Viaggi

Il Crocevia della droga

Navigando il Rio Amazzonico, da Iquitos attraverso il Perù, dopo una breve sosta a S. Pablo de Loreto, reso famoso per essere stato un bancale di prova per la cura dei lebbrosi da parte del Che, proseguo fino ad arrivare al noto “Crocevia della droga”.
“Più tardi, avremmo sentito il desiderio di fermarci in altri luoghi stupendi, ma solo la foresta amazzonica sarebbe riuscita a bussare tanto e così forte alle porte del nostro Io sedentario[…] Costituiamo una sola razza meticcia che dal Messico fino allo stretto di Magellano presenta notevoli similitudini etniche. […] brindo al Perù e all’America Unita […] I bambini hanno il ventre gonfio e sono piuttosto scheletrici mentre i vecchi non presentano alcun segno di avitaminosi, al contrario di ciò che avviene fra genti più civilizzate delle zone montuose. […]. Così scrive Ernesto Che Guevara in Notas de Viaje. Dal 1952 ad oggi le problematiche nella Selva Amazzonica solo in parte sono cambiate.
Con una vecchia e malmessa lancia che imbarcava acqua e con una pioggia battente sono finalmente giunta al punto in cui Perù, Brasile e Colombia si incontrano. Decido di fermarmi a Tabatinga una cittadina fluviale del Brasile intimamente unita a Leticia, Colombia, punto questo particolarmente strategico per gli spacciatori di droga. A Tabatinga trovo alloggio per pochi dollari in una dimora dove a parte un letto con un materasso, un tavolo di legno e una sedia non c’è assolutamente nulla se non un bagno con doccia, per fortuna rigorosamente al buio. I primi giorni a Tabatinga mi sono serviti a trovare un modo per inoltrarmi all’interno della selva Colombiana. L’idea iniziale era quella di utilizzare i mezzi governativi, ma alla fine ho optato per qualcosa di più autentico e non privo di un pizzico di sana avventura. Un ex soldato peruviano che aveva prestato il suo scellerato servizio durante il governo di Alberto Kenya Fujimori, soprannominato il “Cino”, mi propone di entrare nella Selva Colombiana a bordo di una motocicletta presa in affitto. Al terzo giorno ci spostiamo in motocicletta da Tabatinga su Leticia in Colombia, tra le due città non esiste praticamente frontiera, il passaggio è semplice, unico controllo della polizia è la presenza del casco sulla nostra testa. Prima tappa un villaggio di indios all’interno della selva, sono tutti piuttosto diffidenti, ma alla fine il capo villaggio mi consente di effettuare un paio di scatti. Tra una sosta e l’altra il mio compagno di viaggio mi svela una serie di misfatti del governo di Fujimori, a danno non solo del noto movimento “Sendero Luminoso”, di stampo maoista, ma soprattutto nei confronti dei poveri andini. Il soldato peruviano è stato coinvolto in diverse operazioni criminose, lui stesso catturato dai guerriglieri, avvelenato e salvo per miracolo ha poi deciso di fuggire in Brasile.
Con il vento nei capelli e l’aria umida che colpisce il mio viso, la selva mi passa davanti, in questa natura quasi incontaminata, mi ritrovo tra l’estasi per quanto riesco ad ammirare e lo sdegno nei confronti della persona che grazie al vile denaro mi ha condotto verso un’esperienza che mi lascia con l’amaro in bocca per quanto mi è stato raccontato. Rifletto sulla mia incoscienza, consapevole che solo una persona che non ha più nulla da perdere poteva rischiare di portare una turista in un’area battuta da narcotrafficanti.

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