Politica

Dal campo largo all’assenza di campo a sinistra come a destra

Non si era neanche davvero mai realizzata la formazione di un campo largo di sinistra, in contrapposizione alla coalizione di destra, che subito si è sfaldata sia per le diverse posizioni in politica interna e internazionale, sia per i tanti personalismi e i vari veti incrociati.

Il capogruppo al Senato del Pd Francesco Boccia, parlando con i cronisti, ha affermato che il campo largo esiste solo per i giornalisti, perché in realtà non è mai esistito. “Esiste – dice – il centrosinistra ed esiste il Pd, che avendo ottenuto il 24% alle europee, sente sulle spalle la responsabilità di costruire un processo alternativo alla destra di Meloni”.  E ancora, “Meloni è a Palazzo Chigi da 2 anni, se non vogliamo che ci resti sine die, dobbiamo rafforzare l’alternativa che è fatta sui problemi delle persone e non dei leader politici”.

Che il campo largo non esista, secondo Carlo Calenda che dopo la rottura con Renzi è rimasto quasi da solo al centro, è dimostrato dalla vicenda Rai dove Giuseppe Conte e Avs (Alleanza Verdi Sinistra) hanno lavorato solo per i loro interessi.  “Gran fregatura, quella data da Avs e M5s a Elly Schlein, dice Calenda al “Foglio”: “C’era l’accordo di non partecipare in nome della riforma Rai? E loro si sono defilati per avere un consigliere. Ma, se si riavvolge la bobina, si vede che Conte e Avs non hanno partecipato neanche al voto per il rifinanziamento delle missioni Onu, attenzione, non si parlava di armi all’Ucraina. Roba che neanche Franco Turigliatto”.

Alla domanda su cosa farebbe se si trovasse a un tavolo con Schlein, Bonelli, Fratoianni, Conte e Renzi, Calenda risponde prima con una battuta, “apro la finestra e mi butto?” e poi osserva che “spiace pensare che il Pd, ai tempi del Conte I, invece di ammazzare definitivamente il populismo dei 5 stelle gli abbia regalato una nuova stagione”. “Il problema di Conte è tornare a Palazzo Chigi, e come già si vede farà la guerra a Schlein, guerra a chi è più di sinistra e più populista, guerra che renderà orfani molti elettori del centrosinistra”.

Certo la vicenda RAI consegna l’immagine di una frattura: Bonelli e Fratoianni seduti su un divano che parlano al telefono con Elly Schlein, lontana solo pochi metri, in un corridoio laterale, furente o forse attonita dalla divisione così netta su un tema come la Rai; Conte che rilascia un giudizio tagliente sul Partito Democratico, affermando che “la spaccatura è del Pd che sta con Renzi”. Insomma tutti contro tutti.

In realtà la situazione è ancora più complessa perché non c’è l’accordo su tante questioni. Il M5s si è sempre dichiarato contrario alla guerra e al continuo invio di armi all’Ucraina e invece nel PD non esiste una posizione univoca. C’è poi il veto posto da Conte, per i passati dissidi, a Renzi, che vorrebbe allearsi di nuovo con il PD con il risultato che nelle elezioni regionale di Liguria, Emilia Romagna e Umbria il campo largo si è ristretto lasciando fuori Renzi.  E Conte, intervistato da Bruno Vespa, ha affermato a chiare lettere che il campo largo è finito. Date queste premesse, il “campo largo” non è riuscito a prendere il largo. Si è ristretto talmente tanto che in tanti stanno celebrando il suo funerale, così come si è ristretto il centro con la defezione di Mariastella Gelmini e Mara Carfagna e la rottura di Renzi.

Certo il problema, secondo Calenda, “non è soltanto a sinistra…  nella coalizione governativa le posizioni sono talmente confusionarie che Giorgia Meloni non può intervenire su nulla, a livello strutturale – dice -.

Ne è prova la diffusione dei contenuti della chat in cui venivano convocati i parlamentari di Fdl per eleggere il nuovo giudice della Corte Costituzionale. Dopo la fuga di notizie la Premier si è sfogata senza mezzi termini dando degli “infami” a coloro che hanno reso pubbliche le informazioni della chat, e affermando che “vendereste vostra madre” – per un po’ di visibilità – “non vi parlerò più”.

Tutto questo segue a stretto giro di posta lo scandalo Sangiuliano-Boccia e la vicenda “tragicomica” della festa dei nonni: mentre i treni italiani si fermavano per colpa di un chiodo (!) il ministro delle infrastrutture postava una tenera foto di famiglia con i nonni, apparentemente ignaro del caos nel quale era caduto il paese. Come spesso accade in questi casi il popolo del web si è scatenato con commenti sarcastici e meme (“Quando ha tempo veda cosa succede ai treni”, suggeriva un utente a Salvini).

