Tutti contro tutti
Il Salone internazionale del libro si è appena concluso e quello che ne resta è un netto sentore di sconfitta in cui tutti hanno perso.
Quello che avrebbe dovuto essere un importante momento di promozione delle più alte forme di pensiero, per una cultura di dignità e di progresso, si è rivelato uno squallido ring in cui si sono fronteggiate le più basse forme di prevaricazione reciproca che non hanno consentito alcuna forma di libero dibattito ma si sono dimostrate fortemente divisive mettendo tutti contro tutti.
Utopisticamente sarebbe stato entusiasmante assistere a degli stimolanti incontri tra menti aperte e critiche ma, forse, abbiamo preteso troppo da un sistema che ci ha resi ostili e che ci ha abituati a un atteggiamento di supponenza e di arroganza.
L’unico modo che conosciamo per rapportarci è quello dello scontro verbale senza alcuna possibilità di replica.
Meglio ancora se rivestita dalla lucida patina del colore politico che è, secondo una crescente radicalizzazione del pensiero comune, l’unico e solo fattore determinante per stabilire chi è cattivo e chi è buono. Nella nostra bella società democratica non contano più le nostre qualità individuali o morali, ma esclusivamente la nostra appartenenza politica. Chi oggi crede ancora che bastino da sole a identificarci è un povero illuso.
E’ l’ideologia politica, prevaricante, prepotente, dittatoriale e assoluta che contraddistingue i nostri pensieri e le nostre azioni!
Una sfacciata presunzione che è fiorita superbamente all’ombra del padiglione torinese e che ha alimentato la tracotanza e la violenza verbale poiché questo è l’unico modo che conosciamo per prevaricare sugli altri quando questi esprimono idee contrarie alle nostre. E ci si dimentica troppo spesso che solamente da un confronto di idee differenti si genera un arricchimento reciproco e mai dal pensiero unico.
Ma, si sa, questi sono solo vecchi concetti, illusioni delle generazioni passate, adesso bisogna urlare, insultare e impedire di parlare.
La contestazione, imprescindibile diritto di libertà individuale, è stata trasformata in una sorta di vuota contrapposizione in cui viene svilito lo stesso diritto di protesta.
E quest’anno, secondo questo mirabolante modus operandi, all’interno della Fiera del Libro, numerose sono state le proteste che, se pur legittime, per il modo aggressivo con cui sono state messe in atto, hanno generato inutili e sterili tafferugli come la contestazione all’immunologa Antonella Viola, che nonostante il suo ruolo, non è stata in grado, o forse non ha voluto, di dar voce a un oppositore e di affrontare un confronto libero tra opinioni differenti, che giuste o sbagliate che siano hanno pur sempre piena legittimità di essere manifestate .
Se non addirittura dei veri e propri scontri in cui l’orientamento politico è stato decisivo per decretare la colpevolezza e per privare del diritto di replica.
A Eugenia Roccella, ministro per le Pari Opportunità e la Famiglia, è stato letteralmente impedito di presentare il proprio libro. Gli agguerriti e bellicosi attivisti hanno emesso la loro sentenza di condanna senza offrire alcuna possibilità di dialogo.
Indipendentemente dalle rispettive appartenenze ideologiche e dal sacrosanto diritto di libera opposizione, quello che trafigge con la stessa dolorosità di una coltellata, è che oggi, in pieno 2023, a un individuo libero è stato negato il diritto di controbattere. E tutto questo è accaduto in una società democratica come la nostra, da parte di individui che, dopo aver sbandierato ai quattro venti, la loro strenua e indefessa lotta contro ogni forma di limitazione della libertà personale, hanno invece tolto quella stessa libertà che tanto osannano.
Ma non è che forse, i tanto acclamati diritti acquisiscono un valore diverso a seconda dello schieramento politico a cui si appartiene?
A causa di questa triste contrapposizione ideologica, una contestazione che avrebbe potuto rivelarsi proficua se fosse sfociata in un dibattito, si è invece tramutata in un atto antidemocratico e illiberale, poiché ogni volta che si protesta in modo prevaricante si finisce, paradossalmente, con il negare agli altri quegli stessi diritti in nome dei quali si lotta.
Sono bastati solo pochi giorni per trasformare questo importante evento culturale in un grande palcoscenico in cui sono andate in scena tutte le contraddizioni che affliggono la nostra realtà politica che, povera di programmi e di contenuti, non trova altro modo per esprimersi se non l’aggressività e la repressione delle idee altrui.
Trincerati dietro alla arrogante presunzione di essere dalla parte giusta, abbiamo perso l’occasione di godere di questo significativo scambio intellettuale e l’abbiamo degradato nell’ennesima stortura politica fatta di vecchie e dispotiche tattiche che sembrano aver rispolverato gli ingloriosi squadroni del passato.
E tutti ci siamo dimenticati, che la politica, quella vera, prendendo esempio dalle passate concezioni illuministiche, è al servizio dell’uomo e dei diritti naturali e civili di tutti, e non è uno strumento di divisione e di contrasti interni.