L'Intervista

Marcella Argento, un vulcano di nuove idee letterarie

Nella sua città dirige un centro polidiagnostico e si prende cura della sua famiglia, ma trova sempre il tempo per scrivere delle pagine da regalare ai suoi affezionati lettori, le quali riescono a stimolare domande e suscitare forti emozioni.
Nei suoi romanzi mette a nudo l’animo umano, facendo risaltare la convivenza del bene e del male, spingendo il lettore in un’azione di piacevole introspezione.
Come l’Etna, il vulcano che incombe su Catania la mente della scrittrice siciliana erutta sempre nuove idee. Nei suoi ultimi romanzi si apprezza uno stile nuovo, il Chimerismo, un genere letterario inventato dall’autrice, in cui oltre a un’attenta ricerca delle parole si apprezzano la poesia e i disegni realizzati da Marcella Argento.

Potrebbe raccontarci qualcosa relativa al suo lavoro al territorio in cui vive?

Io svolgo la funzione di Direttore Sanitario in una casa di cura privata accreditata con il Servizio Sanitario Nazionale. Quello che mi sento di raccontare in questo momento riguarda l’attuale situazione della Sanità in Italia e comunque in tutto l’occidente, che diventa di giorno in giorno sempre meno sostenibile. Infatti, a dispetto della qualità che aumenta progressivamente, nel tentativo sincero e sentito di offrire una sempre più vera umanizzazione del servizio, che si traduce in empatia, conforto pratico ed emotivo, attenzione ai bisogni, cura impegnata e terapia improntata alla salvezza e poi alla guarigione del paziente… c’è da parte dell’utenza sempre maggiore pretesa, con frequenti atteggiamenti aggressivi soprattutto da parte dei parenti che non perdono occasione per minacciare la famosa “chiamata dei carabinieri” o la temuta “causa per risarcimento danni”. In questa atmosfera da incubo, il medico diventa vittima di un sistema sempre più vessatorio che lo porta ad attuare la medicina difensiva.
Non potrò mai dimenticare la mia esperienza in un ospedale di Roma, dove spesso, quando parlavano i clinici, l’argomento principale verteva sul “pararsi il sedere dalle denunce”. Non c’era più la preoccupazione per il paziente, c’era la preoccupazione per la propria persona, che preferiva agire solo ed esclusivamente seguendo protocolli prestabiliti, anche se sapeva perfettamente che non sarebbero stati i migliori per la salute di quel paziente in particolare. Infatti, seguendo i protocolli, il medico sarebbe stato al sicuro sempre e comunque; se invece avesse agito con scienza e coscienza, in caso di fallimento delle cure, avrebbe subìto una denuncia e non avrebbe potuto difendersi.
Nella casa di cura dove lavoro non siamo arrivati a questi livelli, probabilmente per una sorta di ossessivo senso di “missione”, per cui a dispetto di tutto, prima viene il paziente (che deve essere salvato a ogni costo) e poi viene il medico, che accetta di difendersi in tribunale purché sia in pace moralmente.
Ma gli errori sono comunque sempre dietro l’angolo, dato che la medicina non è scienza perfetta e che il medico non è divino, piuttosto un essere umano, e a volte non riconosce la malattia, non indovina la terapia o non riesce a fare il corretto gesto con la mano durante l’intervento chirurgico. In quel caso il risarcimento è necessario. Il problema è che questi risarcimenti diventano sempre più onerosi, chiedendo al medico o alle strutture sanitarie un premio assicurativo sempre più alto e si rischia, a mio avviso, un collasso delle strutture private e persino del Sistema Sanitario Nazionale.
Che cosa farà l’utenza, che oggi per un cheloide (cicatrice ipertrofica e antiestetica) di troppo, o perché non ha potuto fare l’amore per un mese, chiede risarcimento e poi, spesso, lo ottiene pure? Cosa farà, quando non ci saranno più aziende che potranno curarla?

La sua passione per la scrittura è molto nota, ma ai nostri lettori potrebbe interessare conoscere la sua passione per la lettura. Quanto tempo dedica alla lettura? Quali generi letterari predilige?

