Simulazione e dissimulazione. L’etica in un mondo di falsi, simulatori e traditori
“Guardatevi da fare quelli piaceri agli uomini che non si possono fare sanza fare equale dispiacere a altri: perché chi è ingiuriato non dimentica, anzi reputa la ingiuria maggiore; chi è beneficato non se ne ricorda o gli pare essere beneficato manco che non è.”
Freancesco Guicciardini, Ricordi, 25
La vita è spesso una dura lotta contro la menzogna, l’ipocrisia, la superbia e la simulazione. Gli esseri umani sono essenzialmente volubili e cambiano i loro intendimenti appena intravvedono qualche cosa che soddisfi più velocemente i loro desideri. Alcuni si vendono per poche centinaia di euro e distruggono amicizie trentennali. Altri si danno a colpi di teatro in cui affermano o esaltano cose che poi platealmente hanno già infranto o negato in privato. Altri simulano comprensione pur di non urtare la sensibilità altrui. Uomini vivono una doppia tripla e quadrupla vita con i social ed ingannano la loro moglie e i loro amici. Donne superano pluripremiate attrici da oscar e mentono anche davanti al cadavere del loro amante rapito al mondo dei vivi da fatti sconosciuti o inspiegabili. Tutto è competizione… non è più lotta per la vita, ma solo aggressione e rapina.
Questa terribile condizione degli esseri umani è stata colta da Francesco Guicciardini nei Ricordi e nelle sue opere politiche su Machiavelli e la Storia dell’Italia. A quell’epoca l’Italia era al massimo splendore nelle arti e nell’architettura, ma, allo stesso tempo, divisa in numerosi regni. Questo stato di frammentazione favorì le politiche espansionistiche del Regno di Francia e dell’Impero di Spagna. L’Italia fu quindi dilaniata da guerre sanguinose e fratricide.
Francesco Guicciardini ha il merito di avere descritto con grande acutezza la simulazione nell’azione dei politici e dei funzionari di stato partendo dalla sua personale esperienza di ambasciatore e di funzionari di stato.
“Simulare e dissimulare.”. Questa è la sintesi del pensiero politico di Guicciardini, che giunge a queste conclusioni a partire dalla constatazione della malvagità degli esseri umani. Afferma senza retorica che gli uomini sono invidiosi e perfidi: “La buona fortuna degli uomini è spesso el maggiore inimico che abbino, perché gli fa diventare spesso cattivi, leggieri, insolenti; però è maggiore paragone di uno uomo el resistere a questa che alle avversitá.” (Ricordi, 164) e “piú tengono a memoria gli uomini le ingiurie che e’ benefici” (Ricordi, 44). Inoltre: “Non è la più labile cosa che la memoria de’ beneficî ricevuti…” (Ricordi, 24), “Guardatevi da fare quelli piaceri agli uomini che non si possono fare sanza fare equale dispiacere a altri: perché chi è ingiuriato non dimentica, anzi reputa la ingiuria maggiore; chi è beneficato non se ne ricorda o gli pare essere beneficato manco che non è. Però, presupposte le altre cose pari, se ne disavanza più di gran lunga che non si avanza.” (Ricordi, 25).
Se si elogia un uomo, bisogna aspettarsi le reazioni malvage di altri: “Non vi spaventi dal beneficare gli uomini la ingratitudine di molti; …” (Ricordi, 11).
In generale, è opportuno utilizzare nell’attività politica la severità e la forza con il popolo e gli individui. In alcuni casi, però, bisogna saper dosare il bastone e la dolcezza: “Se gli uomini fussino buoni e prudenti, chi è preposto a altri legittimamente arebbe a usare più la dolcezza che la severità; ma essendo la più parte o poco buoni o poco prudenti, bisogna fondarsi più in sulla severità: e chi la intende altrimenti, si inganna. Confesso bene che, chi potessi mescolare e condire bene l’una con l’altra, farebbe quello ammirabile concento e quella armonia, della quale nessuna è più suave: ma sono grazie che a pochi el cielo largo destina e forse a nessuno.” (Ricordi, 41). Inoltre: “Chi ha a comandare a altri, non debbe avere troppa discrezione o rispetto nel comandare: non dico che debba essere sanza essa, ma la molta è nociva.”.
