L'Opinione

Il lungo anno di guerra in cui l’Umanità ha perso

L’odore acre della morte e il dolore, impresso come un marchio a fuoco, sulle vite di migliaia di civili, è tutto quello che rimane della tragedia del 7 ottobre. E’ tutto quello che resta dopo un anno di bombardamenti, di attacchi e di eccidi che nessuno ha saputo e voluto fermare.
Un anno fa abbiamo assistito inorriditi alla ferocia dell’attacco terroristico dei miliziani di Hamas contro i civili israeliani ( ne sono stati uccisi 1200 e circa 250 sono stati rapiti) e abbiamo continuato a condividere questo orrore disumano nella conseguente risposta di Israele sulla Striscia di Gaza, devastata dai bombardamenti di rappresaglia ordinati da Netanyahu.
Una reazione ingiustificata che sotto gli occhi di tutti si è trasformata in una guerra sanguinaria che ha inevitabilmente causato la morte di oltre 42mila palestinesi.
Un delirio militare, nutrito da un desiderio brutale di vendetta a ogni costo, assecondato dalla compiacenza di un Occidente schiavo dei propri stessi interessi politici ed economici, che ha alienato da sé ogni principio giuridico di tutela della vita umana.
Giornali e giornalisti si sono prodigati nel ripercorrere tutte le fasi di questo assurdo anno di guerra, una dolorosa successione di eventi, una doverosa cronistoria che segna in modo impietoso e inesorabile il totale fallimento non solo della diplomazia internazionale ma soprattutto dell’intera specie umana.
Un anno di guerra che lascia un profondo senso di sconfitta.
Di fronte a ogni corpo senza vita, l’umanità tutta ha perso, senza alcuna possibilità di appello.
La violenza genera altra violenza in un perverso meccanismo che una volta innestato intrappola in una spirale che trasforma le vittime in carnefici e i carnefici in vittime.
Homo homini lupus espressione quanto mai attuale.
Utilizzata dal poeta latino Plauto per la prima volta, ripresa poi dal filosofo Hobbes e, purtroppo, miseramente veritiera in questo lungo anno di guerra fatto di ingiustizie reciproche che hanno insanguinato sia la terra di Israele che quella della Palestina.
Ma, la guerra non ha mai una giustificazione, qualunque essa sia non basta a legalizzarla, nemmeno quando si ricorre all’ipocrisia del conflitto necessario per raggiungere la pace.
Essa non si può costruire su una montagna di corpi senza vita, essa non può essere macchiata dal sangue innocente.
Eppure in questo anno di guerra, sono state innalzate montagne su montagne, sono stati sacrificati migliaia e migliaia di esseri umani sull’altare della prevaricazione e della sopraffazione.
Mentre l’Occidente ha rinunciato al suo ruolo di garante dei negoziati per la pace e soprattutto non è riuscito ad avere una posizione autonoma rispetto a Washington, evidenziando il suo totale assoggettamento alle dinamiche politiche degli Stati Uniti.
Un lungo anno di guerra iniziato il terribile 7 ottobre e che è degenerato in una reazione crudele e spietata che ha travalicato ogni limite umano consentito.
Oramai è chiaro a tutti che lo stato di Israele sta procedendo in modo sistematico per eliminare non solo il popolo palestinese ma anche ogni altro paese considerato nemico delle Stato ebraico.
Come non comprendere le motivazioni profonde che si nascondono dietro alla recente invasione del Libano?
Come credere a una innocente operazione di liberazione?
I militari e i carri armati schierati sono solo mezzi di protezione?
L’Uninfil, la forza di pace dell’Onu, ha segnalato che le operazioni militari israeliane al confine libanese sono “estremamente pericolose”.
Come non considerare la continua tensione e conseguenti minacce di attacco in Iran che inevitabilmente scateneranno una risposta iraniana e che, se attuata, farà precipitare questo lungo anno di guerra in un altro anno che sarà purtroppo, caratterizzato da una ulteriore escalation e da un allargamento senza controllo.
Questo feroce anno di guerra, al di là delle speculazioni politiche e dei dibattiti di parte, ha posto in primo piano, solo e unicamente, la disumanità feroce della guerra che tutto inghiotte e che rivela quanto gli uomini di oggi, nonostante le atrocità vissute nel secolo scorso, siano rimasti aggrappati alle proprie pulsioni istintive più basse e come la guerra sia l’unico modo in cui esse trovano piena realizzazione.
Le parole di Freud nel suo “Il disagio della Civilità “ sull’aggressività innata di ogni uomo e sulla sua necessità imprescindibile di sfogarla sul proprio simile, risultano drammaticamente attuali.
Ecco perché, dopo questo terribile anno di guerra, più che contare i danni e analizzare numeri e dati, urge una reale presa di coscienza. Profitti economici, interessi politici e relazioni internazionali devono essere ridimensionati di fronte all’inestimabile valore della vita umana.
Non possiamo più permettere che la priorità della guerra, disumanizzi ogni guizzo di umanità e che ancora altri civili innocenti debbano continuare a morire, vittime sacrificali di insaziabili brame di potere.

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