Leggo quando posso: in metro, prima di addormentarmi, nei momenti di relax, in bagno, nelle attese, in fila… Non saprei dire quanto tempo, perché il tempo dedicato alla lettura varia tantissimo di giorno in giorno. Ma leggo diversi libri contemporaneamente, perché ne ho uno per ogni luogo di lettura, e questo mi aiuta a non fermarmi mai.
Riguardo il genere che prediligo, non c’è un particolare argomento che mi piace; viceversa, posso dire con certezza che non mi piacciono i gialli e i polizieschi, poco i thriller. Amo gli scritti introspettivi, psicologici, che scavano nei ricordi, nei sentimenti. Amo la ricerca della lingua, le descrizioni poetiche e appassionate, l’amore per i personaggi.

E tutto questo è presentissimo negli scrittori siciliani, spesso pieni di cuore, profondi e scoraggiati. D’Arrigo, Capuana, Verga con le sue novelle, Pirandello geniale fino all’esasperazione… e se andiamo sulla poesia, Martoglio e Grasso… Poi mi piacciono anche gli esordienti, coloro che sono nascosti, ma valgono lo stesso e forse saranno riconosciuti almeno dai posteri, come Vladimir Di Prima, Pietro Mazzamuto, e Marisa Liseo per le poesie. Giulia Sottile è ottima saggista, ma non ho ancora avuto l’onore di leggere un suo romanzo.

Uno scrittore potrebbe fare anche a meno di leggere gli altri autori, oppure la lettura per chi ha la passione della scrittura è una condizione necessaria per una buona produzione letteraria?

Sembra che la vendita dei libri sia sempre più in crisi, intanto però aumentano in proporzione gli scrittori, tutti diffusamente bravi, molti di grandi aspettative, magari mai realizzate. Pochi di loro leggono veramente. Pochi di loro, poi, leggono libri che sono degni di essere letti, ovvero i libri che potrebbero aiutare gli scrittori a crescere ancora e sempre. Solo in un caso accadde che uno scrittore stabilì di non toccare più libri d’altri. Per non lasciarsi influenzare da stili estranei, diceva, per non lasciarsi distrarre dalla strada maestra da lui intrapresa. Era convinto che ormai, grazie alla sua immensa esperienza, tutto quello che doveva imparare dagli altri lo aveva appreso. Adesso gli toccava essere completamente sé stesso e limitarsi a dare. Era Stefano D’Arrigo con il suo Horcynus Orca.
Tornando alla domanda, uno scrittore che non legge è come un calciatore che va in partita senza allenamento, come un ingegnere che non sa far di conto. Uno scrittore che non legge, o prende ispirazione dal campo di Akasha (come gli indemoniati che parlano lingue che non conoscono), oppure ha qualcuno che gli scrive il libro, oppure ancora scrive qualcosa che non è di interesse letterario. Per me, la lettura è il cibo dello spirito e la scrittura è una porta aperta sullo spirito. Come si fa a scrivere bene dello spirito, se non lo si nutre?

Quando ha capito di avere la passione per la scrittura?

Forse quando ho imparato a prendere una penna in mano? Quando ho avuto la fortuna di avere i tasti di una macchina da scrivere sotto le dita? La passione mi è stata avvalorata alle superiori, nell’istante in cui la mia insegnante d’Italiano, Suor Lidia, dura e spietata con tutte le sue alunne, odiata dalle altre, amatissima da me, perché stava lì a insegnarmi veramente e non a coccolarmi, mi disse: “Chissà che tu non diventerai una scrittrice!”. E io rimasi folgorata, mi accorsi di quanto mi piacesse leggere Stephen King e qualsiasi romanzo mi mettessero sottomano, mi accorsi che mi divertivo a inventare storie per gran parte della giornata e… fra il serio e il faceto… pensai: Chissà!

Ricorda quando ha sentito di scrivere qualcosa? Una poesia? Un racconto? Qualcosa che ricorda con affetto e che magari non ha mai proposto a una casa editrice?

No, nessuna poesia… solo lettere all’inizio, lettere dei miei personaggi ad altri personaggi. Poi la continuazione di un romanzo finito male per creare un’alternativa a me confacente. Per molti anni ho scritto almeno un libro l’anno. Ma questi sono tutti nel cassetto.

