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Oppenheimer di Nolan: la mela della scienza è un frutto avvelenato.

Negli ultimi anni numerosi politici hanno più volte evocato la possibilità di una guerra nucleare e dell’uso di armi atomiche. Oppenheimer, l’ultimo recente film di Christopher Nolan, narra lo sviluppo del progetto che ha realizzato la costruzione della bomba atomica. È soprattutto un film storico sul processo contro Robert Oppenheimer, che fu il capo del Progetto Manhattan e il “padre della bomba atomica”. Il fisico partecipa alle udienze che si svolgono a porte chiuse in una stanza molto stretta in cui ci sono due tavoli rettangolari di uguale grandezza disposti a forma di T. Oppenheimer si trova alla base della T e ha di fronte a sé tre giudici. Alla sua sinistra c’è il suo accusatore alla sua destra il suo avvocato. Sin dalle prime battute è evidente che c’è uno squilibrio tra accusa e difesa. L’accusatore sottolinea che non è in corso un processo. Ed in effetti, per certi versi, sia i giudici che l’accusatore vogliono spingere il capo del progetto Manhattan a confessare come un penitente i suoi terribili peccati. Vogliono spingere lo scienziato ad uscire dalla sua algida impenetrabilità.

È così che Oppenheimer rievoca la sua vita in tutti i minimi dettagli: gli anni giovanili in cui aveva studiato in Europa con i più importanti fisici che si occupavano della meccanica quantistica, la sua carriera come professore universitario, il suo coinvolgimento nella costruzione della bomba atomica, la direzione del Progetto Manhattan e di tutti i progetti nucleari degli Stati Uniti, i suoi amori, le sue convinzioni politiche e la vicinanza agli ambienti del Partito Comunista degli Stati Uniti.

La sua figura magra e sofferente ha qualcosa di tragico, di terribile e di impenetrabile. Fino a qualche anno prima, le riviste di tutto il mondo lo avevano descritto come il padre della bomba atomica e il leader assoluto del gruppo che lo aveva costruito. Al processo emerge una realtà diversa. Nonostante il prestigio e la posizione direttiva, Oppenheimer si era trovato spesso a mediare tra le rivalità tra i vari gruppi di fisici coinvolti (Los Alamos, Chicago, Tennessee) e all’interno del proprio laboratorio a Los Alamos. Spesso aveva cercato di trovare una sintesi tra le posizioni dei “falchi” come Edward Teller e quelle delle “colombe” come Leo Szilard che avevano idee contrapposte sull’uso della bomba atomica. La sua opera di mediazione in passato era stata elogiata, ma nel processo viene percepita quasi come una debolezza. La sua personale convinzione era che l’arma nucleare avrebbe posto fine ad ogni guerra e avrebbe aperto la strada ad una cooperazione internazionale sull’energia atomica e al contenimento dell’uso delle armi. La realtà era ben diversa. I sovietici avevano costruito in pochi anni una loro bomba atomica.

Nel corso delle udienze emerge che Oppenheimer è rimasto profondamente scosso dalle conseguenze delle radiazioni sulle vittime civili ed è ben consapevole che le bombe termonucleari a cui sta lavorando il suo rivale Edward Teller sono molto più potenti e devastanti delle prime due bombe atomiche. Ha scrupoli morali e cerca apertamente di fermare la corsa agli armamenti nucleari. I suoi giudici, il suo accusatore e una parte dei militari e dei politici non gradiscono assolutamente le sue posizioni e i suoi scrupoli morali. Mentre lo scienziato insiste su un pacifico controllo delle armi nucleari, le lobby industriali e militari insistono per la logica della deterrenza.

Oppenheimer ammette chiaramente di sentirsi responsabile per le morti di Hiroshima e Nagasaki, anche se in un colloquio nella sala ovale il Presidente Truman era stato molto chiaro: 1) gli scienziati e i laboratori sono solo degli strumenti nelle sue mani, che non devono avere scrupoli morali; 2) le responsabilità politiche e morali sono soltanto sue come Presidente degli Stati Uniti e comandante in capo dell’esercito; 3) l’attacco atomico sulle città giapponesi è eticamente giusto perché ha posto fine alla guerra con il Giappone salvando le vite di migliaia di soldati americani.