Seguendo questa prospettiva è inevitabile che molti individui abbiano comportamenti fastidiosi o siano insopportabili. Nondimeno, spesso sia i politici che i funzionari di stato sono costretti ad incontrarli, ad ascoltarli o ad agire per loro conto. Guicciardini riteneva che fosse più conveniente evitare lo scontro aperto e dissimulare le proprie intenzioni: “È grandissima prudenzia e da molti poca osservata, sapere dissimulare le male satisfazione che hai di altri, quando el fare cosí non sia con tuo danno ed infamia; perché accade spesso che in futuro viene occasione di averti a valere di quello. Il che difficilmente ti riesce, se lui già sa che tu sia male satisfatto di lui. Ed a me è intervenuto molte volte che io ho avuto a ricercare persone, contro alle quali ero malissimo disposto; e loro credendo el contrario, o almeno non si persuadendo questo, m’hanno servito prontissimamente” (Ricordi, 133).
È opportuno, secondo l’ambasciatore, mantenere una buona reputazione e destreggiarsi con prudenza e discrezione tra simulazione e dissimulazione, in modo da evitare l’invidia e le calunnie e ottenere il consenso dei cortigiani e degli altri individui: “È lodato assai negli uomini, ed è grato a ognuno lo essere di natura liberi e reali, e come si dice in Firenze, schietti; è biasimata da altro canto ed è odiosa la simulazione, ma è molto piú utile a sé medesimo; e quella realità giova più presto a altri che a sé. Ma perché non si può negare che la non sia bella, io loderei chi ordinariamente avessi el traino suo del vivere libero e schietto, usando la simulazione solamente in qualche cosa molto importante, le quali accaggiono rare volte. Cosí acquisteresti nome di essere libero e reale, e ti tireresti drieto quella grazia che ha chi è tenuto di tale natura: e nondimeno nelle cose che importassino più, caveresti utilità della simulazione, e tanto maggiore quanto, avendo fama di non essere simulatore, sarebbe piú facilmente creduto alle arti tue.”.
Queste massime così dure valgono soprattutto per il principe e i politici.
Guicciardini ritiene che il Principe debba in molti casi nascondere le sue vere intenzioni e simulare un atteggiamento totalmente opposto in base alle circostanze e alle convenienze. Nei Ricordi, questo pensatore indicava in Ferdinando di Aragona, l’emblema del principe abilissimo nell’arte della simulazione in grado di non frustrare i desideri di chi incontrava e di non far conoscere agli altri le sue reali intenzioni. Infatti, “Non si possono governare e sudditi bene sanza severità, perché la malignità degli uomini ricerca così; ma si vuole mescolare destrezza e fare ogni dimostrazione perché si creda che la crudeltà non ti piaccia, ma che tu la usi per necessità e per salute publica.” Ricordi, B 119 [A 97]. Bisogna agire sempre con severità perché gli esseri umani sono cattivi, ma bisogna fare in modo che tale costante uso della forza appaia come un’eccezione o sia approvato in qualche modo da tutti. Inoltre: “Non è gran cosa che uno governatore, usando spesso asprezza e effetti di severità, si faccia temere, perché e sudditi facilmente hanno paura di chi gli può sforzare e rovinare e viene facilmente alle essecuzione. Ma laudo io quelli governatori che, con fare poche severità e essecuzione, sanno acquistare e conservare el nome del terribile.”.
Il Principe deve sempre stare molto attento, perché facile che gruppi più o meno ampi cerchino di togliergli il potere (Ricordi, 19-20). Concedere libertà al popolo è negativo, in quanto prima o poi il popolo insorgerà contro il principe o il politico che gliel’ha concessa. Secondo Guicciardini, ciò era avvenuto con i Medici a Firenze nel 1527.
Non si può sfuggire alla realtà: gli esseri umani sono cattivi e il mondo non cambia e non potrà cambiare mai: “Le cose passate fanno lume alle future, perché el mondo fu sempre di una medesima sorte; e tutto quello che è e sará, è stato in altro tempo, e le cose medesime ritornano, ma sotto diversi nomi e colori; però ognuno non le ricognosce, ma solo chi è savio, e le osserva e considera diligentemente.” (Ricordi, 114). Bisogna rassegnarsi all’imperfezione del mondo e della società: “La natura delle cose del mondo è in modo che è quasi impossibile trovarne alcuna che in ogni parte non vi sia qualche disordine e inconveniente; bisogna risolversi a torle come sono e pigliare per buono quello che ha in sé manco male.” (Ricordi 126)
In ogni caso, è sempre schierarsi dalla parte dei più forti e dei vincenti. Guai a schierarsi dalla parte degli sconfitti: “Pregate Dio sempre di trovarvi dove si vince, perché vi è data laude di quelle cose ancora di che non avete parte alcuna; come per el contrario chi si truova dove si perde, è imputato di infinite cose delle quali è inculpabilissimo” (Ricordi, 176).
In conclusione, la simulazione e la dissimulazione sono gli strumenti e i criteri per potere vivere degnamente in una società di falsi, simulatori e traditori.