Cultura

Terza giornata del workshop “Il giornalismo che verrà” 

Molto spesso si pensa che l’avvento di internet abbia aperto la strada ad un mondo nuovo. E se invece fosse l’era del libro, che in molti reputano agli sgoccioli, ad aver rappresentato un’eccezione, mentre il futuro che ci aspetta sarà un ritorno al passato? Queste alcune delle stimolanti prospettive emerse durante uno degli incontri più avvincenti della terza giornata del workshop “Il giornalismo che verrà”, organizzato a Catania dal Sicilian Post, che ha visto come protagonista Jeff Jarvis. Quello con il giornalista e docente statunitense è stato il primo appuntamento di un pomeriggio denso di eventi, svoltosi interamente nella cornice della Sala del Rettorato dell’Università di Catania, che ha visto alternarsi figure di primissimo piano del mondo dell’informazione: dal direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana al sociologo canadese Derrick De Kerckhove, passando per la direttrice di Media 2000 Maria Pia Rossignaud.

Ha preso le mosse dal suo recentissimo volume “The Gutenberg parenthesis” (La parentesi Gutenberg) l’intervento del giornalista Jeff Jarvis, docente presso la Newmark School of Journalism presso la City University di New York, durante il panel moderato dal direttore di Pagella Politica Giovanni Zagni e introdotto dal Magnifico Rettore dell’Università di Catania Francesco Priolo. Un affascinante viaggio nel tempo, dall’invenzione della stampa ai giorni nostri, animato dal desiderio di scoprire in che modo le innovazioni tecnologiche abbiano rivoluzionato il nostro modo di pensare. «Dall’era di Gutenberg e da quella dei mass media abbiamo ereditato la tendenza a vedere il mondo come una narrazione lineare, con un inizio e una fine ben scanditi. Tuttavia, la storia è uno strumento del potere e la complessità del reale non corrisponde al nostro bisogno di renderla comprensibile. Dobbiamo superare quella forma di ragionamento: il giornalismo è servizio per le comunità e la forma deve sempre seguire il servizio». Ma un giornalismo che accolga un pluralismo integrale, come quello suggerito da Jarvis, non contribuirà forse ad alimentare divisioni? «Credo che per troppo tempo, soprattutto negli USA, abbiamo peccato in senso contrario. I media hanno creduto che un solo punto di vista fosse quello valido, ovvero quello dell’uomo bianco. Ma oggi il digitale è una cassa di risonanza per tutte quelle comunità che fino ad ora non si sono sentite rappresentate: penso al movimento Black Lives Matter. Il reale è pieno di sfumature ed è nostro dovere raccontarle».

Eppure, nonostante le possibilità che offre, da più parti il digitale continua ad essere additato come uno dei motivi principali della crisi di fiducia nei media tradizionali. Specie da quando le IA generative come ChatGPT hanno dimostrato le loro sorprendenti capacità. «A differenza di quanto viene riportato da molta stampa – ha spiegato Derrick De Kerckhove, protagonista del secondo incontro del pomeriggio, moderato da Guido Nicolosi, docente di Sociologia delle reti presso Unict – non credo affatto l’IA rappresenti per l’umanità un pericolo esistenziale paragonabile al cambiamento climatico o agli ordigni nucleari. Quella a cui stiamo assistendo è piuttosto una vera e propria crisi epistemologica. Fino ad oggi, abbiamo potuto contare sul linguaggio umano come “sistema operativo” attraverso cui produrre un senso che fosse ancorato ad un referente della realtà. Un aggancio che costituisce il nucleo del giornalismo. L’intelligenza artificiale ha in qualche modo hackerato questo sistema operativo, conducendoci ad una deriva per cui produciamo significati senza passare dalla ricerca del senso. Dobbiamo cominciare a pensare ad un’umanità che sia collaborativa con questi sistemi e che sappia sviluppare un’intelligenza non più individuale, ma collettiva e connettiva». D’altro canto, come ha tenuto a precisare Maria Pia Rossignaud, non può esistere un giornalismo che non faccia leva sull’aspetto umano: «Non possiamo demonizzare le trasformazioni. Dobbiamo, piuttosto, analizzarle e interpretarle. Per questo i giornalisti devono tornare a fare affidamento sulle loro qualità, ovvero osservare la realtà e darle un contesto, cosa che una macchina non può e non potrà mai fare. In questo senso, io non ho paura di ChatGPT: perché soltanto il giornalista può rendere qualcosa di altrimenti invisibile, come le emozioni umane, visibile.

E se il digitale è una sfida ancora in atto e di cui non conosciamo ancora tutti i risvolti, i quotidiani cartacei sono stati costretti ad adattarsi sin da subito una nuova realtà. Uno su tutti il Corriere della Sera, traghettato per una cospicua parte di questo tragitto dal suo direttore Luciano Fontana, protagonista di un incontro durante il quale ha risposto alle domande del pubblico accorso numeroso. «Senza dubbio, il dilagare delle fonti di informazione digitale costituisce un rischio per uno spazio di discussione aperto e democratico. Molti tra i contenuti che circolano in rete sono inesatti o parziali, se non addirittura faziosi. I media tradizionali, in tal senso, devono resistere alla tentazione di ritagliarsi un proprio spazio offrendo anch’essi contenuti altamente polarizzati. Credo che il ruolo della stampa e dei giornalisti sia invece quello di offrire ai lettori la possibilità di scoprire orizzonti nuovi e, magari, lontani dal proprie idee precostituite».

I PROSSIMI APPUNTAMENTI
Il workshop prosegue giovedì 8 giugno nei locali di Isola Catania (Piazza Cardinale Pappalardo, 23). Primo appuntamento del pomeriggio fissato per le 15:30: protagonista sarà la direttrice de La Nazione, Il Giorno, Il Resto del Carlino e Quotidiano Nazionale Agnese Pini. Al centro del dibattito il ruolo del giornalismo come garante di un dibattito pubblico democratico e autorevole in un contesto di infodemia. Dialogherà con lei Joshua Nicolosi, coordinatore del Sicilian Post. Alle 16:30, spazio a Giovanni Parapini, direttore di Rai Umbria, che si soffermerà sull’importanza del giornalismo locale nella valorizzazione dei territori. A moderare l’incontro sarà Giuseppe Di Fazio, giornalista e coordinatore del workshop. L’ultimo panel di giornata, alle ore 17:30, vedrà alternarsi tre protagonisti sul tema del fotogiornalismo e del reportage di guerra a partire dal volume Rivoluzioni. Ad offrire il loro punto di vista saranno il fotoreporter Ivo Saglietti, la curatrice Tiziana Bonomo e il reporter de La Stampa Domenico Quirico. Introdurrà il dibattito il presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia Roberto Gueli

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