L'Opinione

L’atleta olimpica Elisa Molinarolo denuncia gli haters

Ci sono notizie che dovrebbero essere scritte a caratteri cubitali, invece sono solo trafiletti collocati nelle ultime pagine come quello che riporta la querela fatta dalla nostra atleta olimpica Elisa Molinarolo contro l’hater che l’ha insultata.
Dentro questa notizia non c’è solo il coraggio di una donna che ha trovato la forza di denunciare dimostrando di non sentirsi vittima, di non essersi lasciata condizionare da una vergognosa critica sul suo aspetto fisico. Essa segna un importante precedente contro tutti quei vanagloriosi leoni da tastiera che si credono intoccabili, solo perché nascosti dietro a un computer.
Elisa Molinarolo è tra le più grandi campionesse del mondo di salto con l’asta, è arrivata sesta alle Olimpiadi di Parigi battendo il suo record personale e ha sfiorato il record femminile italiano.
Elisa Molinarolo è un’atleta che ha lavorato duro per arrivare a questo suo traguardo, che ha rinunciato ad altro per perseguire questo suo obiettivo, ma per l’arroganza di questi leoni da tastiera, gli unici tenutari della verità, non basta. Tanto da sentirsi autorizzati a criticare dall’alto della loro supponenza e ad arrivare a insultare e a travalicare ogni limite consentito.
Limite che è stato spudoratamente superato da un hater che, subito dopo l’arrivo dell’atleta in sesta posizione, le ha inviato un messaggio privato sui social criticando il suo fisico non da atleta, se lo avesse posseduto di certo avrebbe potuto fare di meglio, soprattutto per quel suo sedere che la rende “impresentabile”.
Parole vergognose che rivelano la povertà interiore di chi le ha scritte, di chi si crede in diritto di poter attaccare chiunque senza possedere alcuna capacità critica o competenza professionale in merito, ma che rivela solamente una grettezza e una chiusura mentale degna di un organismo unicellulare.
Purtroppo, però, questi impietosi insulti, definibili vero e proprio body shaming, sono in costante aumento, basta leggere le migliaia di commenti sulle pagine delle atlete per rendersi conto che sono letteralmente invase da commenti sessisti, volgari e spesso brutali.
Omuncoli e donnette, seduti comodamente sulle proprie poltrone, invece di apprezzare il duro lavoro che sta alla base di una vittoria o di un traguardo anche se non è il podio, come nel caso della nostra atleta, scaricano sulle loro presunte sconfitte tutta la loro frustrazione di individui che hanno smesso di lottare per le proprie esistenze.
Ma la denuncia di Elisa Molinarolo segna un punto di svolta.
E’ giunto il momento che i leoni da tastiera smettano di credersi inattaccabili e che incomincino ad assumersi la piena responsabilità delle parole che scrivono sui social.
Gli insulti gratuiti non restano intrappolati nelle reti virtuali, ma giungono ai destinatari con la stessa intensità delle offese pronunciate nella vita reale.
Elisa Molinarolo in una sua intervista ha dichiarato che gli insulti sull’aspetto fisico delle atlete sono purtroppo un fenomeno molto diffuso nel mondo sportivo e che, oltre a lei, tante sue colleghe sono costantemente vittime di body shaming, molte delle quali si sono ammalate per le critiche.
Per questo è importante parlarne e lei, con fermezza ne ha parlato immediatamente, rispondendo apertamente sui social alle critiche, dimostrando a tutte le altre donne vessate, che si può e si deve reagire. E oggi si continua a parlarne con la formalizzazione della sua denuncia: un monito contro la vigliaccheria di chi si crede protetto dall’anonimato.
L’aggressività e l’incitamento all’odio non sono derubricati solo perché scritti in un commento virtuale.
Elisa, in passato è già stata vittima di haters così come Linda Cerruti , la nuotatrice che ha pubblicato, con una spaccata a terra, le otto medaglie vinte e che è stata sommersa da decine di commenti sessisti e irripetibili.
Se Linda Cerruti ha pubblicato gli screenshot con i commenti, Elisa ha compiuto un ulteriore passo nell’affermazione di sé e delle sue colleghe atlete: ha materialmente sporto una querela. Ha portato un atto virtuale sul piano concreto, il leone da tastiera è stato identificato in un individuo reale, in carne e ossa e come tale passibile di una condanna. Soprattutto pecuniaria. In questa nostra società così aggrappata al benessere materiale, il denaro è l’unica punizione che viene recepita come tale.
La paura di un risarcimento economico è il solo deterrente che rimane, il rispetto verso l’altro è un valore obsoleto, morto con la nascita della superficialità virtuale.
La notizia di questa denuncia dovrebbe rimbalzare per giorni su tutti i canali di informazione per ricordare a tutti, che le atlete sono professioniste impegnate non corpi da sessualizzare e che, prima di tutto, sono donne orgogliose di se stesse e dei propri risultati.

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