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Feyerabend: “Tutto va bene!”

“Anything goes!”.

P. Feyerabend, Contro il metodo.

Paul, hai delle idee davvero bislacche. Perché non le butti giù? Io scrivo una replica, pubblichiamo il tutto assieme e, te lo giuro, ci divertiremo un mondo.

Imre Lakatos

Anything goes!”. “Tutto va bene!”. Queste sono le parole di Paul Feyerabend (1924-1994), un filosofo della scienza molto noto per le sue radicali posizioni epistemologiche contenute nel saggio Contro il metodo, un’opera che ha avuto una strana genesi.

Originariamente il testo era un contributo abbastanza breve inserito in un volume di saggi. Successivamente fu rielaborato perché il filosofo e il suo amico Imre Lakatos avevano progettato di scrivere un libro a quattro mani sul metodo scientifico. Il progetto prevedeva che Feyerabend avrebbe scritto una prima parte contro il metodo che Lakatos avrebbe replicato nella seconda. L’opera non venne mai alla luce perché Lakatos morì improvvisamente nel 1974.  Feyerabend la pubblicò ugualmente destando grande scandalo nel mondo accademico. Negli anni successivi sarebbe ritornato più volte sul testo apportandovi notevoli modifiche e aggiungendo anche ulteriori riflessioni determinate spesso dalle critiche e obiezioni che gli venivano mosse. L’ultima edizione è stata pubblicata di recente tenendo conto delle modifiche apportate dall’autore poco prima della morte. Parlando di questo libro l’autore così si esprimeva:

Non è un trattato sistematico; è una lettera a un amico e fa riferimento alle sue stravaganze. Per esempio, Imre Lakatos era un razionalista, per questo il razionalismo occupa un ruolo di spicco nel libro. Inoltre, ammirava Popper e quindi Popper compare molto più frequentemente di quanto gli garantirebbe la sua “importanza oggettiva”. Imre Lakatos, un po’ per scherzo, mi chiamava anarchico, e io non avevo alcuna obiezione a vestire i panni dell’anarchico. Inoltre, Imre Lakatos adorava mettere in imbarazzo gli oppositori più seriosi ricorrendo a battute e ironia, e quindi anch’io a tratti scrivo con una vena un po’ ironica. Ne è un esempio la conclusione del capitolo 1: “Tutto va bene””.

Ma perché quest’opera ha destato così grande scandalo?

Con la pubblicazione della teoria della relatività ristretta e poi con la teoria della relatività generale di Einstein è nato un notevole dibattito sulla natura della scienza e sul metodo scientifico. Qualche anno dopo, con le scoperte della meccanica quantistica, si ebbe la nascita della filosofia della scienza e dell’epistemologia. I neopositivisti aspiravano a creare una “scienza unificata” fondata sulla logica simbolica, il principio di verificazione e i protocolli. Furono aspramente contestati da Karl Popper (1902-1994) che rigettava il principio di verificazione e introduceva il criterio di falsificabilità delle teorie scientifiche (Logica della scoperta scientifica). Ha proposto un razionalismo critico e dato anche altresì un notevole contributo alla teoria politica con la Società aperta e i suoi nemici. Soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale altri pensatori avanzarono critiche sia ai neopositivisti che a Popper. Il già citato Imre Lakatos sostenne che la scienza progredisce attraverso programmi di ricerca. In alcuni casi possono avere degli sviluppi positivi ma spesso in molti casi hanno esiti negativi. Questo filosofo sosteneva la legittimità del metodo nella scienza e criticava Feyerabend definendolo anarchico.

La tesi contenuta nel saggio Contro il metodo è che spesso gli scienziati non operano seguendo in modo preciso protocolli e metodologie scientifiche, ma bensì, talvolta trasgredendo le rigide e precise prescrizioni metodologiche elaborate da alcuni filosofi della scienza. Feyerabend ritiene che la fisica di Galileo Galilei sia anche il frutto di errori o di sviste metodologiche. La soluzione, allora, è quella di abbandonare l’idea che nella scienza ci sia un unico grande Metodo. Bisogna, al contrario, accettare la tesi che la scienza procede spesso attraverso consapevoli trasgressioni del metodo, per cui “Anything goes!”, “Tutto va bene!”. È l’anarchismo epistemologico. Qui il termine anarchia non è usato tanto nel suo significato politico, quanto per indicare una forma di dadaismo. Il dadaista è colui che prende alla leggera anche le cose più serie.

Questo libro fu pubblicato dopo l’acceso dibattito determinato dalla pubblicazione de La struttura delle rivoluzioni di Thomas Kuhn (1962), in cui si sostiene che la scienza passa da fasi normali a rivoluzioni. Nelle prime si risolvono i problemi entro un paradigma dominante. Con le seconde i problemi scientifici vengono risolti superando gli schemi dei vecchi paradigmi e creandone uno nuovo. Secondo alcuni, il saggio di Feyerabend rappresenterebbe la tesi critica più estrema a tutte le impostazioni precedenti e la fine della filosofia della scienza.

Scriveva: “conduciamo una vita ambigua che contiene non un solo futuro, ma molti, e non li contiene come preconfezionati né come possibilità che possono virare in qualsiasi direzione. (…) le cose non sono mai come sembrano. La Realtà, l’Essere, Dio o qualsiasi altra cosa ci sostenga non può essere catturata così facilmente. Il problema non è come mai ci confondiamo tanto spesso; il problema è semmai perché ci sembra di possedere conoscenze utili e illuminanti.”.

Questo breve passaggio esprime chiaramente l’atteggiamento dell’autore. “Anything goes!” è una frase che va citata con molta attenzione fuori dal contesto della filosofia della scienza perché è un grido contro tutti i cattedratici sapientoni, i bigotti, i raccomandati e i conservatori che si annidano nel mondo della cultura e dell’università.

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