Spettacoli

“Clinica ovvero i primi nove venerdì del mese” a Sala Futura: nasce una nuova speranza per il teatro

È in scena alla Sala Futura del Teatro Stabile di Catania, la mise en espace di “Clinica ovvero i primi nove venerdì del mese”. Spettacolo vincitore del bando “Drammaturgia 2023” di Valeria La Bua. Con Maddalena Serratore, Valerio Santi. Mise en espace a cura di Marta Cirello. Disegno e luci: Gaetano La Mela; illustrazione: Silvestro Ruggeri; produzione Teatro Stabile di Catania.
Valeria La Bua è la vincitrice del bando “Drammaturgia 2023” indetto lo scorso anno dal Teatro Stabile di Catania per autrici e autori under 35, vidimato dall’ex direttore Luca De Fusco e approvato da una giuria di esperti presieduta dallo stesso Fusco.
“Clinica, ovvero i primi nove venerdì del mese” è stato riproposto, così, dalla nuova direzione, prodotto dallo Stabile, realizzato e messo in scena ad apertura di Stagione.
questo proposito, con grande entusiasmo e ampia soddisfazione il nuovo direttore Graziano Piazza, sul proscenio e a inizio spettacolo, ha voluto ribadire la sua ferma volontà di investire nei giovani energie e risorse per assicurare un futuro al Teatro senza tuttavia dimenticare le sue radici, la tradizione.
La pièce, che in un primo momento doveva essere per l’autrice un monologo, si svolge attorno a un problema filosofico/escatologico e, di sicuro, intensamente esistenziale: “scrissi in un momento di profondissima crisi, umana e artistica… con la disperazione di un corpo malato”.
L’indissolubile intreccio tra arte, vocazione, fede e ‘sacro’ è al centro della storia di Sara, una ballerina che alla vigilia di un importante concorso ha un incidente che, tutti (fidanzato, genitori, medici e compagni) decretano, le impedirà per sempre di danzare.
Il dramma che si scatena nel cuore della giovane donna sbatte contro il muro di incomprensione e indifferenza, travestita da razionalità, di chi le sta attorno.
L’incomunicabilità, altro tema portante, aumenta tragicamente le distanze: “A me mancano le parole / io non sono, non sono parlante”, dice la protagonista “Bisogna fare tutto questo perché è giusto ed è il modo riconosciuto di stare al mondo / tu non sai stare al mondo, Sara” ribattono pragmaticamente gli altri.
Solo un ricordo della sua infanzia la sostiene: Suor Clementina che forte della sua fede la conforta dicendole che ogni grazia viene sicuramente concessa a chi dedica al Cuore di Gesù i “primi nove venerdì del mese”.
Ed ecco affacciarsi la speranza: la vocazione tenace nei confronti della danza e la fede nel sacro e nelle sue abilità la salveranno!
Scattano la resilienza, la fiducia in se stessa, la capacità di contrastare la sicumera indifferente di chi la circonda, la certezza di raggiungere il suo scopo: ritornare alla danza!
Il corpo di Sara diventa il luogo del sacro, il tabernacolo della vocazione, del silenzio.
Sono le ‘sue’ virtù che scandiranno il tempo della sofferenza (e del recupero), di quei nove primi venerdì del mese, quasi fossero i grani di un doloroso rosario.
Non “bisogna accontentarsi” come prosaicamente le viene detto, ma credere ciecamente nella sacralità dell’inspiegabile, del mistero.
…e Sara affronta l’impossibile: Salta!

Foto di Antonio Parrinello

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