Spettacoli

Il Grande Eduardo al “Brancati”

Va in scena in questi giorni al Teatro Brancati di Catania, la commedia di Eduardo De Filippo “Sogno di una notte di mezza sbornia”. Regia di Armando Pugliese. Musiche di Nicola Piovani. Scene di Andrea Taddei. Costumi di Dora Argento. Personaggi e interpreti (in ordine di apparizione): Olivia Spigarelli – Filomena Grifone; Lorenza Denaro – Gina, sua figlia; Elisabetta Alma – Carolina; Luciano Fioretto – Arturo, figlio di Filomena; Angelo Tosto – Pasquale Grifone, marito di Filomena; Vincenzo Volo – Sciuscella, il Garzone e il Medico; Federico Fiorenza – Giovanni, il cameriere; Federica Gurrieri – Assunta, la cameriera; Valerio Santi – Jack, giovane inglese.
Consulenza musicale Carlo Giordano. Produzione Teatro della Città – Centro di Produzione Teatrale
Quando nel 1936 il giovane Eduardo De Filippo (1900-1984) mandava in scena questo lavoro aveva già al suo attivo una significativa produzione teatrale.
Figlio d’arte, cresciuto nella ‘allargata’ famiglia Scarpetta, a quattro anni calcava le scene, a 14 entrava ufficialmente nella compagnia del fratellastro Vincenzo, a 20 scriveva la sua prima commedia, l’atto unico “Farmacia di turno”; due anni dopo “Ho fatto il guaio? Riparerò!” che prenderà in seguito il titolo di “Uomo e galantuomo”.
Sono gli anni Trenta, quelli della compagnia del “Teatro Umoristico “I De Filippo” (insieme a Titina e Peppino) che debutta nel 1931 con “Natale in casa Cupiello” ottenendo grande successo.
Si inizia così a formare un primo “repertorio eduardiano” che la compagnia “I De Filippo” porta sulle scene e che Eduardo manderà avanti, anche da solo, fino al 1973 con l’ultima commedia: “Gli esami non finiscono mai”.
Alla vis comica, che affonda le radici nella Commedia dell’Arte e nella tradizionale farsa ‘scarpettiana’, si accompagneranno i noti temi edoardiani: dalla pazzia (vera o presunta) al tradimento, al sogno, ai fantasmi, alla superstizione, dal pensiero della morte agli esami, dal denaro alla famiglia, senza tralasciare mai, soprattutto la critica sociale.
La “sua” Napoli diventa metafora del mondo!
In seguito il successo gli arrise sempre, con o senza i fratelli, al teatro (scrisse circa 60 commedie) e sugli schermi cinematografici (partecipò a 70 film); non gli mancarono gli onori nell’Accademia (2 lauree ‘honoris causa’) e sui seggi del Senato.
Importanti nella sua vita (e non solo artistica) furono due incontri: fin dall’adolescenza con Totò e, decisivo per il suo salto di qualità, quello con Luigi Pirandello nel 1933.
Eduardo metteva in scena ‘Il berretto a sonagli’ nel 1936, quando il premio Nobel moriva senza potervi assistere.
Dello stesso anno è la commedia “Sogno di una notte di mezza sbornia” riadattata liberamente dalla pièce di Athos Setti intitolata “L’agonia di Schizzo”, divenuta poi “La fortuna si diverte”, che ispirò anche Petrolini (“La fortuna di Cecè”) e Angelo Musco (“La profezia di Dante”).
La pièce fa parte del primo ciclo di drammaturgie di Eduardo e venne in seguito inserita dall’autore in “Cantata dei giorni pari” (i giorni fortunati, contrapposti ai dispari, quelli ‘storti’) una raccolta di testi teatrali composti dal 1920 al 1942.
Fu in seguito trasformata in film per la televisione italiana nel 1959.
Armando Pugliese, regista da sempre legato al Teatro della Città, ha voluto trasportare l’ambientazione da Napoli a Catania: “…anche grazie ad Angelo Tosto che ha fatto tutto un lavoro sulle parole napoletane e quindi catanesi, ritengo che l’operazione sia riuscita pienamente”, sottolinea il regista, “Ovviamente l’ironia catanese non è uguale a quella napoletana e viceversa…”.
