Politica

Dalla difensiva all’offensiva: la decisione del Parlamento europeo e il conflitto in Ucraina

Mentre l’Italia è in balia dei distrattori sociali (il caso Sangiuliano-Boccia, il caso Lollobrigida, l’autodifesa del Ministro Salvini), l’Emilia Romagna è di nuovo sott’acqua e il Parlamento Ue dà l’ok all’Ucraina per l’uso delle armi a lungo raggio su territorio russo.
Il Parlamento europeo ha approvato il paragrafo 8 della risoluzione sul sostegno a Kyjiv, che invita gli Stati membri «a revocare immediatamente le restrizioni l’uso delle armi occidentali consegnate all’Ucraina contro obiettivi militari legittimi sul territorio russo». Il paragrafo è passato con 377 a favore, 191 contrari e 51 astenuti.
Tra gli italiani, hanno votato contro la fine delle restrizioni gli europarlamentari di Fratelli d’Italia (con qualche defezione, tra cui il siciliano Ruggero Razza, poi ritirata), Lega, Forza Italia (con qualche defezione, tra cui il siciliano Marco Falcone, poi ritirata), Movimento 5 stelle e Verdi. Il Partito democratico, invece, si è spaccato così come nel voto sull’intera risoluzione.
Nella risoluzione finale, non vincolante, adottata con 425 voti a favore, 131 contrari e 63 astensioni, gli eurodeputati sostengono che senza l’abolizione delle attuali restrizioni all’uso dei sistemi d’arma occidentali, “Kiev non può esercitare il diritto all’autodifesa e rimane esposta ad attacchi contro popolazione e infrastrutture”. Questo è stato il punto di vista espresso dall’Eurocamera. Immediate sono arrivate le minacce russe: “Un missile Sarmat può raggiungere Bruxelles in 3 minuti”.
Il Parlamento europeo sottolinea che le forniture insufficienti di munizioni e le restrizioni sul loro uso rischiano di annullare l’impatto degli sforzi compiuti finora e deplora la diminuzione del volume degli aiuti militari all’Ucraina da parte dei Paesi dell’Ue. I deputati ribadiscono l’invito agli stati membri a rispettare l’impegno assunto a marzo 2023 di consegnare un milione di munizioni all’Ucraina e ad accelerare la consegna di armi, sistemi di difesa aerea e munizioni, compresi i missili Taurus. Ribadiscono inoltre la loro posizione secondo cui tutti i Paesi Ue e gli alleati della Nato dovrebbero impegnarsi collettivamente e individualmente a fornire all’Ucraina un sostegno militare annuale non inferiore allo 0,25% del loro Pil.
La posizione assunta dall’Italia sulla vicenda – che ha visto il voto contrario di Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia (con qualche defezione), Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra – è espressa dal ministro Tajani, che ha affermato: “Noi contrari, ma sosteniamo Kiev”. Una frase che vuol dire tutto e niente e suona tanto come una “pacca sulla spalla” data ad un amico che vive un momento difficile; a tale proposito Stefano Cappellini, su “Repubblica”, ha commentato dicendo che a Strasburgo ha vinto ancora una volta “l’arte del sotterfugio, il calcoletto elettorale”.
Com’è noto l’Ucraina ha invaso la regione russa di Kursk da oltre un mese riuscendo a controllare oltre 1000 km quadrati di territorio russo; ha inoltre vietato l’uso della piattaforma di messaggistica Telegram affermando che la stessa sia utilizzata “attivamente dal nemico per attacchi informatici, distribuzione di phishing e software dannosi, geolocalizzazione degli utenti e correzione di attacchi missilistici”.
All’attacco ucraino di tre insediamenti nella regione russa di Belgorod, la Russia ha risposto colpendo la città di Kharkiv con bombe aree che hanno preso di mira un edificio residenziale uccidendo civili e portando più di 60 persone a lasciare la propria abitazione. Un altro potente attacco è stato sferrato con droni delle forze russe sugli impianti energetici della città ucraina di Sumy, nel nord-est del Paese a pochi km dal confine con la Russia. Secondo quanto riferito dai media ucraini l’obiettivo erano le centrali per la produzione di energia elettrica. Sembra evidente che la strategia russa miri a privare gli ucraini di fonti energetiche in vista dell’imminente stagione invernale.
