Diritto di parola non è prevaricazione
Essere liberi di esprimere i propri pensieri significa calpestare con arroganza quelli degli altri?
Guardando il modo in cui il diritto alla libertà di parola di ciascuno regna sovrano nel nostro olimpo individualista non si può che rispondere in modo assolutamente affermativo.
Siamo così ossessionati da questa nostra brama di dire la nostra, che abbiamo perso di vista la vera importanza di questo nostro inalienabile diritto e lo abbiamo banalizzato a una presuntuosa pretesa di poter dire e fare tutto quello che più ci aggrada.
Trincerati dietro alla comoda scusa che, in uno stato democratico, la libertà di espressione è intoccabile, ci siamo appropriati del termine, lo abbiamo caricato di un significato assoluto, ma solo se riferito a noi stessi, e inevitabilmente abbiamo alterato il giusto e inviolabile equilibrio che deve sempre esserci tra la nostra libertà personale e quella degli altri.
Equilibrio che definisce ogni sistema democratico, altrimenti saremmo di fronte a una gigantesca ipocrisia.
Ma sembra proprio che alla maggior parte di noi non interessi più.
Spudoratamente pieni del nostro smisurato ego, abbiamo seppellito questo basilare diritto democratico con un bel funerale a cui tutti abbiamo partecipato.
Elettoci arbitrariamente a novelli costruttori del progresso dell’umanità, ci siamo appropriati di questo concetto di libertà individuale e lo abbiamo trasformato nel magnifico baluardo da sbandierare con presuntuosa arroganza ogni qual volta dobbiamo imporre le nostre idee e conseguenti azioni anche se queste non sono condivise in modo equanime.
In nome di una presunta libertà di espressione totale e senza limiti, ci sentiamo autorizzati a ostentare e enfatizzare questo nostro diritto rifiutandoci di riconoscerlo in chi ci sta di fronte, con l’inevitabile conseguenza che lo abbiamo deturpato e storpiato a una sorta di verità unica che trascende ogni oggettività e che ci trasporta, automaticamente, nei sacri cieli dell’onniscienza.
Il disastroso risultato che ne deriva è sotto gli occhi di tutti, anche se facciamo finta di non vederlo. Le normali dinamiche del confronto reciproco sono state abolite, relegate al passato, per generare un diffuso e persistente clima di sopraffazione gli uni nei confronti degli altri e, spesso, la prevaricazione verbale degenera in comportamenti di violenza ingiustificata.
Questa visione liberal-individualista ha impregnato ogni angolo della nostra società, si riflette in tutte le relazioni quotidiane, esplode sui social e soprattutto caratterizza il tragicomico teatrino in cui brillano le performance dei nostri “signori” della politica.
L’impietoso spettacolo che ci offrono quotidianamente rappresenta la sintesi sublime di questa nuova prassi sociale.
La prevaricazione verbale, la sopraffazione ideologica costituiscono l’unico e il solo modo con cui questi “signori” esercitano il reciproco diritto alla propria libertà di espressione.
Libertà che troppo spesso viene volutamente fatta coincidere con la visione di partito in modo da giustificare gli scopi perseguiti che quasi sempre non corrispondono al sentire comune e quindi ai bisogni della collettività.
La libertà di espressione è stata svuotata del suo valore più profondo proprio da questi nostri “signori” della politica, da coloro i quali che, per primi, dovrebbero tutelarla e garantirla nella sua essenzialità.
Poco importa se nel, depauperarla, è stata vilipesa la Costituzione Italiana.
Ma qualcuno tra questi “signori” ne conserva ancora la memoria?
Domanda amletica…
Però, qualche volta, non farebbe male rileggere la nostra Costituzione, non si pretende tutta, basta fermarsi all’articolo due che, mentre sancisce i nostri inviolabili diritti, ci ricorda contestualmente i nostri “inderogabili doveri” di solidarietà politica e sociale.
Questo da solo basterebbe a ricordare a tutti i nostri schieramenti politici che a ogni diritto corrisponde un preciso dovere che ne rappresenta la limitazione di fronte alla quale fermarsi.
Purtroppo sembra proprio che tutti, “signori” della politica e conseguentemente noi cittadini, abbiamo perso di vista questo limite.
Inutile girarci intorno, tutti esercitiamo arbitrariamente e pretestuosamente questo nostro diritto senza preoccuparci minimamente delle responsabilità che comporta un suo uso improprio.
La libertà di espressione è un nostro diritto che affonda le sue origini nell’antico mondo greco delle poleis, le città-stato in cui i cittadini avevano diritto di parola, denominata parresia, nelle assemblee cittadine che si svolgevano nell’Agorà.
Ma, se vogliamo attuare una reale convivenza civile e solidale, dovremmo smettere di considerarci tenutari esclusivi di questa nostra libertà, perché essere liberi di esprimersi non comporta in nessun caso prevaricare senza reciprocità.
Questa è la basilare responsabilità a cui ha derogato tutta la nostra classe politica, la quale, invece di porsi a modello per l’intera comunità, nella sua qualità di rappresentante eletta, impone e pratica una costante pretesa individualistica che si ripercuote inevitabilmente sulla collettività, che, strumentalizzata da dinamiche di partito divisive, manifesta, senza alcuna vera consapevolezza, una libertà personale tracotante e boriosa.