La Marabecca: la strega dei pozzi
Nelle notti scure siciliane, sotto un cielo senza stelle, una creatura arcana vive all’interno dei pozzi e nelle cisterne d’acqua.
Nessuno l’ha mai vista ma si narra che è un essere mostruoso, orribile alla vista e dall’odore nauseante come carne putrida e che, come tutti i mostri, rifugge la luce del sole.
Creatura malvagia, si nutre di esseri umani e per questo, incanta i malcapitati che si avvicinano troppo ai bordi di pietra, con il suo tono di voce particolarmente suadente. In questo modo li ammalia e li irretisce fino al punto che essi stessi, attratti dalla sua invisibile e sovrannaturale magia, si buttano all’interno del pozzo e si abbandonano a lei.
Questa è un’antichissima leggenda diffusa in tutta l’Italia del Sud fino a qui in Sicilia, con la quale si tramanda l’esistenza di questa pericolosa creatura, feroce e crudele, identificata spesso come una strega vecchia e brutta, che dimorava nel fondo oscuro dei pozzi nelle cui profondità nere trascinava chiunque rimaneva intrappolato nella sua rete malefica.
Per secoli essa ha personificato il male assoluto, quello da cui non si sfugge e che ci dissolve nell’oscurità.
E tutti ne avevano terrore anche solo a pronunciare il suo nome, se la si incontrava non c’era scampo, nessuno sarebbe mai stato in grado di risalire verso la luce.
Una leggenda particolarmente inquietante che però, con molta probabilità, trae origine dall’antica paura delle madri per i propri figli che spesso giocavano in prossimità dei numerosi pozzi sparsi all’interno dei paesi.
Per impedire ai bambini, attratti dalla curiosità, di sporsi oltre i bordi e di cadere dentro ai pozzi, si iniziò a spaventarli, raccontando loro l’angosciante storia di questa mostruosa creatura.
Oggi potrebbe sembrare una raccomandazione inutile, ma decenni fa, nelle comunità contadine della nostra terra, quasi tutte le case possedevano al centro del cortile una cisterna per raccogliere l’acqua piovana in quanto costituivano l’unica possibilità per gli abitanti di poter avere dell’acqua potabile. Esistevano anche, sparsi per le campagne, numerosi pozzi artesiani, lunghi chilometri verso il fondo, per cui rappresentavano un grande pericolo per tutti quei bambini che giocavano all’aria aperta come era d’abitudine.
Nella nostra terra questa vecchia strega venne chiamata Marabecca o, a volte, Marrabbecca con le consonanti raddoppiate come se al solo pronunciare il suo nome si avesse maggiore consapevolezza della sua potenza maligna.
Un nome particolare, sulla cui origine si sa poco o quasi nulla. Forse di origine araba anche se i più propendono per una provenienza biblica. In un brano della Bibbia si racconta che Abramo avesse inviato il proprio servo a cercare una moglie per il figlio. Il servo appena arrivato alle porte della città di Harran stanco e assetato, fu accolto e aiutato da una giovane donna di nome Rebecca. Nome particolare che in ebraico Ribqah significa rete o corda quindi indicherebbe in senso figurato colei che avvince, che lega o che irretisce.
Proprio come la Marabecca che risucchiava nell’ oscurità infernale delle sue acque chiunque tentasse di vederla.
Questa leggenda della strega Marabecca sembra ricollegarsi all’ antico culto alla dea Diana ancora presente in Campania, precisamente nella città di Benevento, nel momento in cui la Chiesa Cattolica cercava di imporre i rituali cristiani sulla cultura pagana per attuare un vero e proprio sincretismo religioso. Durante la fase di passaggio, alcune donne, rimaste fedeli al culto della dea Diana, di notte si riunivano intorno ai pozzi per celebrarla e per cercare di vedere la Luna, cara alla dea, riflessa sulla superficie dell’acqua.
Queste donne erano chiamate “Dianare” cioè sacerdotesse della dea della caccia Diana, e portavano come simbolo una mezza luna crescente.
L’opera di conversione della Chiesa, indusse a considerare questa antica pratica come un’eresia pagana e di conseguenza si cominciò a guardarle con sospetto e ad allontanarle. Nel gergo dialettale il nome fu alterato e si trasformò in Ianare: le donne-streghe che adoravano una creatura demoniaca all’interno dei pozzi.
Qualunque sia la sua origine, è certo che questa leggenda, oggi quasi dimenticata, concretizza, in questa creatura tenebrosa, l’ancestrale paura dell’uomo verso il male in senso assoluto, quell’ignoto buco nero in cui i nostri sensi materiali si annullano e ci dissolviamo in un oscuro vuoto interiore.
Per questo, ancora oggi, nelle notti senza luna, c’è ancora chi sussurra questa leggenda e si aggira guardingo temendo di intravedere tra le ombre dell’oscurità la Marabecca.