Cronaca

Ginevra Bacciarello, un enigma lungo un secolo

“È una guerra che ha un obiettivo immediato: annientare, ridurre al silenzio una donna che ha osato alzare la testa, che ha detto no, che ha scelto.” (da “Se questi sono uomini” di Riccardo Iacona). Mai frase fu più adatta per descrivere la storia e personalità dell’artista acese Ginevra Bacciarello. Intorno alla sua vicenda personale, intrisa d’arte, emancipazione e mistero sono stati redatti vari libri, ricordiamo in particolare la biografia “Ginevra Bacciarello. Una vita, una morte, un mistero.” di Vincenzo Costanzo e il volume “Ginevra Bacciarello. Il destino di una pittrice” di Leda Vasta. Le celebrazioni del suo genio pittorico continuano: Acireale, la città che fu la cornice della sua particolare esistenza, dedica alla nota pittrice lo slargo antistante la Chiesa della Madonna dell’indirizzo. La richiesta inoltrata dalla giornalista e scrittrice Mariella Di Mauro è stata accolta: il 25 maggio si è tenuta infatti la cerimonia ufficiale. La talentuosa pittrice acese morta giovanissima in circostanze misteriose, rappresenta uno dei casi mai risolti di cronaca nera in Sicilia. Tanti sono i quesiti rimasti senza risposta intorno alla difficile vita della pittrice. Ginevra Bacciarello visse una realtà di abusi frutto di logiche violente tanto arcaiche quanto attuali. Il drammatico epilogo del suo passaggio terreno, che pur ha lasciato segni tangibili nel campo artistico e nella memoria di molti, è un enigma assoluto che oscilla tra ipotesi diverse: suicidio o femminicidio? Le logiche opprimenti nella violenza di genere e l’ampia portata di questo terribile fenomeno hanno una tragica costanza nel tempo, nelle culture e nelle classi sociali. Accettare la violenza come un fatto culturale maturato, nella maggior parte dei casi esaminati, in ambito familiare ha radice antichissime: il primo femminicidio della storia risale al 160 d.C. e oggi l’analisi statistica conta circa 150 casi all’anno in Italia, un totale di circa 600 omicidi negli ultimi quattro anni. Significa che in Italia ogni due giorni (circa) viene uccisa una donna; se ne contano migliaia nel mondo. Un dubbio assilla i documentaristi e i ricercatori: è ascrivibile a quel ventaglio scarlatto il mistero intorno all’ infelice esistenza di Ginevra Bacciarello? Tralasciando in questo contesto le diverse teorie tese al raggiungimento di un’analisi approfondita sui profili socio-culturali di aggressore e vittima elaborate dalla comunità scientifica, ripercorriamo le tappe biografiche dell’artista acese. Nel cimitero di Acireale, tra tombe malinconiche e abbandonate, si delinea una tomba monumentale, una sorta di sarcofago bianco a cielo aperto, scolpita su un sepolcro, la figura esile ed elegante di una donna con i capelli raccolti e le mani incrociate sul ventre. La grazia di quell’immagine rende impossibile non notarlo, ma dietro tanta beltà si cela una vicenda drammatica e brutale: l’enigma della morte di Ginevra Bacciarello. Terza di quattro figli, Ginevra Bacciarello nacque ad Ancona il 26 marzo 1890 da una famiglia benestante. Sua madre, Caterina Turco, morì quando Ginevra era ancora piccola, a causa di alcune complicazioni sopraggiunte dopo l’ultimo parto. Il padre, Michele, era un ingegnere e funzionario delle ferrovie. Per via delle esigenze lavorative di quest’ultimo, nel 1905, tutta la famiglia si trasferì a Roma e Ginevra scelse di dedicarsi all’arte. S’iscrisse all’Istituto di Belle Arti e si diplomò con successo nel 1910. Talentuosa e promettente, divenne una delle promesse artistiche italiane del tempo. A Roma conosce l’artista acese Luciano Condorelli; i due si innamorano e convolano a nozze, con rito civile, il 28 maggio del 1912. Determinata a seguire il marito, forse per allontanarsi da un padre troppo oppressivo, il giorno dopo il matrimonio partì alla volta di Acireale, dove lei e Condorelli si trasferirono definitivamente. L’unione tra i due non fu semplice: i forti contrasti mi portarono ad allontanarsi, per in seguito appianare le divergenze e tornare a vivere sotto li stesso tetto di via Currò. Libera, intraprendente, indipendente, Ginevra fondò un circolo culturale dedicato a Vincenzo Bellini. La sua intraprendenza si scontrò con una società maschilista e arcaica che relegava il ruolo della donna a riduttivo “angelo del focolare”. L’ambiente fortemente patriarcale e la presunta infedeltà del marito, di cui era profondamente innamorata, contribuirono a uno stato di sofferenza e tristezza. Durante l’isolamento sociale sempre più profondo a cui fu costretta, Ginevra scriveva al padre: “Tu non volevi, ma lo volevo io. Inseguivo la libertà consacrata, ecco la diversità d’ amarci… lui scolpiva con la mano, io dipingevo col cuore e reclamavo la purezza d’intenti che l’arte promuove”. Tratte dal monologo teatrale “Vestale di maschere” di Rita Caramma, rappresentato a partire dal 2011 al Teatro del Tre di Catania con la regia di Gaetano Lembo, registrando il “tutto esaurito”. Un anno dopo il 9 luglio 1913 in una caldissima mattina, la tragedia: il suo corpo esanime fu ritrovato nella casa di via Currò, avvolto in una lunga veste bianca sigillata da spille di sicurezza e cosparso di petali. La causa della morte fu un colpo di pistola al cuore. Vicino al corpo un biglietto recitava: “La luna e le stelle accoglieranno l’anima di Ginevra Bacciarello”. Il corpo di seppellito il giorno dopo. Sulla morte vennero avanzate diverse ipotesi, ma nessuno né il padre, né il marito, né la magistratura chiesero l’apertura delle indagini. A quel mondo di tragica follia che ne provocò la morte, Ginevra lasciò un’opera all’interno della cappella dell’Eremo di Sant’Anna: l’affresco “La Madonna dei Cipressi”, un autoritratto dal quale l’artista guardava a un futuro che gli venne negato da una società legata alle consuetudini, avversa al progresso, e priva di quel sentimento empatico ponte di comprensione tra la sfera artistica e il vissuto personale.

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