Spettacoli

Una splendida Anna Karenina inaugura la stagione del Teatro Stabile

Il Teatro Stabile di Catania ha inaugurato la Stagione 2023/2024 con “Anna Karenina” di Lev Tolstoj,

con l’adattamento di Gianni Garrera e Luca De Fusco,
regia: Luca De Fusco (aiuto regia Lucia Rocco),
scene e costumi: Marta Crisolini Malatesta,
luci: Gigi Saccomandi,
musiche: Ran Bagno,
coreografie: Alessandra Panzavolta,
proiezioni: Alessandro Papa,
Interpreti
Galatea Ranzi (Anna Karenina),
Debora Bernardi (Dolly),
Francesco Biscione (Levin),
Giovanna Mangiù (Betsy),
Giacinto Palmarini (Vronskij),
Stefano Santospago (Oblonskij),
Paolo Serra (Karenin), Mersila Sokoli (Kitty),
Irene Tetto (Lijdia).
Produzione: Teatro Stabile di Catania, Teatro Biondo Stabile di Palermo.

Quando Tolstoj (1828-1910) cominciava a pubblicare a puntate nel Russkij Vestnik (“Messaggero russo”) tra il 1875-77 Anna Karenina già la letteratura europea conosceva il naturalismo e il verismo.
Si facevano spazio anche il realismo inglese e quello russo con la loro analisi della società borghese nei suoi molteplici aspetti: Hegel nelle “Lezioni di Estetica” definiva il romanzo “la moderna epopea borghese”.
Se Dickens punta l’attenzione sull’impatto critico dell’industrializzazione sulla società, Dostoevskij e Tolstoj tendono a sviscerare il cristallizzato ambiente russo.
Nel delicato passaggio dall’ancora resistente aristocrazia zarista alla rampante borghesia ‘burocratica’ gli autori russi, allontanandosi dal positivismo, danno spazio alla soggettività, all’interno di una costante ricerca spirituale.
I loro protagonisti e i diversi mondi in cui vivono animano un affresco che denuncia lo sforzo, di fronte alla complessità del reale, di dare un senso all’esistenza.
Nel romanzo di Tolstoj tutto comincia con un treno.
Alla stazione Anna Karenina incontra il conte Vronskij.
Egli sente l’immediato bisogno di guardarla “non per la sua bellezza, non per la sua eleganza e nemmeno per la grazia discreta che profondeva, ma perché quando gli era passata accanto aveva colto sul viso di lei una dolcezza e una tenerezza tutte particolari”.
In Anna Karenina (”niente della letteratura europea della nostra epoca può esserle paragonato” per Fëdor Dostoevskij;” il capolavoro assoluto della letteratura del XIX secolo” per Vladimir Nabòkov) la protagonista si dibatte tra la ribellione a un noioso matrimonio tradizionale e il travolgente amore ‘proibito’ che la mette ai margini della società perbenista in cui vive (“Il rispetto è un’invenzione utile a riempire il posto che l’amore ha lasciato vacante”) portandola alla sua tragica morte.
Tutto finisce con un treno.
Il confronto con le altre due coppie che altre scelte compiono per esigenze spirituali ed esistenziali contrastanti segnerebbe il crinale tra ciò che è socialmente e ‘moralmente’ accettabile e ciò che non lo è: “Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo”.
La sociologa Rosalba Perrotta osserva che il disagio, anche grave, che alcuni dei protagonisti soffrono è legato al non sentirsi accettati dal gruppo in cui vivono -alla ‘stigmatizzazione’ sociale- senza trovare altri contesti/rifugio capaci di definire altrimenti la realtà e di apprezzarli.
A differenza di Kitty e Lèvin, di Karenin o di Dolly e Oblonskij, Anna si trova sola e disperata, senza realtà alternative al suo Vronskij che più non l’ama (“Tutto è finito. Non ho nessuno all’infuori di te”).
Sulla base del testo tolstoiano Luca De Fusco dichiara, nell’intervista che ha voluto concederci, di aver deciso insieme col drammaturgo Gianni Garrera “di non nascondere l’origine letteraria del testo ma di affidare le parti narrative o i commenti dell’autore agli stessi attori. Ha voluto aggiungere inoltre un montaggio cinematografico “contrassegnato dalla grammatica visivo-musicale, ormai consueta nelle mie regie”.
Si è proposto, continua, la concisione creando una sorta di ‘filo rosso’ tra gli attori che si trasformano in coro e diventano Tolstoj medesimo.
Il regista è inoltre decisamente orgoglioso del cast che ha voluto e saputo scegliere a cominciare da Galatea Renzi, vincitrice nel 2012 del premio ‘Eleonora Duse’, che ha saputo tenere la scena, incessantemente fino al lungo monologo finale, e degli altri interpreti da lui definiti ‘ di grande livello’, tra cui due catanesi.
Debora Bernardi, che interpreta Dolly, ha voluto sottolineare -nell’intervista che ci ha rilasciato- come il suo ruolo si adatti a tutte le donne, come la famiglia sia sempre un compromesso.
Ha ricordato che fino al 1960 una moglie che decideva di separarsi andando via da casa doveva rinunciare anche ai figli, perdeva i diritti della sua maternità.
Il romanzo, che ripercorre tutte le corde della femminilità, conclude, l’ha profondamente commossa.
Anche Paolo Serra dichiara di essersi compenetrato nel ruolo di Karenin coinvolto, suo malgrado, in una situazione di grande conflittualità.
Preoccupato del danno sociale egli cerca invano un compromesso con la moglie.
Su richiesta del regista è andato a scavare nei meandri della gelosia e anche della cattiveria, ma con risvolti umani, cercando di confrontarsi sempre con l’autore russo.
Inaugurando questa nuova stagione all’insegna della pluralità tra sperimentazione e tradizione, De Fusco in conclusione ha saputo trasformare un romanzo non in testo teatrale ma in un vero e proprio applauditissimo “spettacolo”.
Per aspera ad aspra!

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