Il federalismo europeo di Carlo Rosselli
“La fede nella libertà è al tempo stesso una dichiarazione di fede nell’uomo, nella sua indefinita perfettibilità, nella sua capacità di autodeterminazione, nel suo innato senso di giustizia.”
C. Rosselli, Socialismo liberale.
L’opera più famosa di Carlo Rosselli è sicuramente Socialismo liberale che delinea il volto di un socialismo fortemente riformista ma strettamente connesso alla democrazia liberale, alla libertà e ai diritti umani. “Il problema della libertà (è) nel suo significato integrale: (…) autonomia spirituale ed emancipazione della coscienza sul piano individuale; organizzazione della libertà nella sfera sociale, cioè nella costruzione dello Stato e nei rapporti tra i gruppi e le classi. Senza uomini liberi, nessuna possibilità di Stato libero. Senza coscienze emancipate nessuna possibilità di emancipazione di classi. Il circolo non è vizioso. La libertà comincia con l’educazione dell’uomo e si conclude con il trionfo di uno Stato di liberi, in parità di diritti e doveri, uno Stato in cui la libertà di ciascuno è condizioni e limite alla libertà di tutti.”. In questa prospettiva, “la fede nella libertà è al tempo stesso una dichiarazione di fede nell’uomo, nella sua indefinita perfettibilità, nella sua capacità di autodeterminazione, nel suo innato senso di giustizia.” (C. Rosselli, Socialismo liberale). Secondo Rosselli, socialismo e liberalismo non sono in opposizione, ma in realtà, il liberalismo “è la forza ideale ispiratrice, il socialismo è la forza ideale realizzatrice.”.
Nell’ultimo capitolo di Socialismo liberale, la difesa della libertà e della democrazia è anche e soprattutto opposizione morale e politica al fascismo. Secondo Rosselli questo movimento è l’espressione dell’immaturità politica e morale degli italiani. La mancanza di passione civile e di senso morale porta al servilismo e alla rivolta anarchica. Gli italiani sono moralmente pigri e oscillano tra lo scetticismo e il machiavellismo di basso rango. Tutto ciò li porta ad accettare l’uomo forte, l’Uomo della Provvidenza, il deus ex machina. Secondo l’esule antifascista, il fascismo ha vinto perché ha toccato certi tasti della psicologia dell’italiano medio. Il fascismo è l’autobiografia di una nazione che rinuncia alla lotta politica, che ha il culto dell’unanimità, che rifugge dall’eresia, che sogna il trionfo della facilità e dell’entusiasmo.
Nella visione rosselliana, l’intellettuale e il politico hanno una importantissima funzione educatrice contro questi mali italiani – e forse non solo italiani. Questa è una chiara eredità del pensiero di Mazzini, che compare spesso negli scritti di Rosselli. Rileggendo le opere di Mazzini, sicuramente Rosselli trovò la forza per accettare l’esilio e per non desistere dalla lotta contro il fascismo. Sempre da Mazzini, derivò degli argomenti per combattere il pacifismo di certi settori del socialismo europeo. Nei giorni dell’esilio, un certo pacifismo delle sinistre era passiva inazione che andava combattuta con una nuova morale dell’azione e della lotta al fascismo.
Già in Socialismo liberale, Rosselli aveva cominciato ad accennare ad una visione federativa della società fondata su municipalità, gilde e sindacati e tipi di economia familiare e privata (Graglia, pag. 25). Durante gli anni dell’esilio, questo tema è stato approfondito nella rivista “Quaderni di Giustizia e Libertà”. Lo scopo era quello “di compiere (…) un lavoro di educazione, di chiarificazione politica, per concretare in istituti politico-giuridici e in riforme sociali quelle aspirazioni di libertà e democrazia sostanziale verso cui tutti tendiamo e che da sole appaiono troppo astratte.” (Graglia, Unità europea e federalismo, pag.29-30).
Nel programma del movimento antifascista “Giustizia e Libertà” si immaginava uno stato organico con ampio spazio dato alla società civile e ai sindacati. Si parlava di un’economia mista con nazionalizzazioni delle principali industrie strategiche e di riforma agraria. Si rimanda alle pubblicazioni specifiche su questa interessante fase di Giustizia e libertà.
Sicuramente la parte più interessante del dibattito sui Quaderni di Giustizia e Libertà è quella sul futuro dell’Europa. Carlo Rosselli avvertì più di altri il “carattere non più solo italiano, ma europeo, dell’involuzione fascista”. Pertanto l’opposizione e la lotta al fascismo doveva essere pensata e condotta su un fronte europeo ed internazionale. L’Europa non era un sogno da realizzare, ma un campo di battaglia su cui combattere. È questo il tema dell’articolo Italia e Europa, in cui invitava l’antifascismo a fare autocritica: “…per rifarsi, nella sua opera, dai fondamenti. Sinora abbiamo costruito sulla rena, bisognerà cercare la roccia. E per trovarla dovremo avere il coraggio di rimettere in dubbio tutte le nostre posizioni, tutte le nostre mezze verità, il nostro stesso programma, se occorre, per porre le basi di una civiltà nuova, di un uomo nuovo” (Quaderni di Giustizia e Libertà, n. 7, giugno 1993). In un altro articolo (La guerra che torna) scriveva: “Insomma con Hitler il fascismo diventa una cosa seria (…) Esso è veramente l’AntiEuropa. Negando il libero esame, la tolleranza religiosa, l’autonomia della persona, l’eguaglianza giuridica, attacca l’Europa al cuore e va alla guerra ideologica e forse alla guerra tout court coll’ebbrezza dionisiaca del barbaro che solo dalla forza attende la vittoria. (…) Antieuropa! Europa! Oggi più che mai la causa dell’antifascismo si confonde con la causa della civiltà e dell’Europa. In sede ideale, non ha più molto senso parlare di un antifascismo italiano, tedesco o francese (…) nella sua essenza, l’antifascismo è veramente uno, è problema umano, lotta per valore che non si legano a questa o a quella terra, ma all’umanità”.
Secondo Rosselli, Giustizia e Libertà doveva essere la coscienza critica dell’antifascismo e la base di un movimento politico europeo che doveva avere struttura e fini nuovi. Non doveva essere un vero e proprio partito, perché i partiti si erano formati nell’orizzonte dello stato nazionale (Graglia, 48-49). Un movimento europeo doveva essere totalmente diverso perché bisognava superare lo stato nazionale. In alcuni scritti, diresse, addirittura, un attacco alla teoria e alla visione dello stato nazionale di Benedetto Croce (Graglia 60-61). Dalle ceneri dell’Antieuropa del nazifascismo e della sua macchina burocratica e poliziesca, secondo Rosselli doveva sorgere un’Europa federale, unitaria e social-liberale fondata su un nuovo umanesimo e su una nuova sintesi tra pensiero ed azione, tra individuo, organizzazioni sociali, nazione e territori.
Le idee di Carlo Rosselli sono molto forti e destano numerose riflessioni specie in questa fase dell’Unione Europea. In questo 2024, i giornali economici certificano la crisi economica della Germania. C’è il rischio concreto che tra astensionismo e proteste, le forze europeiste possano essere sconfitte alle prossime elezioni europee. L’Unione Europea sembra più una nuova Repubblica di Weimar transnazionale. L’Unione Europea è sempre più minata al proprio interno da una profonda crisi economica e morale. L’Unione Europea è schiacciata all’esterno da giganti sempre più arroganti e potenti come gli Stati Uniti d’America, la Cina, l’India e la Russia.