Il presidente russo Vladimir Putin ha avvertito che la Russia sarebbe “in guerra” con gli Stati Uniti e i suoi alleati della Nato se permettessero all’Ucraina di usare le armi a lungo raggio. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha infatti affermato che “La guerra è in corso, stanno combattendo una guerra contro di noi collettivamente e stanno dicendo apertamente che il loro obiettivo è sconfiggere la Russia strategicamente e tatticamente. Ci obbliga a trattare questa posizione molto seriamente” e “a continuare l’operazione militare speciale per raggiungere i nostri obiettivi. La Russia non ha mai avuto altre alternative nella storia e non c’è alternativa alla nostra vittoria ora”.
Volodymyr Zelensky dal canto suo, interrogato sulla proposta di pace del candidato vice di Trump, J.D Vance, che prevede l’accettazione dello status quo sul terreno, ha risposto “Non prendo sul serio le parole di Vance perché se questo fosse un piano, allora l’America si dirigerebbe verso un conflitto globale. Questo approccio trasmetterebbe al mondo la seguente regola implicita: sono arrivato, ho conquistato, ora questo è mio. Si applicherebbe ovunque: rivendicazioni territoriali, diritti minerari, confini tra nazioni. Finiremo in un mondo in cui la forza ha ragione”.
Come in ogni conflitto tra nazioni, ma anche tra persone, le ragioni sono complesse e hanno spesso storie antiche.
Com’è noto l’Ucraina, e in particolare la capitale Kiev, è storicamente considerata dalla Russia la culla del popolo e dell’impero russo. Inoltre, fino al 1991 l’Ucraina ha fatto parte dell’Unione Sovietica. I due Stati sono indissolubilmente legati dal punto di vista energetico e infrastrutturale: l’Ucraina dipende dal gas russo e attraverso il suo territorio passano vari gasdotti che trasportano idrocarburi nel resto d’Europa. Dal punto di vista strategico, infine, la Russia considera l’Ucraina uno stato cuscinetto assolutamente necessario per separare sé stessa dagli Stati Uniti.
Parecchi osservatori, sia di destra che di sinistra, sostengono che sarebbe bastato che l’Ucraina non avesse chiesto di far parte della NATO per evitare la guerra. Sentendosi minacciata la Russia ha attaccato l’Ucraina sia per la sua importanza storica e geopolitica, sia perché Putin non vuole essere ricordato come il leader che l’ha persa.
Gli USA d’altro canto, non vogliono cedere terreno alla Russia, trovandosi in una posizione di forza. L’ideale per loro sarebbe continuare a mantenere lo status quo e contenere il più possibile il potere di Mosca.
L’Ucraina, autonoma dal 1991, vuole mantenere la sua autonomia (per questo all’inizio del conflitto voleva porsi sotto l’ala protettrice della NATO) e considera la Russia un paese aggressore.
In una guerra così complessa, nella quale le ragioni stanno da tutte le parti e nessuno vuole cedere, i veri sconfitti sono ancora una volta i civili che continuano a morire giorno dopo giorno dal 24 febbraio di due anni fa. Quelli che sono sopravvissuti, bambini e anziani in particolare, hanno oggi un disperato bisogno di assistenza umanitaria.
Se risulta chiaro perché nessuno dei due leader, Putin e Zelensky, sia disposto a cedere e perché gli Stati Uniti siano così interessati al mantenimento dello status quo, è evidente però che senza un lavoro serio sui negoziati di pace, senza un impegno da parte dell’Unione Europea per un cessate il fuoco che costringa le varie parti in gioco a cedere sulle proprie rivendicazioni, la guerra non potrà che incancrenirsi ulteriormente.
D’altronde, come diceva Pablo Neruda,“ Le guerre sono fatte da persone che uccidono senza conoscersi, per gli interessi di persone che si conoscono ma non si uccidono”.

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