Il pericolo corre sui social
Pavel Durov, il fondatore di Telegram, è stato arrestato a Parigi il 24 agosto e, solamente, dopo alcuni giorni ha ottenuto la libertà condizionale “con l’obbligo di versare una cauzione di 5 milioni di euro, l’obbligo di presentarsi in commissariato due volte a settimana e il divieto di lasciare il territorio francese”.
L’imprenditore è stato arrestato in seguito a un’indagine preliminare avviata dalla Procura di Parigi sull’ormai noto servizio di messaggistica, basato sulla crittografia, che ha preso piede negli ultimi anni quale alternativa a WhatsApp.
Dodici i capi di imputazione e di complicità nei seguenti reati:
“Amministrazione di piattaforma online per consentire transazioni illecite in banda organizzata; Detenzione di immagini pedopornografiche; Diffusione, offerta o messa a disposizione in banda organizzata di immagini pedopornografiche; Acquisto, trasporto, detenzione, offerta o cessione di sostanze stupefacenti; Offerta, cessione o messa a disposizione senza motivo legittimo di un’attrezzatura, strumento, programma o dato progettato o adattato per compromettere e accedere al funzionamento di un sistema di trattamento automatizzato di dati; Truffa in banda organizzata; Rifiuto di comunicare, su richiesta delle autorità competenti, le informazioni o i documenti necessari per la realizzazione e l’utilizzo di intercettazioni autorizzate dalla legge; Associazione a delinquere finalizzata alla commissione di crimini o reati punibili con almeno 5 anni di reclusione; Riciclaggio di proventi di reati o delitti in banda organizzata; Fornitura di servizi di crittografia volti ad assicurare funzioni di confidenzialità senza dichiarazione di conformità; Fornitura di un mezzo di crittografia che non garantisce esclusivamente funzioni di autenticazione o di controllo dell’integrità senza dichiarazione preliminare; Importazione di un mezzo di crittografia che non garantisce esclusivamente funzioni di autenticazione o di controllo dell’integrità senza dichiarazione preliminare”.
Come si legge in una sintetica nota, diramata dalla procuratrice Laure Beccuau, l’imprenditore Durov deve rispondere di: “complicità nella gestione di una piattaforma online che consente di eseguire transazioni illecite; rifiuto di comunicare alle autorità competenti informazioni o documenti per eseguire intercettazioni; complicità nel compimento di reati che vanno dalla diffusione di materiale pedopornografico al traffico di stupefacenti, dalle frodi all’associazione a delinquere; riciclaggio di denaro; fornitura di servizi e strumenti di crittografia non autorizzati dalle autorità locali”.
Pare che sia indagato pure il fratello Nikolai, la mente tecnologica di Telegram, che vive ancora in Russia e insegna all’Università delle Scienze di San Pietroburgo. Pare, anche, come scrive la procuratrice Beccuau, che su Telegram stiano indagando altre procure, di altri Stati dell’Unione, come il Belgio, attraverso i canali di Eurojust, l’Agenzia comunitaria per la cooperazione delle polizie dei 27. Lo scorso 8 luglio le conclusioni preliminari sono state formalizzate nell’apertura di una inchiesta giudiziaria, condotta dall’ufficio contro il cybercrime della Gendarmeria francese (C3N) e dall’Ufficio nazionale antifrode delle dogane.
La procura ha precisato, inoltre, che il primo capo di imputazione, quello di avere agevolato l’associazione a delinquere, è un reato che prevede una pena massima di 10 anni di reclusione e una multa di 500mila euro e che l’erogazione di mezzi e di servizi di crittografia, in base alla legge francese, viene considerato uno strumento militare e pertanto richiede autorizzazioni preventive da parte delle autorità prima della diffusione sul mercato. Autorizzazioni che Telegram sembra non aver ottenuto, benché la piattaforma si sia difesa, subito dopo l’arresto del suo fondatore, con una breve nota in cui dice di rispettare tutte le regole.
“Le ambasciate di Russia ed Emirati arabi uniti, come scrive Luca Zorloni, hanno fatto pressioni sulla Francia perché rilasci Durov (che è cittadino russo, emiratino, francese per “meriti speciali” e di Saint Kitts and Nevis, stato insulare del Commonwealth britannico nei Caraibi, dove ha riparato dopo aver abbandonato la Russia per accelerare lo sviluppo di Telegram)”. Ma la Procura francese ha deciso, per ora, di non arretrare.
La Bbc “riferisce che Telegram si rifiuta di aderire a programmi internazionali volti a rilevare e rimuovere materiale pedopornografico online. L’app non è membro né del National Centre for Missing and Exploited Children (NCMEC) né dell’Internet Watch Foundation (IWF), che collaborano con la maggior parte delle piattaforme online. La stessa Bbc ha confermato che l’NCMEC ha ripetutamente chiesto a Telegram di unirsi per contribuire a contrastare il materiale pedopornografico, ma l’azienda di Durov ha ignorato le richieste. Telegram si è rifiutato inoltre di collaborare con l’Internet Watch Foundation, l’equivalente britannico dell’NCMEC”.
Il Financial Times, in prima pagina, sostiene che “la Commissione europea sta indagando se Telegram abbia violato il Digital Services Act, ovvero le regole digitali dell’Ue, sottostimando la sua base di utenti per evitare normative più severe applicabili alle grandi piattaforme online”. I funzionari sospettano che i 41 milioni di utenti dichiarati da Telegram in Ue siano stati volontariamente sottostimati per evitare di superare la soglia per una supervisione più severa fissata dall’Ue a 45 milioni di utenti.
Tuttavia, la Commissione europea ha un potere d’intervento assai limitato, tanto è vero che si è espressa in questi termini su Telegram:
“L’azione penale non rientra tra le potenziali sanzioni per una violazione del DSA. Il DSA non definisce cosa sia illegale né stabilisce alcun reato penale e non può quindi essere invocato per gli arresti. Solo le leggi nazionali [o internazionali] che definiscono un reato penale possono essere invocate”.
Il Wall Street Journal scrive del fallito tentativo di Emmanuel Macron di convincere Pavel Durov a trasferire Telegram a Parigi e della preoccupazione della sicurezza francese per l’uso di Telegram da parte dello Stato islamico per pianificare attacchi.
L’arresto del fondatore di Telegram ha rilanciato il dibattito sui limiti delle Big Tech a proteggere con i propri servizi la sicurezza dei propri utenti, sui limiti della legislazione europea, e più in generale sui pericoli dell’uso dei social da parte dei giovani. In Italia, in tante trasmissioni è stato ribadito il pericolo della diffusione di materiale pornografico, il rischio dell’infiltrazione mafiosa, dello spaccio di droga e dell’odio on line. Basti pensare, per citarne alcuni, al caso della ristoratrice che, attaccata sui social, si è uccisa; al caso della cantante Alessandra Amoroso, caduta in depressione in seguito alle critiche impietose dei leoni da tastiera; all’inferno attraversato dalla miss Italia Arianna David che, affetta da anoressia, è dovuta intervenire per spegnere la shitstorm che si era scatenata. Arianna è stata attaccata su diversi fronti ed è stata accusata perfino di non essere più bella e di essersi inventata la storia della sua patologia. Qualcuno l’ha accusata di non aveva mai lavorato in vita sua di essersi rifatta ricorrendo alla chirurgia estetica, etc. etc.