Il vittimismo: l’arma politica di Fratelli d’Italia
L’insegnamento del nuovo secolo, che esisteva già nel precedente e invade i confini ideologici espandendosi ormai in qualsiasi ambito, ce lo fornisce un esponente di Gioventù Nazionale che a conclusione del secondo video-inchiesta di Fanpage, dice: «Dobbiamo fare le vittime; perché se tu fai la vittima la gente sta con te… Perché altrimenti poi veramente ci danno dei fascisti.»
L’insegnamento è efficace perché funziona (talmente tanto da essere usato anche dalla sinistra; come dicevo, non ha confini) e si adatta a ogni contesto e situazione, perché, in un modo o nell’altro, la colpa in qualcuno o qualcosa la si trova sempre.
Chissà però come si può fare la vittima quando si viene filmati mentre si inneggia al Duce, si proferiscono insulti antisemiti e si esalta il nazismo. Si potrebbe dire che si “scherzava”, ma è una scusa troppo debole per essere presa sul serio… E allora? Niente, a volte bisogna proprio accettare la sconfitta.
Giovedì, la presidente del gn Pinciano Flaminia Pace ed Elisa Segnini, la capo segreteria della deputata di Fdi Ylenja Lucaselli, si sono dimesse. Benché loro si siano arrese davanti l’evidenza, c’è chi invece la vittima l’ha continuata a fare nonostante tutto.
Quando sono stati chiesti chiarimenti al presidente del partito – e del consiglio – Giorgia Meloni, la risposta è tardata ad arrivare, nella probabile speranza che il corso del tempo avrebbe fatto dimenticare la vicenda. Solo dopo settimane di silenzio e al termine del consiglio europeo (la cui Commissione ha condannato e ritenuto moralmente sbagliato ciò che è emerso), una risposta è arrivata e non ha deluso.
Dopo non aver condannato gli atti ma asserito rapidamente che non c’è posto per “sentimenti razzisti, antisemiti e nostalgici” nel partito, è prontamente passata all’attacco vittimista: «Come mai non è successo in 75 anni di costituzione? È consentito?», riferendosi all’infiltrazione dei giornalisti di Fanpage all’interno di Gioventù Nazionale, concludendo che tale comportamento è “proprio dei regimi”.
«Non ci sono ambiguità da parte mia», sostiene. Ma com’è possibile allora che delle persone che ti sono entrate in casa e han fatto quello che volevano, vengano così gentilmente invitate ad andare via? Un trattamento zen…
Se non fosse che subito dopo aver liquidato il problema principale, si lancia subito ad accusare il “nemico”, ingigantendo l’atto e sostenendo infine che desidera venga fatto anche ad altri partiti. Ci si chiede a questo punto se la Meloni conosce il significato della parola ambiguità.
Non è forse ambiguo chi dimostra maggiore collera per coloro che hanno smascherato degli abusi, piuttosto che chi quegli abusi li ha compiuti?
E se proprio la modalità l’ha così infastidita e la ritiene “da regime”, perché augurarla ad altri partiti come un piatto da servire freddo?
Non solo: sostenere che “in 75 anni di costituzione” non sia avvenuto, sottintende l’esistenza di un gustosissimo complotto perpetrato ai danni di Fratelli d’Italia e a favore dei partiti di opposizione – come se si fossero tutti messi d’accordo per andare contro di loro; una perfetta arma vittimistica per i propri elettori.
«Io non ho imbarazzi su queste cose. Meritano di essere commentati, ma io prima di commentare agisco». Con questa frase, la premier Meloni cerca di darsi maggiore importanza, si eleva, si pone su un gradino più alto; perché a differenza di chi commenta, lei agisce prima di tutto. Il culto dell’azione per l’azione, che dev’essere attuata prima di e senza nessuna riflessione (Eco docet).
Poi c’è stata la lettera, che oltre a ribadire quanto già detto, ha affermato cosa rappresenta oggi Fratelli d’Italia. Una mossa utile per chiarire la posizione politica, ma che suscita un po’ di amara ilarità considerando che è rivolta proprio ai dirigenti del suo partito (ma a quanto pare serviva, vista la reazione del ministro della cultura Sangiuliano che l’ha ritenuta: “illuminante!”).
Che ancora oggi esistano manifestazioni fasciste, non dovrebbe stupire più di tanto; sarebbe come stupirsi dell’esistenza dei nostalgici o dell’anemoia. E non dovremmo preoccuparci nemmeno di un ritorno del fascismo, sia perché si trattano di bolle, ma anche perché, al momento, non rappresentano un vero pericolo.
Quello che più stupisce, invece, è che avvenga all’interno di un’ala giovanile – che con tanto orgoglio “rappresentano i giovani che credono ancora nella politica” – e che la premier, di fronte a un evento del genere che la riguarda da molto vicino (perché è da lì che presumibilmente verrà il futuro volto del partito), scelga una retorica vittimista e complottara e la cui reazione sembra riguardare un piccolo e misero incidente.
Ma evidentemente alla Meloni conviene fare così. Le conviene rimanere ambigua, le conviene reagire come se fosse un problema da poco; perché solo rimanendo vaghi, si può avere il sostegno dei nostalgici. Se vengono rigettati con mano dura, si perde elettorato, cercheranno un altro posto. Invece adesso, per quanto “allontanati” e “incompatibili”, rimangono accolti, perché la premier non ha condannato nessuno se non i giornalisti di Fanpage.
Grazie a questo modus operandi, i nostalgici si sentiranno ancora rappresentati da una premier che li difende da chi li ha ingiustamente smascherati e che non li critica per ciò che sono o fanno, ma solo per un leggerissimo fraintendimento.