Al rogo il pensiero libero e indipendente
A febbraio non dovremmo preoccuparci solo di maschere carnevalesche, sono già tante quelle che siamo costretti a indossare per il resto dell’anno, ma piuttosto dovremmo ricordarci di un uomo, un italiano come noi che, in questo mese per noi di baldorie, precisamente il 17 del lontano anno 1600, fu mandato al rogo dalla Chiesa per le sue idee che ponevano al primo posto l’importanza che ha per ogni individuo la libertà di pensiero.
Se ancora non vi sovviene il suo nome, non allarmatevi, siamo tutti intrappolati nell’invisibile ma spessa ragnatela dell’indolenza culturale che ci rende inconsapevoli portatori di un’ideologia di massa che in realtà non ci appartiene.
Eppure sarebbe stimolante per tutti noi, ricordare l’uomo che fu Giordano Bruno, le sue parole e le sue esortazioni, soprattutto in questa nostra epoca sempre più caratterizzata da un generale appiattimento individuale che ci impedisce di pensare in piena libertà.
Siamo schiavi dell’unico pensiero dominante, inutile negarlo, così prevaricante sulle nostre menti che non abbiamo più la forza, e neanche la volontà, di contrapporci, stritolati dalla paura di contraddirlo per timore di essere additati.
Un timore che oramai è diventato terrore di essere esclusi da quella massa a cui, ci è stato fatto credere, di appartenere in modo indissolubile come se da essa dipendesse la nostra stessa esistenza.
Paradossalmente viviamo più terrorizzati da questa minaccia di isolamento che da una presunta condanna a morte, come è, invece, accaduto a questo grande filosofo che fino alla fine dei suoi giorni non ha mai smesso di esortare alla vera libertà di pensiero, per essere liberi di scegliere in piena autonomia.
Siamo così assuefatti a queste catene di soggezione mentale che troviamo perfettamente naturale scagliarci contro chi, a nostro insindacabile giudizio, osa discostarsi per rivendicare la propria individualità.
Una dissonanza etica e intellettuale non può essere perdonata nella nostra “allegra” società!
Invece di apprezzare il coraggio del pensiero individuale e indipendente, immediatamente la nostra indignazione si solleva con la stessa furia di una tempesta e travolge senza alcuna pietà.
Il rispetto verso il pensiero altrui è roba d’altri tempi!
E, a pensarci bene, è proprio così.
Ne è testimonianza una celebre frase del secolo scorso:
“Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita affinché tu possa dirlo”.
Una frase erroneamente attribuita a Voltaire, ma che in realtà fu scritta da Evelyn Beatrice Hall, una scrittrice britannica della prima metà del ‘900.
Diamo a questa donna quel che è di questa donna!
Potremmo dire parafrasando un altro famoso detto.
Ma al di là della sua paternità, questa frase condensa in queste poche parole, un principio sacrosanto per ogni essere umano: la libertà di espressione e, soprattutto, il rispetto per le opinioni altrui.
Ma forse molti di noi nemmeno se la ricordano più o peggio, e riflette un atteggiamento parecchio diffuso, la ripetono con la stessa vacuità di un pappagallo, solo per mostrare un’apparente tolleranza che alla fine si traduce in una saccente ignoranza che imbriglia ogni guizzo di pensiero in una generale omologazione che fa sempre più comodo a chi regge le fila di questo grottesco palcoscenico in cui è stata trasformata la nostra quotidianità.
Un palco su cui possiamo stare tutti a patto di recitare la parte che ci è stata data senza nessuna possibilità di emergere come individuo pensante, altrimenti si diventa scomodi.
Un triste esempio ne sono stati i cantanti Gender D’Amico e Ghali che, sul palco dell’Ariston, hanno avuto “l’ardire” di esprimere le proprie idee in piena libertà.
Entrambi si sono macchiati della “gravissima colpa” di dire apertamente quello che tanti altri cittadini italiani pensano ma che hanno timore di dire a voce alta per paura di eventuali ripercussioni.
Invocare la fine della guerra e della conseguente barbarie sui civili innocenti massacrati nella Striscia di Gaza, sono parole coraggiose pronunciate in favore di una pace che tutti dovremmo pretendere, in quanti tutti dovremmo porre in primo piano l’urgenza di questa crisi umanitaria e avere una maggiore consapevolezza.
Ma l’ardire di questi due “insubordinati” è stato punito come un delitto esecrabile!
Punito e seppellito da una moderna catasta di polemiche!
Non siamo più nel 1600 ma, a quanto pare, non abbiamo perso il brutto vizio di innalzare roghi su cui bruciare a morte chi osa contravvenire alle regole dettate dall’ideologia globale che ci asservisce, ci stordisce e ci rende una massa sfacciatamente e impietosamente livellata da cui è diventato quasi impossibile riuscire a tirarsene fuori.
Potremmo fare un annuncio:
“Cercasi disperatamente il pensiero libero e indipendente”.
Ma chi è disposto a sacrificare la propria credibilità pubblica?
Non affrettatevi a rispondere, la risposta la conosciamo tutti!