Spettacoli

“Sicilia Stupor Mundi”: un incredibile viaggio teatrale

“Sicilia Stupor Mundi” è il titolo della rappresentazione teatrale firmata da Centro Studi Artistici, scritta e interpretata dall’ attore Carmelo Rosario Cannavò, con i figli Diego e David Cannavò, musiche originali di Michele Romeo. Uno spettacolo coinvolgente, avvincente e divertente per prendere consapevolezza di vivere in una terra ricca di storia, di cultura ed esserne orgogliosi.
Un ragazzo siciliano sta studiando nel soggiorno di casa dove, in bella mostra su di una parete, vi è appeso un quadro in cui è ritratto un suo vecchio antenato. Quel giorno riceve la visita di un caro cugino rientrato da Milano, dove ha trascorso qualche mese per motivi di studio. Il cugino siciliano, in poco tempo è diventato nei modi di fare e di parlare un perfetto milanese. Ai modi si aggiunge il disprezzo per la sua terra, la Sicilia, della quale ne parla utilizzando tutti gli stereotipi e luoghi comuni che ha sentito nella sua breve permanenza a Milano. Mano a mano la figura del quadro, disgustata dalle affermazioni e le false verità attribuite alla sua terra, prende vita fino materializzarsi in carne ed ossa nella stanza. Da quel momento comincerà per i due ragazzi un incredibile viaggio nella storia della Sicilia.
Un modo innovativo di raccontare la millenaria storia della nostra terra, una storia lunga e complessa troppe volte velata da pregiudizi e preconcetti, che attraversano persino l’ambito accademico. Un patrimonio culturale vasto e particolareggiato, raccontato in modo amichevole e ironico, in un viaggio che pur allontanandosi dalla storiografia ufficiale, si presenta come il risultato di una ricerca personale frutto di una ricostruzione fedele e una critica storiografia tanto alternativa quanto esatta. Lo spettacolo di parola Sicilia Stupor Mundi costituisce una finestra di approfondimento nella quale si delinea, tramite una comicità frizzante, un percorso teso a ricostruire un quadro di quel miscuglio genetico e culturale caratteristico di una storia di oltre 3000 anni. Un unicum assoluto, attraverso il tempo e lo spazio, che rievoca l’anima di un popolo considerato eccezionale per la sua capacità di autorigenerazione palesata in ogni momento di incontro scontro interculturale e interetnico. Nel costrutto non si rasenta alcun scopo agonistico né alcuna finalità sterilmente patriottica, piuttosto si tratterebbe di un sunto didascalico e pedagogico in una dimensione parallela, priva di superficialità, sviscerata con dovizia di particolari in un dialogo a tre che si realizza mediante una scenografia minimalista, atta a dirigere l’attenzione dello spettatore sul tema: raccontarsi per raccontare. Raccontare un’identità strappata, una storia violata, una terra stuprata da un stato fedifrago, ma soprattutto una terra in cui riecheggiano le voci ataviche di dei, di uomini e eroi. Sulla scena lo spettacolo si realizza mediante una molteplicità di mezzi da un parlato dialettale reso spontaneo dalla capacità degli attori di proiettare lo spessore psicologico dei personaggi in uno spazio ben più ampio della dimensione regionale e locale e di coinvolgere la platea nello studio di avvenimenti di importanza nazionale e mondiale, alle musiche di scena che non solo accompagnano lo svolgimento ma che contribuisce ad acuirne l’intento. Di particolare interesse il finale affidato alle note del brano “Sugnu sicilianu e mi nni vantu”, ascrivibile a composizioni celebrative e innari, destinato a promuovere, per testo, musica e lingua di tono popolare con forma strofica, l’importanza del recupero di un’ identità storica depredata da ogni sua peculiare autonomia e che, nonostante la lacunosità e incompletezza delle ricerche ufficiali che spesso vengono sovrastate da iniziative individuali, viene così riproposta nella sua eccelsa completezza.

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