure per sfiducia nelle istituzioni.

La carenza di dati concreti e omogenei a livello europeo rappresenta un ostacolo significativo per lo sviluppo di politiche pubbliche efficaci. Per colmare questa lacuna, nel 2016 Eurostat ha avviato una rilevazione campionaria basata su interviste in tutti i Paesi membri. Questa iniziativa, in linea con le direttive della Convenzione di Istanbul del 2011, il trattato internazionale che stabilisce gli standard che ogni paese deve raggiugere per contrastare il fenomeno della violenza di genere, mira a fornire un quadro comparabile del fenomeno, integrando i dati già esistenti con le esperienze dirette delle vittime.

Tuttavia, già nel 2011, le convenzioni di Istanbul richiedevano rilevazioni specifiche sulle dinamiche di violenza. A oggi, il quadro italiano ed europeo è ancora frammentato e limitato dalle difficoltà nel far emergere episodi di violenza non denunciati dalle vittime.

I dati più recenti, registrati nel 2021, comprendono le dichiarazioni di un’ampia fascia di donne, dai 16 ai 50 anni di età. Nonostante siano passati anni dall’inizio del lavoro di rilevazione, non sono ancora stati ottenuti dati per tutti i paesi dell’UE.

Tra le nazioni europee, i dati registrano un innalzamento della la curva con un picco di atti di violenza di genere nei paesi del Nord Europa, per poi decrescere nei paesi dell’Est Europa. In
cima alla lista troviamo la Finlandia con il 57,1%, seguita dalla Danimarca con il 47,2% e dai Paesi Bassi con 41,2%, mentre l’ultimo posto è occupato dalla Bulgaria con l’11,9%.

l’Italia, invece, rientra all’interno di un’indagine più ampia, per cui merita un discorso più approfondito. In Italia, una donna su tre (31,7%) ha dichiarato di essere stata vittima di violenza di genere almeno una volta nella vita. Questa indagine è stata condotta in due edizioni: una nel 2006 e un’altra nel 2014. La terza edizione di questa rilevazione risulta essere ancora in corso. Entrando nello specifico, nel 2014 il 20% delle donne dichiarava di aver subito atti di violenza fisica, il 21% violenza sessuale, mentre il 5,4% riportava forme più gravi di violenza, come stupro e tentato stupro. Tuttavia, è interessante mettere a confronto i dati registrati in queste due edizioni, sebbene l’Istat consideri nel confronto solo gli atti accaduti nei cinque anni precedenti, poiché emerge un notevole calo dei casi di violenza.
Nel confronto con i cinque anni precedenti alle due rilevazioni, almeno nelle dichiarazioni, si possono rilevare dei miglioramenti: tra le interviste del 2006 e quelle del 2014, infatti, diminuiscono sia le segnalazioni di violenza sessuale (6,4 donne ogni 100 rispetto a 8,9) che quelle di violenza fisica (7 rispetto a 7,7). Rimane invece invariato il numero di donne che dichiarano di essere state vittime di violenze più gravi, come lo stupro o il tentato stupro (1,2%).

Eppure, nonostante i progressi nella raccolta dati, rimangono molte perplessità. La frammentazione delle informazioni e la difficoltà di standardizzare i criteri di rilevazione rendono complesso il monitoraggio del fenomeno. Inoltre, le barriere culturali e istituzionali continuano a ostacolare il percorso di denuncia e supporto per le vittime.

A questo punto non resta che domandarsi: “quali misure ha adottato l’UE per contrastare gli episodi di violenza di genere?” Nell’aprile 2024 il Parlamento ha adottato le prime norme dell’UE sulla lotta alla violenza contro le donne. L’obiettivo è prevenire la violenza di genere e proteggere le vittime, in particolare le donne e le vittime di violenza domestica.La direttiva chiede leggi più severe contro la cyberviolenza, una migliore assistenza alle vittime, misure per prevenire gli stupri e una maggiore comprensione del consenso sessuale.
Le nuove norme vietano anche le mutilazioni genitali femminili e il matrimonio forzato e delineano linee guida specifiche per i reati commessi online. La legislazione includerà inoltre un elenco ampliato di circostanze aggravanti per i reati che dovrebbero comportare pene più severe, come nel caso di crimini contro personaggi pubblici, giornalisti o difensori dei diritti umani.
Le norme prevedono che la sicurezza e il benessere delle vittime siano prioritari, anche offrendo l’accesso ad alloggi protetti. L’assistenza sanitaria deve essere resa accessibile, compresi i servizi di salute sessuale e riproduttiva.Le nuove norme entreranno in vigore venti giorni dopo la loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE e gli Stati membri avranno tre anni per attuarle.

Sebbene siano stati compiuti molti passi in avanti nella lotta contro la violenza di genere e si sia acquisita una maggiore consapevolezza riguardo a questa emergenza sociale, il traguardo è ancora lontano. I dati lo confermano: 99 vittime di femminicidio in tutto il 2024. Non possiamo ancora permettere che una donna, ogni giorno, rischi di morire o di subire violenza, in nome di retaggi culturali e sociali illogici e brutali. Pertanto, è necessaria una reale rivoluzione del sistema sociale, culturale e giuridico europeo, partendo dalle fondamenta di una Nazione: la Legge e l’Istruzione.

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