L'Opinione

Le tasse sono un furto!?

La proprietà è un furto!

P. J. Proudhon, socialista

Le tasse sono un furto!”

M. N. Rothbard, anarcocapitalista

In questi giorni un grido si leva alto su tutta l’Italia. È il grido dei contribuenti che vengono contattati dai loro consulenti per la dichiarazione dei redditi. Troppe tasse! Non se ne può più.

Murray Rothbard ha solennemente proclamato in un’intervista a Le Figaro del 24 giugno 1989: “Le tasse sono un furto!”. Secondo il padre dell’anarcocapitalismo le tasse sono una rapina legalizzata da parte di un mostro chiamato Stato. Questo essere gigantesco, orrendo e malefico aggredisce senza pietà la proprietà dei malcapitati cittadini. Anche in uno stato democratico, i cittadini pagano le tasse solo perché intimiditi dalle sanzioni e dalla burocrazia statale.

Questo economista sostiene che il diritto di proprietà e che nessuno – neanche lo Stato! – possa aggredirlo con la tassazione o peggio ancora con l’esproprio. Ha ereditato dall’economista Ludwig von Mises un odio profondo verso il socialismo e qualsiasi forma di intervento dello stato nell’economia.

Cos’è la libertà per Rothbard? «Il diritto naturale, per ogni individuo, di disporre di se stesso e di ciò che ha acquisito con lo scambio o con il dono. La proprietà e la libertà sono quindi indissolubili: ogni attacco alla proprietà è un attacco alla libertà. Le società che separano libertà e diritto di proprietà privano l’uomo delle condizioni necessarie ad esercitare realmente i suoi diritti. Non esiste quindi alcun diritto reale che possa essere distinto dalla proprietà». Cos’è la libertà di pensiero?«Il diritto di parola si può esercitare solo usando ciò di cui si è proprietari, oppure chiedendo il permesso al proprietario. Ad esempio, occorre disporre di un giornale o di una sala, oppure prenderli in affitto dal legittimo proprietario».

Ancora più radicale è Hans Hermann Hoppe, un allievo di Rothbard, nato in Germania, ma ormai trasferito da molti anni in Nevada, lo stato più libertario di tutta la federazione americana. Sostiene che lo stato è un monopolista che controlla il territorio e che limita il diritto di proprietà dei cittadini o dei sudditi. In generale, qualsiasi forma di stato (monarchia, democrazia e aristocrazia) nasce con questo peccato originale. Più di Rothbard, Hoppe ritiene che dalla Rivoluzione Francese sino ad oggi sia in corso un costante attacco al diritto di proprietà attraverso l’espansione a dismisura dei diritti, del suffragio universale, del repubblicanesimo, dell’intervento dello stato nell’economia e del concetto di eguaglianza sostenuto dal socialismo. In un ipotetico futuro quando i cittadini del mondo eleggeranno un governo mondiale, una coalizione di governo cino-indiano procederà ad attaccare i diritti di proprietà dei ricchi occidentali statunitensi ed europei in favore dell’Asia. In uno dei suoi libri più famosi intitolato La democrazia ha fallito, arriva a sostenere che la democrazia ha fallito e che le monarchie ereditarie hanno avuto delle performance economiche migliori.

In un certo senso, per questo filosofo non esistono diritti umani, ma solo il sacro, inviolabile, unico ed assoluto diritto di proprietà, ossia un dominio assoluto, esentasse sul quale il proprietario può esercitare l’autodifesa e per il quale deve incaricare un’agenzia privata per la sua vigilanza. Il diritto di sfruttamento è illimitato e, tendenzialmente, non limitabile da superiori esigenze sociali, economiche e/o ambientali. La giustificazione di tale super-diritto avviene o con il ricorso al diritto naturale e al cristianesimo (Rothbard, libertarismo cristiano di Piombini) o con argomentazioni derivate dall’utilitarismo.

In tale prospettiva, lo stato centralizzato non deve esistere. Sono ammesse solo libere comunità di proprietari, in cui tutto è proprietà privata, persino i fiumi, le foreste, le strade, i porti, gli aereoporti, ecc.. I servizi di vigilanza e sicurezza sono affidati ad aziende private. La giustizia è affidata ad organismi assicurativi e privati. E così la gestione di carceri, ospedali, scuole, ecc.. Non esiste sistema pensionistico pubblico, né assistenza sanitaria gratuita pubblica, nessun sostegno alle famiglie numerose. Se le aziende vanno in crisi, chiudono e basta: niente cassa integrazione, nessun assorbimento in enti pubblici di lavoratori in esubero, nessun sussidio ai lavoratori, nessun salvataggio pubblico per l’azienda. Il sistema di welfare è solo uno strumento per permettere ai fannulloni di ricevere soldi senza fare niente.

Inoltre, Hoppe ha una particolare posizione sull’immigrazione. Distingue, infatti, libero scambio e immigrazione. Il primo ha natura contrattuale e non va limitato, la seconda non ha questa natura e può essere limitata. Nelle comunità anarcocapitalistiche entrano solo i proprietari con il permesso dei proprietari o individui che sono graditi ai proprietari. In base alle proprie esigenze economiche il proprietario può discriminare tra gli individui: potrebbe ammettere etero e rifiutare i gay, ammettere cristiani e cacciare i mussulmani. Comanda il proprietario!

In Argentina, con il nuovo presidente Javier Milei, l’anarcocapitalismo è giunto al potere. Sono molto lontani i tempi in cui il socialista P. J. Proudhon (1809-1865) affermava che “la proprietà è un furto” e ipotizzava un sistema anarchico federalista e socialista. Con l’anarcocapitalismo si torna indietro allo stato pre-moderno oppure si va verso un novello anti-stato patrimonialista. Lì pochi proprietari gestiranno micro-comunità in cui gli ingressi sono selezionati e la competitività è assoluta. I riccastri si sposeranno tra loro, escludendo i meno ricchi ed espellendo tutti gli indesiderati: poveri, gay, minoranze etniche.

Fuori dall’università e dai think tank neoliberisti questa forma mentis ultraindividualista è molto più diffusa di quanto non si pensi. La accoglie il miliardario che non vuole vincoli nella gestione delle sue proprietà e delle sue aziende, che mal sopporta i sindacati e il sistema pensionistico. Questa ideologia piace anche al piccolo padroncino di provincia che vuole fare soldi con il minimo di struttura economica e l’assenza di regole sul mercato del lavoro. Questo piccolo autocrate mal sopporta i “fannulloni del reddito di cittadinanza”, gli imboscati negli enti pubblici, le rivendicazioni sociali e sindacali, il me-too e le lotte contro la violenza sulle donne. Il piccolo padroncino sparerebbe a chiunque si avvicina alla sua proprietà e ammira i modi spicci di certi piccoli malavitosi che accumulano ricchezza illecitamente e poi fanno un po’ di teatro in chiesa e alle feste patronali. Le tasse sono un furto e con questo slogan si abbatteranno tutte le ultime vestigia dello stato di diritto costruito negli ultimi tre secoli! Ci saranno la Trumpia, la Bolsonaria, la Mileia, la Berlusconia…

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