Il suo lavoro richiede sicuramente tantissimo tempo e le sottrae tante energie, quando trova un momento da dedicare soltanto alla scrittura dei suoi romanzi? Ha anche un angolino tutto per sé in cui può dedicarsi alla sua passione indisturbata?

Il lavoro e i miei figli, sì, tolgono tempo alla scrittura, soprattutto energie. Ma, siccome io sono come una molla che si comprime progressivamente, mano a mano che si allontana il giorno in cui ho preso la penna l’ultima volta, arriva il momento in cui questa molla scatta e allora butto giù tutto alla velocità di un grafomane… insomma… o scrivo tantissimo, o non scrivo affatto… E dipende solo dalla fatica, dalla quantità di sonno e dalle preoccupazioni. Poi però, quando parto, posso scrivere dovunque, pure sul cartone… ma soprattutto sulle pagine delle agende e sui fogli da riciclo. Adoro usare fogliettini da buttare, magari di colori diversi, con righe e senza righe… a quadri, di diverso spessore… tutti fogli che mi diverto a riempire, a cui mi piace dare un preciso significato. Perché per me la carta è sacra e va usata fino all’ultimo angolo. La penna invece deve essere comoda, scorrere velocemente senza affaticare le dita. Deve essere tradizionale, farmi percepire quel leggero attrito, la sensazione della sfera che rotola senza incepparsi, silenziosamente, lasciando un tratto chiaro e che non sbavi.

Quali sono le sue pubblicazioni?

A parte il libro d’interviste: “Visite Domiciliari”, a cura di Mario Grasso, grazie al quale ho potuto conoscere e intervistare scrittori e artisti di fama locale e nazionale, ho esordito con “Victimae” nel 2002, thriller che ha come protagonisti un bravissimo chirurgo e l’oggetto del suo rapimento, Giò, bambino dalla mano deforme. Poi nel 2005 c’è stato “Chimaira”, che narra di un uomo-pesce che si aggira per Catania e provincia, uccidendo indifferentemente cani e uomini. Infine nel 2023 “San Giuda”, saga che narra di un Prete incaricato di salvare dalla follia un uomo di chiesa considerato il santo per eccellenza. Tutti questi libri sono stati editi da Prova D’Autore e hanno un filo conduttore comune: la lotta fra la violenza e l’amore, la dualità del vivere, vincendo, e del soffrire, perdendo. Sono ricchi di rabbia e di passione, alcuni un po’ splatter, sfrenati e senza peli sulla lingua. Sono libri di denuncia che trovano soluzioni anche alla peggior forma di disperazione.

Chi sono i suoi lettori?

Dipende, ovviamente dal libro. Victimae, per esempio, è il libro che accoglie l’interesse di molti strati sociali sia a livello d’istruzione sia in relazione all’età. Essendo un libro diretto, ma dagli argomenti forti, attira le persone semplici come chi vuol fare introspezione, chi è interessato alla denuncia, chi crede nei percorsi catartici. Quando lo pubblicai, ebbi ottimi riscontri fra gli anziani, gli adulti e i giovani e fu una grande soddisfazione, un successo.
Visite domiciliari, invece, fu accolto dagli studiosi, perché era un libro di nicchia, per pochi che avessero l’interesse di informarsi su argomenti di elevata letteratura o sulle nuove leve dell’arte.
Chimaira ha colpito i letterati, gente che ama scavare e lavorare sulle parole.
Ora San Giuda è un racconto più complicato, ma alla portata di chi ha voglia di novità. Anche qui ricevo riscontri più dai letterati che dalla gente comune, visto che oggi si è meno attratti dalla lettura, ma molto distratti dal cellulare e dalla tecnologia.

Da Victimae, la sua prima e fortunata pubblicazione è passato qualche decennio, la sua attività di scrittrice ha subito un’evoluzione?

Temo di essere cambiata drasticamente da un punto di vista stilistico, ma di aver conservato quella passione, quella capacità di lasciarmi ispirare e quella profondità che sono presenti in Victimae. Spero di essere maturata e di essere in grado di raccontare una storia più complessa e completa… ma questo dovrebbe essere il lettore a dirlo.

Nelle sue pubblicazioni emerge una convivenza del bene e del male, vuole commentare questo tema che nei suoi romanzi incolla i suoi lettori alle pagine del libro?