E lo stesso Angelo Tosto, nell’intervista rilasciataci, ribadisce la scelta di non aver voluto il siciliano puro per evitare la confusione con la commedia di tradizione. La scelta è caduta su un italiano con la cadenza catanese: “Abbiamo voluto creare un Regno delle due Sicilie! … il napoletano è una lingua teatralissima…ma il siciliano non è da meno”.
Ma andiamo alla trama.
In un quartiere popolare, in una casa degradata, nel cui ingresso però troneggia un busto di Dante Alighieri, vive la famiglia del facchino Pasquale Grifone.
All’uomo, cui piace spesso alzare il gomito (con conseguenti sbornie), durante un sogno -parafrasando Shakespeare – compare proprio Lui, il divino poeta, che gli assicura una quaterna secca al Lotto. I numeri gli consentiranno una vincita di 600 milioni, ma… corrispondono anche alla data della sua morte.
In bilico tra stupore, gioia improvvisa e delirante angoscia Pasquale vince… e la famiglia si arricchisce.
Mentre si susseguono le esilaranti battute della moglie che, da perfetta parvenue, sfoggia pose, maniere e linguaggio molto improbabili, della figlia in cerca di un marito alla sua ‘nuova’ altezza, della vicina ‘curtigghiara’ che spera di diventare la suocera del giovane Grifone trasformatosi in neo-imprenditore, i due camerieri al servizio dei neo-arricchiti cercano, ognuno a suo modo, di ‘scroccare’.
Tutti soddisfatti e contenti, dunque, tranne Pasquale che si dispera immerso nel conto alla rovescia del tempo che gli resta da vivere e si prepara all’attimo fatale.
Esilarante la pantomima del volo del protagonista con le mani a forma di alucce, per raggiungere il paradiso, o quella in cui preparandosi al funerale prende le misure della bara utilizzando come metro la propria cravatta.
Ma in fondo al cuore auspica che si tratti di un errore della profezia, che sia tutto frutto di superstizione.
Nel giorno segnato dal destino tutta la famiglia a lutto stretto (“così si usa nella gente del nostro livello!”) si stringe attorno al moribondo ben calato nel suo ruolo tanto da –sembra- perdere i sensi.
Il medico, chiamato all’uopo, rassicura tutti circa l’ottima salute di Pasquale che si alza dal suo letto di dolore per festeggiare con il pranzo luculliano preparato dai parenti per il “cunsolu” post mortem, ma…l’orologio va avanti: l’ora fatale non è ancora scoccata…mentre si chiude il sipario!
“La produzione eduardiana si può riassumere in una specie di romanzo teatrale – spiega Anna Barsotti, docente di Storia del teatro e dello spettacolo all’Università di Pisa– caratterizzato da situazioni artistiche che tendono alla ricerca, da un lato, della molteplicità del reale e, dall’altro, del sogno… attraverso le illusioni e le utopie dei personaggi… Eduardo costituisce un punto di partenza per comprendere lo ieri, l’oggi e il domani”.
Dentro alla sua famosissima “Addà passà a nuttata” (“Napoli Milionaria!” ;1945), echeggia, infatti e comunque, la fiducia nel futuro.
Uno spettacolo, in conclusione, che merita ampiamente gli applausi del pubblico permettendo anche di ragionare sulla partita tra la vita e la morte (“il punto di arrivo dell’uomo è il suo arrivo nel mondo, la sua nascita, mentre il punto di partenza è la morte… la sua partenza dal mondo”, dice l’autore), sui sogni e sulla superstizione, sui capricci della sorte, sulla paura e la speranza, sul denaro e la miseria, sui rapporti umani e sulla famiglia.
Un miscuglio di sentimenti ed emozioni, dunque, tra risate e profondi messaggi sul senso della vita.

Foto e video di Lorenzo Davide Sgroi

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