Le udienze del processo per Oppenheimer sono devastanti perché l’accusatore gli rende conto delle sue idee politiche e soprattutto della sua complessa vita amorosa.

Nel corso del film emerge in modo netto che dietro il processo si muovono molti influenti personaggi come Lewis Strauss, John McCarthy ed Edward Teller che riescono ad esautorarlo e ad umiliarlo, facendogli perdere l’accesso a tutti i documenti riservati sui programmi nucleari. Queste trame emergono e finiscono per ritorcersi contro lo stesso Lewis Strauss. Dopo molti anni, Oppenheimer viene riabilitato e alcuni dei suoi nemici come Teller sono in prima fila a stringergli la mano e a complimentarsi con lui. Il film si conclude con Oppenheimer che confida ad Einstein che è stata avviata una reazione a catena: la corsa agli armamenti nucleari.

Questo film dà veramente una profonda descrizione di Robert Oppenheimer. In certi momenti sembra oscillare tra il paradiso e l’inferno. C’è un Dio nascosto, il fisico Max Born che viene nominato ma che non si vede mai. Era il padre della fisica atomica ma aveva rifiutato di partecipare alla costruzione della bomba atomica. Ci sono altre due divinità: Albert Einstein e Kurt Gödel. Oppenheimer si reca da Einstein per ricevere consigli, ma non ottiene grandi risposte. Gödel rimane muto sullo sfondo.

In contemporanea, c’è l’inferno della guerra e dei campi di concentramento nazisti.

Particolarmente importante è la figura di Lewis Strauss (Robert Downey) che in un primo momento pensava di potere essere una sorta di Virgilio insieme ad Oppenheimer. Sin dall’inizio, il fisico non gli assegna questo ruolo, anzi finisce più volte per umiliarlo e per determinare un rancore infinito e l’azione distruttrice che culmina proprio con il processo. Da Virgilio, Strauss si trasforma in un misto tra Lady Macbeth e Jago.

Nel film compaiono varie donne attorno al fisico: sua moglie Katy, Ruth Toulman e l’amante Jean Tatlock. Sono tutte molto colte e anche molto concrete. Non hanno nulla della natura angelica di Beatrice. Eppure, lo scienziato cerca disperatamente l’amore, un amore infinito ed ideale. Il film lascia intendere che Jean Tatlock sia stata uccisa dai servizi segreti.

Va sottolineato che il film apre anche una questione pedagogica. Sia Niels Bohr che lo stesso Oppenheimer sono molto protettivi nei confronti dei propri allievi e cercano di aiutarli e proteggerli in ogni modo. Entrambi vivono le loro vicende come problemi personali. Kenneth Brannagh che interpreta Niels Bohr mostra in pieno il dramma di questo fisico che aveva insegnato la sua scienza sia ad Oppenheimer (capo del progetto atomico degli Stati Uniti) che a Werner Heisenberg (capo del progetto atomico nazista). In tempi di pace, gli scienziati sono una comunità cosmopolitica, in tempi di guerra e dopo la bomba atomica sono dei funzionari sotto controllo dei governi. La mela di Newton che compare all’inizio del film in mano a Bohr, la mela della scienza è un frutto avvelenato. La scienza non è neutrale e sottoposta agli interessi della politica, dell’industria e dei militari può diventare uno strumento di morte e distruzione di massa. E gli scienziati non sono esenti dalle passioni degli altri esseri umani: il denaro, il sesso… l’invidia.

Nel dramma dedicato a Galileo, Brecht insiste molto sulla natura del cannocchiale: se Galileo lo punta in cielo è uno strumento per espandere la conoscenza e la cosmologia, se Galileo lo vende all’arsenale della Repubblica Veneta è un pericoloso strumento militare. Inoltre, va ricordato che anche Brecht fu sottoposto durante il soggiorno americano ad interrogatori da parte della Commissione sulle attività anti-americane. Questa esperienza lo indusse a modificare alcune parti del suo Galileo. L’opera di Brecht e il film di Nolan descrivono bene i problemi della scienza e i drammi personali vissuti da alcuni scienziati a contatto con il potere (religioso o politico) e con i militari. Il potere ha una sua verità che impone anche agli scienziati e pretende di avere l’ultima parola su tutto. Inevitabilmente, la mela della scienza è un frutto avvelenato.

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