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Le spie russe di via Pacini a Catania e il Dossier Mitrokhin

In questi giorni ha avuto grande risalto la vicenda dalle spia russa in Italia “scoperta” grazie a un’inchiesta del quotidiano La Repubblica. Erano anni che l’attenzione generale non si concentrava su questo argomento dopo il crollo del Muro di Berlino e la dissoluzione dell’Impero Sovietico. Storie usuali, invece, nel secondo dopoguerra e fino agli anni ’80 che coinvolsero anche Catania. In via Pacini, strade importante del centro storico del capoluogo etneo, c’era la sede del settimanale catanese “SetteGiorni” diretto da Carlo Longo, un intraprendente cronista etneo. Un giornale locale come tanti fino a quando non scoppiò lo scandalo del “Dossier Mitrokhin”.
Il Dossier Mitrokhin, prende il nome da Vasili Nikitich Mitrokhin, un ex archivista del KGB in pensione. Con questo termine si fa riferimento ad una parte del corposo Archivio Mitrokhin, formato da 645 schede, che hanno portato alla produzione di oltre 3500 rapporti di “contro intelligence” trasmessi a 36 nazioni, denominate originariamente “Impedian”, redatte dal servizio segreto inglese, sulla base delle note manoscritte che l’ex archivista copiò da documenti segreti del KGB. Le 261 schede che vennero consegnate al SISMI (i servizi segreti italiani) a partire dal 1995 al 1999 corrispondono a un arco temporale che va dal 1917 al 1984, anno in cui Mitrokhin andò in pensione. Dal Dossier Mitrokhin emergono informazioni riguardanti l’esistenza in Italia di basi radio sparse sul territorio e difese da attigui depositi di armi. Queste sarebbero dovute servire al KGB per organizzare e mantenere in Italia una rete clandestina di agenti da attivare se si fossero verificate certe condizioni. La vicenda, a torto o a ragione, passò anche da Catania.
Scrivevano sul Corriere della Sera, il 12 ottobre 1999, Aldo Fontanarosa: «Sono molti i giornalisti che il rapporto Mitrokhin cita. Da… a Carlo Longo, direttore di Sette Giorni (Catania), a cui sarebbero stati commissionati articoli denigratori contro Yelena Bonner, moglie del dissidente Sakharov☼; Gian Antonio Stella: «storia di un articolo pubblicato da Carlo Longo, nome in codice “Kiril”, sul giornale “Settegiorni” di Catania, nel quale la moglie di Andrei Sacharov, Yelena Bonner, veniva descritta “come un’incredibile puttana» e Paolo Conti: «Carlo Longo (Kiril), direttore di Settegiorni di Catania: “Contatto sensibile, propose di pubblicare articoli per compromettere Sakharov e altri dissidenti” (secondo il rapporto Impedian screditò la moglie Yelena accusandola il 12 aprile 1980 “di molti omicidi”)».
“SetteGiorni” era un giornale normalissimo, come tanti che si pubblicavano e si pubblicano a Catania. Ma secondo il dossier «Carlo Longo…. sarebbe stato il contatto della Residentura del KGB a Roma». Le vicende erano relative agli inizi degli anni ’80. Longo avrebbe contribuito alla divulgazione di articoli della stampa italiana che erano favorevoli al KGB. Nel 1980 avrebbe svolto incarichi attivi contro il dissidente Andrey Sakharov e sua moglie Yelena Bonner.
Una storia suggestiva e romantica, degna dei romanzi di Ian Fleming e di John La Carrè, che accadeva a Catania, anzi in via Pacini. Le indagini svolte nel corso degli anni e il lavoro della celebre “Commissione Parlamentare Mitrokhin” non hanno portato ad un definitivo chiarimento della vicenda. Tanti i personaggi, politici, imprenditori, giornalisti, noti e meno noti, che furono coinvolti. Ad oggi non c’è alcuna certezza che l’oscuro archivista del KGB, Vasili Nikitich Mitrokhin,, abbia scritto o detto la verità sulle persone coinvolte. In tanti si sono posti il problema della credibilità dei documenti di Mitrokhin, considerando anche che non è sTato possibile verificarne l’autenticità. Secondo altri critici il rapporto conterrebbe sia informazioni veritiere, ma già note da tempo negli ambienti dei servizi (anche quelli italiani) all’epoca in cui vennero diffuse, che Mitrokhin potrebbe quindi aver raccolto da più fonti e non necessariamente trascritto dagli archivi del KGB, sia informazioni completamente non verificabili che potrebbero essere false. I servizi segreti russi, infime, hanno più volte smentito l’autenticità del materiale. Chissà come sono andate realmente le cose, ma piace pensare che un po’ di questo mistero sia passato da Catania, dalla “nostra” via Pacini.

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