Al di là delle modifiche che la favola sta subendo, visto che ormai è diventata eresia assimilare un lupo alla malvagità, quando eravamo bambini, ci insegnarono che il lupo è cattivo e cappuccetto rosso, come la nonna e il cacciatore, sono buoni.
Semplicissimo.

Quanto ai dinosauri, c’era qualcosa di schizofrenogeno, perché nei cartoni animati i dinosauri buoni erano erbivori e quelli cattivi erano carnivori. Ho riflettuto molto, nel seguirli, chiedendomi quale fosse il messaggio dello scenografo, dato che poteva essere interpretato in due modi: “Badate di diventare vegani!”… oppure, ancora peggio: “L’uomo, dato che mangia carne (perché mangia carne, certo), è cattivo!”. Poi sono arrivati altri cartoni animati, come il famigerato Ken il Guerriero (Hokuto no Ken), dove del tizio malvagissimo sistematicamente si svelavano le ragioni, le parti buone, le qualità, soprattutto in fin di vita, quando a piangere eravamo tutti, i personaggi del cartone animato quanto gli spettatori. Infine la filosofia orientale, dove Yin e Yang sono complementari e nessuno può esistere senza l’altro.
C’è stata, insomma, progressione verso l’apertura mentale, verso la comprensione che non può esistere forma senza luce e ombra, che non si può gioire, se non si conosce la privazione, che senza paura non c’è il coraggio e che l’amore è privazione di morte, il che significa che i due opposti sono necessari per dare senso a entrambi. Io ho cominciato a capire che i personaggi in cui mi identificavo, nonostante fossero buoni, avevano difetti… nello stesso modo i loro nemici, sapevano essere anche affettuosi. E non potrò mai dimenticare la frase detta e ripetuta come esempio nei ragionamenti con amici e compagni: anche il più terribile SS che lavorava nei campi di concentramento, quando tornava a casa, sapeva dispensare dolcezze ai propri figli. L’aberrazione più totale, la crudeltà incommensurabile corrispondeva, a casa, nel proprio intimo e nella vita di tutti i giorni, a una paradossale normalità.

Lei ha inventato il Chimerismo, vuole spiegare perché nasce, come nasce e in cosa consiste questo nuovo genere letterario?

La nostra capacità creativa può essere un mosaico di forme e stili artistici. Oggi si tende moltissimo a mischiare più generi in uno stesso prodotto. A cominciare da Roger Rabbit, che ha utilizzato un personaggio di cartoni animati in un contesto cinematografia con attori reali; a continuare con Gumball, un cartone animato dove gli sfondi sono reali e i personaggi disegnati con tanti stili diversi e la storia stessa è raccontata utilizzando versi, narrativa, vari ritmi, vari argomenti molto discosti fra loro; e finendo con Kill Bill, dove a scene di film si alternano scene di cartoni animati… L’utilizzo nei video di diverse arti è sempre più presente.
Nella scrittura non è più complicato. Io ho voluto creare qualcosa di assolutamente nuovo, che potesse riunire nello stesso contesto una serie diversa di metodi narrativi o di generi. Con il mio romanzo Chimaira ho iniziato questo percorso. Infatti, al di là della storia che parla appunto di un essere chimerico che viene dal mare, ho deciso di utilizzare tecniche narrative originalissime. In un paragrafo, per esempio, facevo riferimento ai quadri di un pittore, che mi avevano ispirato una sorta di saggio poetico, astratto, che ho inserito senza difficoltà nella storia per metaforizzare un avvenimento forte. Un’altra idea di valorizzazione chimerica riguardava l’utilizzo di brani di libri o intere canzoni che utilizzavo per realizzare diverse parti. Per fare un esempio: “Io dal mare” di Claudio Baglioni. E ho scelto quella perché era molto indicata per l’argomento del libro, ma soprattutto perché l’ho sempre amata. Ho usato, citandole, le parole di Baglioni, dell’intera canzone, inserendole dentro un solo capitolo e facendole rientrare con senso nel contesto del racconto. Ho utilizzato, inoltre, diversi stili di scrittura (Goldoni? Dante?), diverse lingue (Giapponese? Francese? Inglese?), richiamando lemmi di etimologia corrispondente alla citazione del paragrafo. Se citavo una poesia francese, per esempio, tutte le parole usate nel brano provenivano dalla lingua francese.
Con San Giuda, poi, non ho dimenticato l’idea del Chimerismo, ma questa volta non è stato un fatto esclusivamente linguistico: ho usato narrativa, versi e fumetti, disegnando personalmente questi ultimi.