Altro tema caldo per la maggioranza è quello proposto dal ministro degli esteri Antonio Tajani con lo ius Italiae (che prevede in automatico la cittadinanza italiana per tutti gli stranieri che completano con successo almeno 10 anni di scuola). La proposta, che sembra provenire più dall’opposizione che dal governo, provoca le veementi proteste dei leghisti che a Pontida si sono rivolti al ministro con epiteti poco eleganti, dandogli dello “scafista” (immediate le scuse di Salvini: “Ogni alleato è unamico”).

Anche su tasse e Finanziaria non c’è accordo: a chi propone una patrimoniale, Meloni risponde dicendo che non intende “mettere le mani nelle tasche degli italiani”.

Ma al di là delle frasi fatte per parlare alla “pancia della gente”, la questione è assai complessa: non si tratta di fare una Finanziaria in cui distribuisci denaro, ma di fare le riforme strutturali di cui il paese ha necessità impellente: rimettere mano al Servizio sanitario nazionale sapendo dove prendere i soldi per farlo o chiedersi come fare con le pensioni, quando, tra quattro anni, si verificherà un buco di 40 miliardi. Oggi non se ne occupa nessuno perché, a destra e a sinistra, le posizioni sono inconciliabili.

Insomma pare che anche nella maggioranza non manchino malumori e disaccordi.

Nel frattempo le piazze si infiammano per i decreti sicurezza  voluti dal governo Meloni. Si tratta di 38 articoli approvati il 18 settembre nell’aula di Montecitorio con 162 voti favorevoli, 91 contrari e 3 astenuti. In parte nati dall’esigenza di contenere le proteste degli ambientalisti, evitando che il paese cada nel caos, e di ridurre l’allarmante fenomeno degli attacchi al personale medico-sanitario e ai pubblici ufficiali, i decreti hanno provocato dibattiti accessi tra maggioranza e opposizione. Oggetto di discussione in particolare sono stati il “reato di blocco stradale” (il disegno di legge prevede, infatti, che chi commetta questa azione, su una strada e sui binari, possa essere punito con un mese di carcere e una multa di 300 euro) e l’articolo 24, detto anche “norma anti-Gandhi”, che inasprisce le pene per chi imbratti o danneggi edifici pubblici.

 L’opposizione parla di indiscriminato aumento delle pene e di “populismo penale” o “panpenalismo”. Cgil e UIL si sono opposti con fermezza al decreto che, come spiegato in una nota dai sindacati, “ha l’obiettivo chiaro di azzerare la libertà e il diritto di manifestare il proprio dissenso, introduce nuovi reati penali, prevedendo il carcere per chi occupa strade e spazi pubblici o privati, limitando così le iniziative e le mobilitazioni sindacali. Si mette a rischio la capacità stessa del sindacato di difendere i posti di lavoro e di contrastare le crisi aziendali e occupazionali”. “Il diritto di manifestare il dissenso non è a disposizione di questo Governo perché è un caposaldo della nostra democrazia – dichiara Cristian Sesena, Segretario generale Cgil Reggio Emilia – Non siamo disponibili a rimanere inerti di fronte ad un provvedimento legislativo che, se approvato, rischia di inibire alcuni diritti fondamentali del sindacato, quali quello di sciopero e di manifestazione.”

 Per questo una manifestazione di piazza è stata organizzata il 25 settembre e hanno partecipato anche alcuni esponenti dei partiti di opposizione.

Ma neanche su questo tema così caldo, i partiti che avrebbero dovuto formare il cosiddetto “campo largo” sono riusciti a mostrare un’opposizione univoca e compatta.

Il 5 ottobre, per finire, è stato vietato un corteo pro- Palestina. Una delle motivazioni addotte dalla questura, per vietare il corteo, era la prossimità temporale dello stesso ad un’altra data significativa: quella del 7 ottobre, in cui com’è noto, si è consumato il feroce attacco di Hamas ad Israele; secondo la questura dunque la manifestazione “esprime(va) una volontà celebrativa della strage consumata in danno dello Stato di Israele” da parte di Hamas.

Secondo Giovanna Botteri, ospite nella trasmissione di Gramellini su La7, al corteo hanno partecipato tante famiglie, ragazzi e pacifisti di ogni genere che erano e sono contrari a ogni tipo di guerra e vorrebbero solo la fine di ogni massacro indiscriminato. La presenza dei black bloc con il viso coperto da un lato e di polizia in assetto antisommossa dall’altro ha, però, fatto degenerare la manifestazione e parecchi manifestanti e poliziotti sono stati feriti.

C’è da chiedersi, dunque, ancora una volta se i divieti e l’aumentato potere della polizia siano gli strumenti più efficaci per risolvere gli enormi problemi presenti in Italia. Come possiamo inoltre pensare ad una prospettiva concreta di pace se nel nostro paese ognuno in fondo combatte da solo e per sé stesso e non si riesce a trovare, né nella maggioranza né nell’opposizione, un’intesa e una collaborazione per il futuro dell’Italia?

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