Fammi un favore cambia abitudini. Ovvero il profilo e le azioni del perfetto sfigato
Quando ero più ragazzo iniziavano ad avvicendarsi con un esordio in grande stile le prime chat. Molti ricorderanno ICQ, C6, etc…
Usavamo questi strumenti e iniziavamo a percorrere la strada della comunicazione rapida, veloce e immediata. Siamo stati le cavie antesignane dei social. Eravamo al contempo la tragedia dei nostri genitori, il dramma nell’essere perditempo. Oggi chi già da allora muoveva i suoi passi con lo sguardo dello curioso è diventato un esperto. Si, un esperto. Quello che chiamano nei convegni a parlare di come funzionano i social e di come usarli. La storia della mia vita, dove non importa se mi occupo di comunicazione integrata emarketing, in questa epoca sono un esperto. Mi sorprendo anche io e mi domando: “Caspita, da cazzeggiatore ad esperto?”.
Nel rivestire questo ruolo osservo e con il cinismo che mi appartiene per DNA vedo qualcosa che mi lascia molto perplesso.
Quei ragazzi di allora che “smanettavano” poi si sono ben digitalizzati e son divenuti degli utilizzatori non pessimi degli strumenti. Esiste una categoria che, invece, si è lanciata in questo mondo con l’avvento di Facebook e che ha rincarato la dose con WhatsApp.
Mi piace parlare degli uomini perché per galanteria li prediligo.
Mediamente oggi ha tra i 45 e i 50 anni con un’insoddisfazione di base, una di quelle che ti porta a ragionare e scherzare con doppi sensi e “meme” da social alla pari di un dodicenne. Mediamente è sovrappeso per le schifezze che ingurgita perché è convinto di avere il metabolismo sempre di quel dodicenne. Mediamente non cura il suo look e passa con disinvoltura dalle camicie a maniche corte o le maglie che lo ridicolizzano. Mediamente non cura nemmeno la sua igiene personale sfoggiando le sue unghie color “Rouge Noir” Chanel… peccato che nel suo caso non si tratti di smalto.
Bene è lui il nostro uomo, il nostro test campione di incassi che ci farà scoprire come male si usino i social.
Egli disconosce l’uso della foto profilo, infatti si scatena con immagini che non mostrano mai il suo volto o la sua figura. Ma perché? Se vivi il complesso dell’essere visto non stai usando bene i social che, anzi, ti aiuterebbero a saltare lo steccato ed essere perfettamente integrato nella società.
Come ripeto sempre, se vuoi stare nei social non essere asocial.
La foto profilo di suo porta un carattere riconoscibile ai post, gli status e ogni condivisione. La tua foto è unica, tu sei unico e puoi rendere unici i tuoi interventi. Se viene impostata un’immagine presa nel volgo di Google Immagini cosa si conclude? Una mera uniformità ad altre migliaia di persone che casualmente hanno scelto la stessa foto.
Quindi tu, test che non sei altro, cambia l’immagine e metti la tua foto.
I post. Questo dramma che lo affligge. Pur di essere attivo e voler dimostrare, credendolo, quanto è maschio alfa aspirante beta condivide un numero oscuro di “foto-frasi” con maggiorate donnine o peggio doppi sensi orribili e pietosi, risolvendosi non più in alfa o beta ma in analfabeta social.
Quando non è impegnato nello scouting accurato delle star del porno decide di inondare la sua bacheca di condivisioni musicali, perché lui ne capisce. Noi capiamo che non ha nulla da scrivere.
Il cibo, questo grande amore, protagonista dei suoi post con ciclicità costante. Attenzione, non rientra nella categoria dei condivisori di ricette, che hanno una loro dignità, lui pubblica il cibo che mangia e lo pubblica con cupidigia per dimostrare che, quando i trigliceridi saranno alle stelle, lui aveva avvisato tutti e poteva essere fermato.
Caro test devi cercare di comprendere che i social servono per interagire e tu così stai solo elemosinando qualche mi piace. Devi invece esprimere ciò che pensi davvero e non ciò che pensi possa farti notare (ma da chi poi????!!!) per avere dei contatti umani. Inizia a scrivere e vedrai che potrai davvero avere degli amici e dei dialoghi. Diversamente continuerai a ricevere i commenti degli stessi tuoi cloni con i quali passi le serate, solo uomini ovviamente.
Quindi dai una sterzata alla tua attività e condividi davvero ciò che sei. Per favore ricorda la tua età.
Salvo da queste righe tutte le campagne idiote e catene di Sant’Antonio allucinanti a cui si presta, altrimenti incorrerei nell’istigazione al suicidio per voi lettori.
Un altro strumento da correggere è WhatsApp.
Da quando il nostro test possiede uno smartphone con la connessione dati non esistono più limiti alla martellante voglia di inviare messaggi. Ma che tipo e come?
Il tipo di messaggi rientra nella categoria della demenza, alternata all’uso incondizionato di emoticons e risate inutili senza fine “ahahahahah”. Questa sua incessante attività è accompagnata dalla capacità accademica di distribuire un sms da 160 caratteri in 160 sms.
A questa piaga aggiungiamo il male assoluto: gli audio messaggi.
Io li uso, ma in condizioni particolari come alla guida o per dare spiegazioni che mi scoccia scrivere per rapidità.
Lui no, lui è fatto così. Li usa. Li usa per tutto e ne fa un uso esagerato senza badare alla inutilità del suo metodo.
Bene, caro test, impariamo a comprendere che WhatsApp ha lo scopo di dialogare in maniera rapida e non alla pari di uno scrittore di poemetti morali frazionati. Usalo bene e sarà la tua arma vincente per approcciarti senza stancare o diventare nauseante.
Tralasciamo che l’uso di questi strumenti, così come sopra descritto, porta il nostro test a stare perennemente con il suo smartphone in mano isolandosi totalmente dal mondo. Quel mondo che invece dovrebbe conoscere per guardarsi intorno e comprendere come lui si sia ritagliato uno spazio che lo rende non inclusivo ma autoescludente per tragica scelta.
Bisogna comunicare, facendolo bene.
Se non comunichi, non esisti.