Cronaca

Tra Cancel Culture e Avatar Teacher

L’avvento massiccio della lingua inglese e delle lingue straniere ha conferito negli ultimi quarant’anni nuova forza allo studio delle lingue moderne, introducendo metodi e approcci che poco si adattavano all’apprendimento di una lingua non viva, quale il latino, abolito da tempo nella scuola media e confinato solo nei licei.
A che servono – si sono detti in tanti – gli studi classici? In una società post-moderna in cui vale solo ciò che serve, perché continuare a studiare i classici?
La Cultura della cancellazione, la cosiddetta Cancel Culture, ha preso sempre più piede ed è quella che porta a distruggere le vecchie statue, a eliminare i classici perché obsoleti, a cancellare il passato in nome della modernità.
In passato la scuola, e gli studi classici in particolare, rappresentavano la via maestra per qualsiasi ascesa di tipo economico-sociale. Studiare era considerato un privilegio e chi riusciva negli studi poteva contare su un futuro prestigioso.
Oggi lo studio non è più un ascensore sociale come in passato. Licei e Università non assicurano il lavoro e spesso un’influencer di gradevole aspetto, che insegna magari a parlare il “corsivoe” su Tik Tok, guadagna molto di più di chi ha passato anni sui libri.
La perdita del “valore sociale” della scuola negli ultimi anni è la prova di tutto questo.
Certo, anche venerare il passato è sbagliato, come diceva Max Weber, ma da qui a cancellarlo ce ne corre.
Nella rete circolano sciocchezze di ogni tipo per creare scalpore e attirare persone: si pensi alla revisione di alcune fiabe di Grimm considerate politicamente scorrette perché il bacio dato alla fanciulla non era consensuale o perché i personaggi della storia erano tutti bianchi e etero.
In particolare, a coloro i quali sostengono che studiare i classici serva per trovare le nostre origini occidentali e i nostri valori quali la libertà, la democrazia etc., nella rete, alcuni rispondono che in questo modo si crea un’opposizione tra Occidente e Oriente.
Parecchi classicisti, negli ultimi anni, hanno cercato di opporsi al dilagare di tali assurdità sostenendo che ai valori classici possono richiamarsi tutti. Vero è che gli occidentali sono bianchi e cristiani ma i classici non hanno colore e non appartengono agli occidentali ma a tutti. Un discreto numero di latinisti ha sostenuto che “il paradosso nasce dal fatto che per secoli il latino è stato una lingua franca, similmente a come è oggi la lingua inglese. Da un lato dunque una lingua morta, ma forte di tradizione e nobiltà, dall’altro una lingua moderna e viva, che quasi paradossalmente appunto si pone come antagonista. Parecchi i docenti e gli esperti che nello studio della lingua antica vedono un grande supporto alle capacità di apprendimento, poiché favorisce una formazione mentale, fondata sull’ordine e sulla collocazione precisa dei vocaboli nella frase, e alimenta il rigore logico e, pertanto, la relazione tra le parole.
Nessun dubbio, poi, sul fatto che lo studio del latino potrebbe portare al miglioramento dell’uso e della conoscenza dell’italiano.
Oggi i medici non hanno più quella salda formazione classica di cui godevano i loro predecessori; l’avvocato ha conoscenza del diritto romano, ma svincolato da una conoscenza della civiltà che quel diritto ha prodotto; il giornalista che, un tempo, si era formato sulle letture classiche che servivano a capire il presente, ormai scrive senza riferimenti; il politico che un tempo trovava nel suo bagaglio classico riferimenti e modelli adesso cerca sui social frasi ed immagini ad effetto.
Ma la Cancel Culture non riguarda solo l’eliminazione dei classici e del latino. E’ la figura stessa dell’insegnante ad essere, da alcuni, considerata obsoleta e superflua
Da qualche anno si portano avanti esperimenti basati sulla figura del “docente avatar”. Si tratta di avatar fotorealistici – Avatar Teacher – destinati a supportare o sostituire il ruolo degli insegnanti. Basati sull’IA questi avatar consentono interazioni intelligenti con gli studenti sfruttando forme di comunicazioni più o meno semplici. Possono perfino replicare la personalità, la voce e la fisionomia di un insegnante. Presso l’università di Stanford ad esempio gli studenti possono frequentare, sotto forma di avatar, lezioni che si sviluppano addirittura nel metaverso.
Se è indubbio che l’IA possa arricchire l’apprendimento muovendosi in un mondo che i ragazzi, ma non gli adulti, considerano proprio, non pochi sono i rischi che si corrono con questa nuova tendenza.
Come sottolineato da molti, Recalcati in primis, la vera conoscenza passa sempre attraverso “l’eros”, attraverso cioè quella sorta di affabulazione che solo un insegnante in carne e ossa è capace di regalare. Solo quando nasce quella che, per tornare ai classici, Aristotele chiamava “meraviglia”, e cioè una spontanea e vera curiosità per il mondo, può realizzarsi il miracolo dell’ apprendimento.
Inoltre l‘Avatar Teacher ci pone davanti ad un’altra serie di problemi: il possibile controllo della cultura da parte dei pochi che programmano la lezione, immagine questa che ci catapulta immediatamente in una distopia alla Orwell, e la fine di ogni forma di insegnamento individualizzato che è oggi invece uno dei capisaldi del sistema educativo.
I social e il mondo digitale dunque non possono bastare a capire la complessità del mondo.
Ecco perché bisognerebbe tornare allo studio dei classici e a dare il giusto peso all’istruzione. All’Università di Catania, grazie all’impegno di alcuni professori di Lettere Classiche, il Dipartimento di Scienze Umanistiche ha organizzato il “lunedì classico” che apre le porte del Monastero dei Benedettini a tutti. Cancellare il passato con un colpo di spugna non serve ad eliminarne le brutture e le discriminazioni. Noi siamo figli del nostro passato. Piuttosto è la capacità di contestualizzare, di inserire un avvenimento nella sua giusta dimensione cronologica e di capire il perché degli eventi del passato, che fornisce la vera capacità critica, quella che ci serve per comprendere e forse migliorare il mondo.

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