Noi, ossessionati dalla giovinezza eterna
Ammettiamolo, tutti noi, se ci venisse offerto un calice con dentro l’Elisir dell’eterna giovinezza, lo afferreremmo subito, anche se dovessimo cedere l’anima al diavolo come il Faust di Goethe. Non avremmo alcuna remora a farlo perché siamo esseri umani che, da quando siamo nati, ci portiamo dentro, come una maledizione atavica, la paura ancestrale della vecchiaia e della morte.
Il nostro innato narcisismo ci corrompe da sempre illudendoci che solo la giovinezza sia l’unico vero valore dell’esistenza e che, quindi, possa assicurarci la felicità.
Un’illusione che, a volte, ha alterato menti malate e le ha spinte a compiere gesti assurdi, come la sanguinaria contessa ungherese Erzsebet Bàthory, vissuta in Transilvania nel XVII secolo, che uccise decine di giovani vergini mettendole a capo in giù e recidendo loro la gola per raccogliere il sangue per berlo o per immergersi in esso convinta di ringiovanire la pelle.
Un’illusione che oggi si è trasformata in una vera e propria ossessione. Spendiamo cifre enormi per le creme anti-età o per gli interventi di chirurgia estetica, che vengono effettuati da pazienti sempre più giovani, e siamo stritolati dall’ansia continua di modificare le foto che postiamo per apparire eternamente giovani.
In fin dei conti non siamo poi così tanto diversi da Dorian Gray, il protagonista del romanzo di Oscar Wilde, che stipula un patto con il diavolo per fermare il tempo e rimanere in eterno bloccato nella sua bellezza giovanile mentre invecchierà, al posto suo, il suo ritratto nascosto in una stanza. Invece di farci dipingere un quadro, utilizziamo tutti i filtri che abbiamo a disposizione fino a divenire facce plasticamente immobili.
Un desiderio perverso che ci gratifica ma che, al tempo stesso, ci aliena dalla vita stessa, in quanto ci estranea dalla realtà e non ci permette di vivere a pieno il presente. Nel nostro delirio di onnipotenza, ci siamo dimenticati che tutti abbiamo un inizio con la nascita e una fine con la morte, convinti che possiamo rallentare se non addirittura fermare il naturale corso del tempo.
Quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia!
Scriveva Lorenzo de’ Medici consapevole che il tempo scorre inesorabile e che non si può tornare indietro. Una consapevolezza che oggi sembra invece sopita negli animi frastornati da una modernità che promette l’Elisir di lunga vita ad ogni costo trasformando il suo raggiungimento in una vera e propria ossessione patologica che ha travolto non solo molti divi del mondo dello spettacolo, ma anche tanti magnati come il miliardario Johnson. L’imprenditore si è fatto iniettare in vena il sangue del figlio diciassettenne sperando che il suo plasma possa ringiovanire le sue cellule di cinquantenne, spinto dalla sfacciata presunzione di poter invertire il suo processo di invecchiamento, come un nuovo Benjamin Button, il protagonista del film in cui viveva una affascinante quanto distopica vita e rovescio.
Johnson, in un certo qual modo, rappresenta tutti noi e questo nostro anelito di immortalità che ha, da sempre, ammaliato il genere umano, illudendolo di poter ingannare lo scorrere del tempo.
Un sogno vano che ha alimentato decine di leggende sull’esistenza di presunte fonti magiche dell’eterna giovinezza, nelle cui acque ci si immergeva per ringiovanire. Sia nella mitologia medievale che classica si narrava che la sorgente si trovava nel giardino dell’Eden.
Non tutti sanno che anche qui in Sicilia esiste la nostra fonte di eterna giovinezza che secondo la tradizione popolare, si troverebbe nella Valle del Belice ed è legata alla leggenda dei due pastori Cinzio e Corinzia.
Questo mito dell’immortalità ha impregnato i secoli coinvolgendo persino i cavalieri di re Artù nella loro frenetica ricerca del Sacro Graal, la coppa che guariva da ogni ferita e che donava la vita eterna e gli stessi alchimisti come Paracelso e Cagliostro impegnati nel loro strenuo compito di creare la pietra filosofale.
Un mito che però ha finito con il tormentare l’essere umano rovinandogli la bellezza del vivere in quanto sempre teso verso una vacua ricerca dell’eterna giovinezza, persuaso che essa sia la risposta a tutte le incertezze che ci angosciano e ci fanno vacillare.
Accettare il tempo che passa non vuol dire perdere se stessi ma arricchirsi di un bagaglio prezioso di esperienze e di saggezza.
Essere vecchi vuol dire aver vissuto.
Nel nostro passato, gli anziani della comunità si rispettavano come saggi, non a caso l’organo politico denominato Senato, istituito in epoca romana, deve il suo nome a Senex, parola latina, poiché nato proprio come assemblea di anziani.
Non volersi arrendere al naturale processo di invecchiamento ci illude di vivere in una eterna giovinezza e non ci rendiamo conto che, in fin dei conti, è proprio la morte che a dare un senso alla nostra vita.
Ma ci avete mai pensato a come sarebbe vivere una vita eterna da eterni giovani? Sempre uguale a se stessa, senza alcuno stimolo?
Che noia!