La supremazia del corpo
“L’unione tra spirito e materia è un mistero” scrive Oscar Wilde nel suo capolavoro Il ritratto di Dorian Gray.
Perché noi siamo fatti di corpo e anima che come sottili fili si legano indissolubilmente tra di loro in un nodo così stretto da formare un intreccio misterioso all’interno del quale è custodita, come un tesoro prezioso, la nostra essenza più intima.
La sua insondabilità, da sempre, ha affascinato filosofi e intellettuali, primo fra tutti, Platone che stabilì una rigida separazione tra anima e corpo ritenendo l’anima immortale, mentre il corpo come una sorta di contenitore per essa.
Ma per Aristotele l’uomo non poteva essere ridotto a un così rigido dualismo e, quindi, l’anima non poteva essere separata dal corpo.
Ma, indipendentemente dalle differenti posizioni, l’unica certezza che ha attraversato i secoli è che noi siamo una sintesi perfetta tra anima e corpo, tra spirito e materia.
Noi siamo individui, con pensieri, sentimenti ed emozioni che ci definiscono, che ci rendono ciò che siamo.
Ma, nella nostra impeccabile e moderna società, affannata a ricoprire la sua facciata di vernice sempre più colorata e brillante, non c’è più posto per essere considerati nella nostra interezza di individui. La continua pressione a dare un valore prioritario se non assoluto a ciò che appare in superficie ci ha condotto a una sorta di riduzionismo dell’essere umano, a considerarlo semplicemente come un corpo da esibire.
Ogni individuo è stato svilito a pura entità materiale.
La nostra quotidianità è invasa da corpi, femminili e maschili, in pose accattivanti. Gli spot pubblicitari in televisione, gli immensi cartelloni appesi lungo le strade delle città, ci abbagliano con immagini di corpi perfetti e splendenti.
Ci propinano un ideale illusorio e ci costringono a concentrare tutta la nostra attenzione solo sulla perfetta plasticità del corpo.
E noi, forti di questa falsa certezza, ci sentiamo autorizzati a criticare chiunque non rientri nella vuota banalità dello schema che ci è stato imposto. Illusi che esso rappresenti la nostra realtà più vera ci scagliamo con violenza, soprattutto se siamo dietro a una tastiera, contro quei corpi che non soddisfano le caratteristiche che crediamo siano essenziali. Concentrati solo sulla superficie, non siamo più capaci di vedere al di là di quello che ci appare, il corpo e solo il corpo è l’unica verità che possediamo, il solo parametro che consideriamo nell’altro.
Con spavalderia, attacchiamo, insultiamo e offendiamo senza considerare se, chi è stato preso di mira, si sia distinto per meriti personali o abbia dimostrato capacità superiori nel proprio ambito di competenza. Ciò che ci interessa è sputare sentenze solo ed esclusivamente sul corpo perché è solo quello che vediamo.
Questo nostro modo di prevaricare, oggi ha un nome preso in prestito dalla lingua inglese, body shaming, letteralmente significa derisione del corpo, in quanto rappresenta l’atto di deridere e quindi di discriminare una persona solo per il suo aspetto fisico e di conseguenza farla vergognare del proprio corpo.
Oggi purtroppo è una pratica molto diffusa, soprattutto attraverso il Web, e prende di mira qualunque tipologia di persona, o troppo grassa, troppo magra, e qualunque parte del corpo non corrisponda agli standart di bellezza dominanti.
Emblematico in questi ultimi giorni è stato il caso di Vanessa Incontrada presa di mira perché secondo gli Haters, essendo ingrassata, non incarna più l’ideale di bellezza che ci siamo costruiti.
Vanessa è stata ridotta a un corpo, è stata giudicata e criticata esclusivamente per il suo aspetto ignorando volutamente la sua bravura e professionalità lavorativa come se queste sue qualità non bastassero a definirla come donna e come professionista di successo.
Vanessa nonostante gli attacchi ha dimostrato di essere consapevole di se stessa e non è caduta nella trappola di credersi inadeguata, ma purtroppo non tutti hanno la stessa determinazione e spesso le vittime di body shaming precipitano nell’inferno della vergogna soffocati da un assurdo senso di colpa per delle caratteristiche fisiche criticate come difetti orrendi. A volte, purtroppo, non si riesce a riemergere, si va a fondo e si annega in un profondo senso di inadeguatezza che diviene così insopportabile da credere di non meritare di vivere.
Intrappolati in questo meccanismo perverso che ci vuole tutti corpi e niente anime, si cade nello stesso errore di chi attacca e si finisce per considerare se stessi solo come un corpo, dimenticando che un esso non ci definisce e che, se non si è perfetti per la società che ci circonda, questo non vuole dire che non si è perfetti nella propria individualità di esseri umani.
Ma a tutti noi interessa solo la perfezione innaturale dei nostri corpi e continuiamo a vivere immersi in una giocosa giostra di vanità, all’interno della quale apparire prima di essere sembra essere l’unica aspirazione. Noi tutti, vittime inconsapevoli di una silente dittatura di immagini, osanniamo il corpo e lo veneriamo come un dio onnipotente.
E il corpo si è trasformato nel tratto distintivo di ognuno di noi, ha assorbito in sé la nostra identità e siamo diventati solo personificazioni dell’esteriorità.
Mentre il nostro essere noi stessi, la nostra interiorità giace inerme, prigioniera della arrogante supremazia del corpo.