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Sicilia: una sete ancora una volta inappagata

Ah, la Sicilia! Isola incantevole, dove il sole splende generoso e l’acqua… beh, l’acqua sembra essersi concessa delle ferie permanenti.

Ebbene sì, appena abbiamo rimembrato che l’acqua è un bene più prezioso dell’oro, ecco che essa viene distribuita con la stessa parsimonia di un’eredità contesa.

In questo scenario quasi biblico, dove la pioggia è un ricordo lontano e le dighe sembrano deserte come i set di un film post-apocalittico, gli abitanti dell’Ennese si ritrovano a fare i conti con un’erogazione idrica che ha più il sapore di un miraggio che di una realtà; dove l’acqua potabile viene erogata un giorno sì e due no. E non è un caso isolato, perché da Palermo a Caltanissetta, il mantra è lo stesso: “Anche oggi piove domani”.

Negli ultimi anni, la Sicilia a causa di una siccità prolungata e di un aumento delle temperature, si è ritrovata ad affrontare una situazione idrica complessa, che sta mettendo a rischio in particolar modo l’agricoltura e la zootecnia.

Il 2024 si è rivelato un anno particolarmente arido, con i fiumi che si sono trasformati in letti di sassi e gli invasi che sembrano desiderosi di emulare il deserto del Sahara. L’ Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) ha riportato: “l’Osservatorio distrettuale per gli utilizzi idrici del Distretto idrografico della Sicilia ha assegnato all’intero distretto lo stato complessivo di severità idrica ALTA” a conclusione del recente incontro del 22 luglio 2024, riaggiornato e confermato esattamente due giorni dopo.

Si può solo sperare che la situazione migliori e che non sia critica come quella dell’anno scorso (2023), dove le precipitazioni si sono attestate “al di sotto delle medie mensili di lungo periodo, con una precipitazione media regionale annua di circa 550 mm , ben al di sotto della media regionale di lungo periodo (1980-2022) pari circa a 750 mm” come riportato dal documento Report Siccità, Anno 2023 dal sito della Regione Siciliana.

La situazione idrica ha catalizzato l’attenzione anche di media internazionali, come il New York Times che nell’articolo After Losing Crops to Drought, Sicily Fears Losing Tourism, Too ha evidenziato le difficoltà dell’isola sicula nel preservare i raccolti e nel mantenere il flusso turistico, quest’ultimo vitale per l’economia locale, causando ripercussioni su alcune strutture minori, con bed and breakfast costretti a limitare l’offerta o a reindirizzare i clienti.

E mentre il New York Times dipinge un quadro quasi dantesco della situazione, con titoli che farebbero tremare persino i più stoici, la nostra amata Sicilia si ritrova a navigare in acque sempre più basse, letteralmente.

Questa esposizione mediatica ha scatenato una serie di reazioni politiche. Esponenti del governo, incluso l’attuale presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, si sono affrettati a difendere le misure adottate e a criticare le rappresentazioni negative, che potrebbero danneggiare ulteriormente il settore turistico.

Il dibattito politico si è infiammato, puntando il dito anche contro la cronica malagestione delle infrastrutture idriche, il deficit pluviometrico sarebbe aggravato dalle perdite significative nelle reti di distribuzione. Gli invasi, ovvero i bacini artificiali utilizzati per raccogliere e conservare l’acqua, non sono stati sottoposti a manutenzione adeguata da decenni, il che avrebbe ridotto la loro capacità e affidabilità, perdendo molta acqua anche per evapotraspirazione. La gestione delle risorse idriche, dunque, sembrerebbe essere un’arte perduta, con tubature che perdono più acqua di quanta ne trasportino e progetti di manutenzione inattuabili.

L’Eurispes, ente privato che opera nel campo della ricerca politica, economica e sociale, ha pubblicato una ricerca Un sistema che fa acqua: lo stato delle acque in Italia dove afferma che la Sicilia è la terza regione italiana ad avere “una delle percentuali più alte di perdite idriche nella rete di distribuzione, con il 52,5% dell’acqua immessa che viene persa”.

Già nel 2021, nel tentativo di affrontare questa emergenza idrica, la Regione Sicilia presentò ben 31 progetti al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (MIPAAF) per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), riguardante gli investimenti nella resilienza dell’agrosistema irriguo per una migliore gestione delle risorse idriche.

Dei 31 progetti presentati dai consorzi di bonifica siciliani nessuno rispettava appieno i 23 criteri di ammissibilità richiesti* previsti dal decreto 299915 del 30 giugno 2021, e di conseguenza vennero tutti bocciati, in quanto dichiarati inammissibili, come quanto pubblicato in data 30 settembre 2021 con il DM n. 490962/2021. Un flop colossale che portò alla perdita di esattamente 422 milioni 752 mila 170 e 66 centesimi di euro, possibili fondi spendibili, una cifra che farebbe gola a qualsiasi Consorzio di Bonifica, se solo fosse accompagnata da un pizzico di competenza progettuale.

A seguito, l’amministrazione siciliana, durante il mandato della Giunta di centrodestra presieduta da Nello Musumeci, accusò il MIPAAF di aver adottato criteri di valutazione penalizzanti per le regioni del Sud, non curante che la Sicilia fosse stata la sola e unica regione a non aver ricevuto l’approvazione di neanche un progetto.

E mentre il sud si dibatteva nella sua eterna lotta per l’equità dei fondi, in un gioco di potere che vede il Mezzogiorno ancora una volta in ritardo sul treno dello sviluppo, emerse un dato preoccupante: ben il 52,17% dei progetti presentati, non soddisfaceva nemmeno la metà dei criteri di ammissione.

La bocciatura fu, quindi, attribuita alla scarsa qualità dei progetti siciliani e, di conseguenza, alle carenze della pubblica amministrazione regionale. Queste mancanze furono aggravate da politiche di assunzione non meritocratiche, caratterizzate da assunzioni avventizie e stabilizzazioni senza concorso, in violazione del quarto comma dell’articolo 97 della Costituzione Italiana.

La crisi idrica in Sicilia ha dimostrato di essere non solo un’emergenza ambientale, ma anche un banco di prova politico che mette in luce la capacità di risposta delle istituzioni e la loro efficienza nella gestione delle risorse naturali, non a caso solo di recente il Consiglio dei ministri nella Riunione del 6 maggio 2024, ha dichiarato lo “stato di emergenza in relazione alla situazione di grave deficit idrico in atto nel territorio della Regione Siciliana” per 12 mesi dalla data di deliberazione, stanziando un importo massimo di 20 milioni di euro “per l’attuazione dei primi interventi, nelle more della valutazione dell’effettivo impatto dell’evento in rassegna”.

Una news più fresca è, invece, la scoperta di una vasta falda acquifera sotto i Monti Iblei in Sicilia, con una capacità stimata di oltre 17 miliardi di metri cubi d’acqua. Questa scoperta, messa in luce da un deputato regionale del gruppo parlamentare Partito Democratico ARS, ed effettuata dai ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) in collaborazione con le università di Malta e Roma Tre, potrebbe rappresentare una soluzione significativa alla crisi idrica che affligge la regione. Le autorità regionali stanno ora valutando la fattibilità di sfruttare questa risorsa per alleviare l’emergenza idrica, con incontri previsti tra esperti e rappresentanti della Protezione Civile.

Intanto, la Sicilia continua a soffrire di una sete che non trova sollievo, una sete di innovazione, di progresso, e soprattutto di acqua. Una sete che, come una beffa del destino, rimane inappagata in una terra circondata dal mare.

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