Uno degli effetti collaterali dell’infezione da Cov-Sars-2 è la riduzione dell’olfatto in alcuni pazienti che contraggono il virus. È quanto è emerso da una ricerca pubblicata sul Journal of Internal Medicine cui ha preso parte anche l’unità operativa del ‘Morgagni-Pierantoni’. «Siamo stati i primi, in uno studio internazionale pubblicato ad aprile». Lo fa sapere il dott. Giovanni Cammaroto. Il giovane medico messinese dell’Unità operativa di Otorinolaringoiatria di Forlì, diretta dal prof. Claudio Vicini, ha collaborato allo studio assieme a un team internazionale.
«Questa ricerca, per raccontarvi gli inizi della storia, – racconta il dottore messinese – è nata con il gruppo giovani della Società internazionale di Otorinolaringoiatria e con cui ho fatto ricerche anche su altri argomenti. E quando è scoppiata la pandemia, Jerome R. Lechien, ricercatore dell’Università Paris Saclay, molto attento nello studio del gusto e dell’olfatto e coordinatore dell’indagine, ha contattato molti membri tra cui me. A marzo abbiamo intervistato dei pazienti con il Covid e siamo stati i primi al mondo a segnalare la perdita dell’olfatto come uno dei sintomi del Coronavirus in una pubblicazione».
Il problema si verifica per lo più in malati, giovani uomini e donne, che presentano sintomi lievi e soltanto al 7 per cento dei malati gravi. Cosa è emerso? Che nel 95% dei pazienti ritorna entro 6 mesi mentre in altri ciò non avviene finanche per due mesi. In casi del genere, esiste una risposta terapeutica: «una vera e propria ginnastica, perché andiamo a stimolare dei recettori che sono danneggiati o impigriti dall’infezione somministrando degli odori particolarmente forti. Oli essenziali: eucalipto, limone, rosa, e chiodi di garofano, con lo scopo di stimolare qualcosa che è ipofunzionante».
«È stato fatto un lavoro sul campo – continua il giovane messinese – e io ero presente anche a questa fase. A settembre abbiamo pubblicato l’esito del monitoraggio dopo sei mesi e abbiamo visto che il 95% dei pazienti lo recupera totalmente. Ma abbiamo visto che c’ è un’ incidenza diversa tra chi ha una sindrome da coronavirus lieve e chi ha, invece, una forma grave. Abbiamo riscontrato, che una percentuale piccola con sintomi gravi ha problemi olfattori, mentre una percentuale molta alta con forma lieve presenta questi sintomi. Per cui vi è l’ipotesi clinica che la risposta immunitaria del soggetto che sviluppa una forma lieve sia diversa da un soggetto che sviluppa quella grave».
«È probabile – spiega il dott. Cammaroto avviandosi alla conclusione – che i pazienti che hanno sintomi meno gravi prestino molta più attenzione al problema dell’olfatto, mentre chi soffre di difficoltà respiratorie presenta meno sensibilità alla questione. Ciò influenza le risposte dei pazienti che sono stati monitorati. Per facilitare la ripresa dell’olfatto esistono esercizi olfattivi che espongono i pazienti a olii essenziali, caffè o altri aromi intensi, in modo da stimolare le fibre olfattive».