San Giuda è una saga incompleta, quando avremo il piacere di leggere le prossime pubblicazioni?

Come molti sapranno, il Direttore Editoriale della casa editrice Prova D’Autore, con cui ho pubblicato tutti i miei libri, purtroppo ci ha lasciati. Trovo difficile superare questo ostacolo, forse per una forma di rispetto nei suoi confronti. Quando mi sveglierò da questa forma di stupore incredulo, forse chiederò all’editrice di pubblicare la seconda parte. Ma spero che non passerà troppo tempo.

Dove si possono acquistare i suoi romanzi?

A Catania le librerie che li hanno sono tre: Catania Libri, in viale Regina Margherita, La Paglia in via Etnea e la Mondadori di piazza Roma. Su Internet, oltre che sul sito di Prova D’Autore, è presente alla Feltrinelli, alla IBS, da Hoeply.it, su e-bay e su Amazon. Se però si preferisce la versione con la firma, o con la firma e lo schizzo, potrebbe essere opportuno chiederlo direttamente a me, contattandomi via Facebook, al mio canale Youtube “Letture d’Argento”, o su Istagram.

Lei ha un suo canale Youtube ce ne vuole parlare?

Il mio canale è “Letture d’Argento”. Non l’ho aperto da molto tempo, ma mi ci sono lanciata con tanta passione. Fra l’altro, mi sono accorta che realizzare video, dove io non sono la protagonista mi diverte molto di più, proprio perché mi piace sempre raccontare. Ma, quando sono io in prima persona nello schermo, tento di bucarlo con tutte le mie forze, per raggiungere chi sta guardando, per comunicare con lo spettatore e sperare in un dialogo sempre più interessante. Gli argomenti trattati sono svariati. Rifletto sui ragazzi, parlo dei miei libri, racconto avventurose gite a cavallo, esprimo le mie emozioni sulla lettura di libri e fumetti e molto altro ancora.

Partecipa ad eventi che le danno la possibilità di incontrare i suoi lettori?

Un ottimo evento che mi ha permesso di essere visibile ai lettori è stato quello indetto proprio da Lei, Alessandro Buscemi, nella rubrica “Un tuffo tra le pagine” a cura dell’associazione “Conduco un dialogo”, che da miei conoscenti è stato definito “l’intervista migliore che mi sia mai stata fatta”. Ma sono pronta per una presentazione del libro a Palermo, giorno 18 maggio 2023, dove vengo accolta per la prima volta. Per il resto, ci incontriamo ogni mese con un gruppo di letterati alla Tavernetta a Catania, per cenare insieme e fare letteratura… ma abbiamo intenzione di “aprire al dialogo” anche per chi è interessato pure se non scrive, ma solo come fruitore.

Come possiamo concludere?

Nonostante io abbia sempre meno tempo per scrivere in modo creativo, e impieghi molte ore a disegnare, studiare e fare articoli, realizzare video e altro… so di essere soprattutto scrittrice e so che dentro di me la voglia di usare le parole su carta non si ferma mai. Per me, è come respirare, e anche se non ho in mano una penna, dentro sto elaborando continuamente e mi preparo a dare sempre di più, con rinnovata energia, con sempre maggiore esperienza, maturità e sicurezza, con maggiore fervore e dedizione, nei confronti di una missione che mi sono data sin da ragazzina, per questo spero di poter ricevere sempre più riscontri e commenti sul mio nuovo libro, San Giuda, primo volume di una saga che mi ha appassionato fino alla gelosia, neanche fosse il mio nuovo fidanzato.

Grazie per questa piacevole e ricca conversazione. Le auguro di continuare a coltivare la sua passione per la scrittura, regalando emozioni sempre nuove e diverse ai suoi numerosi e affezionati lettori. Presto saranno pubblicati gli altri volumi che completeranno la saga relativa a San Giuda, quindi sperando di ripetere l’iniziativa la saluto con un arrivederci.

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