Un libro da raccontare

“Ada e Incubus, rivelazioni di una notte”. Il nuovo romanzo di Cristina Torrisi

Cristina ha scritto la storia di Ada. Ada è una delle protagoniste di una storia di amore tradito. Il mio compito è quello di introdurre il lettore all’incontro con la storia di Ada – tradita nell’amore – scritta da Cristina.
Una delle opportunità più confacenti per ricostruire una storia è quella di venire in possesso del diario del protagonista. Perché la semplice conoscenza diretta di una persona, pur se ricca di particolari, può mantenere dei limiti. Può fermarsi a cogliere soltanto i tratti esteriori.
Il diario, invece, è la lettura dell’anima. Penetra nei segreti nascosti di un animo che vive il proprio dramma esistenziale. Basti pensare a quante persone hanno fatto uso del diario nella loro vita, anche se per finalità le più disparate. Cito qui soltanto “I diari” di Lev Tolstoj che hanno lasciato tracce preziosissime del suo modo di essere, del suo pensiero e della natura delle sue opere. A partire dall’età giovanile sino a quattro giorni prima della morte.
Ada ha steso un suo diario. Ma, in esso, traspare l’irrompere di un’altra persona che tradisce l’amore: un personaggio maschile dal nome Vlad.
Vlad apparirà come un Vampiro perché succhierà il sangue di altre ragazze.
Sarà “Incubus”, come auto-definizione.
Saranno due, quindi, i protagonisti. Da qui il titolo dell’opera: “ADA e INCUBUS”. Ma, nella sua premessa, Cristina precisa che quel vampiro è “Ada allo specchio, un tramite affinché “ella” possa uscire dal labirinto del suo dolore e del suo incubo”.
Ci troviamo dinanzi a un diario che espone la drammatica convivenza di Ada e Vlad con tutta la forza di un amara realtà vissuta. Un diario che assume il ruolo di condurre quella storia. Il diario di una vita che è pronta a confrontarsi.
E l’inizio di un confronto è immediato: dinanzi alla dura “realtà” che emerge dal diario, si contrappone, con prepotenza, un “sogno”.
Entra in scena un lacerante sogno.
Realtà e sogno danno vita a una lotta aperta.
E qui diventa indispensabile conoscere diario e sogno.
Penetrare nei segreti di un diario cogliendone ogni aspetto, ogni imprevisto, ogni inganno nascosto, ogni ansia, ogni sospiro e accettare, nello stesso tempo, di prendere parte agli intrighi di un sogno oscuro, pauroso, malvagio, beffardo.
Da questa duplice conoscenza emerge il segreto di una storia.
E proprio da questi elementi si delinea il sentiero del sottotitolo: “RIVELAZIONI di una NOTTE”.
La lotta tra diario e sogno riempie la trama del racconto di Cristina.
E’ bene ribadire che qui il sogno è veramente tenebroso. Trova la sua ambientazione nel misterioso Castello di Bran che ripete la leggendaria fortezza del Conte Dracula voluta nel ‘300 da Ludovico d’Angiò. Direi che quel castello ci riporta a un vissuto del precedente romanzo di Cristina, “Prigioniera”. E’ come la documentazione della cattività di Edga nel castello del Conte Ferdinando. Ed è proprio Ada a rievocare, per un attimo, la situazione di chi ha aperto “la porta segreta di Barbablù”.
E mi piace, a questo punto, rievocare il clima di un toccante film di Ingmar Bergman. Per la drammaticità di una particolare situazione in cui viene a trovarsi il protagonista. E, perché no, anche per il determinante uso del bianco e nero: “Il settimo sigillo”.
Ada sta vivendo un momento di prostrazione e di angoscia come quel cavaliere che rientra da una crociata. Lui è segnato dal dubbio sui valori della vita dinanzi alla morte. La nostra protagonista sente come ineluttabile la morte dell’amore.
Entrambi affrontano una lotta per riaggrapparsi alla pienezza della vita.
Come lettore scelgo le righe del diario perché la “realtà” che riesce a custodire un diario mi appare sincera. E si snoda in trasparenza, come alla luce del sole.
Il “sogno” di questo racconto, invece, è decisamente tetro e mette paura. Perciò, l’alternarsi del predominio del diario o del sogno, trasmette tanta ansia e non lascia intravedere nessun momento risolutivo. Non consente spazio a tregue. Perché la notte è interminabile e lunga. E il sogno tormenterà per tutta la sua durata la lunga notte. Così come tormenterà la penosa realtà trascritta nel drammatico diario di una sofferenza.
Continuo a cogliere alcuni momenti della sincerità del diario:
“Voltarsi a guardarsi indietro non giova a nulla… Non abbiamo ali come gli uccelli, forse solo speranze. La lotta è per cercare di vivere quanto meglio è possibile senza affidarsi a null’altro se non alle proprie forze: il “me stesso” è il migliore amico”.
Queste riflessioni sono come un punto sicuro di appoggio nelle ore tenebrose. Alla presa di coscienza dell’energia del se stessi, segue la prospettiva di una pienezza di libertà: “forse l’unica pretesa dell’amore la si può chiamare LIBERTA’. Semplicemente libertà. Oggi sono una donna libera. Il letto dove dormo per metà è vuoto. Il cuscino accanto a me è freddo come il mio cuore. Non vi è nessuno che mi abbraccia quando dormo”…
E mi appare risolutiva una convinzione: “Sono innamorata dell’amore… Sono invaghita del sentimento autentico, dell’affetto che non tradisce, fedele… Dovrei ripartire. Ripartire”…
Al culmine della lotta, Ada sembrerà lasciarsi trascinare nella violenza quasi per rispondere con la stessa moneta: “il vampiro comprese che Ada si stava inabissando nella spirale del suo stesso odio”.
E questa è come una prova che la lotta è dura. E resta aperta la triste possibilità che si possa passare dalla sincerità di un diario alla notte della sconfitta.
Dopo aver percorso, tuttavia, tutti i meandri della casa dell’orrore, toccando il punto estremo del subconscio, appare necessario riemergere verso la luce. Si è verificata una profonda immersione che ha segnato le tappe di una catarsi. Una purificazione. Una trasformazione. Una liberazione. Uso una immagine: i panni sono stati stesi al sole. Si conclude la favola nera.
Ora bisogna trovare il modo di raggiungere lo splendore della nuova aurora.
Nella sua “nota” introduttiva al volume, Cristina ha fatto un rapido accenno: “Questa fatica letteraria nasce a seguito di un periodo difficile della mia vita… Il personaggio, quello femminile… indubbiamente, senza veli, ha tutta l’impronta del mio vissuto in questi ultimi tre anni”.
L’autrice ha posto il sigillo della propria esperienza a questa storia.
Se è vero che ogni scrittore impegna tutta la sua preparazione complessiva, tutto il bagaglio esperienziale nello scrivere, è anche vero che, in questa pubblicazione, il vissuto dell’autrice si presenta come il protagonista principale. Lo dice lei stessa: Ada e Vlad insieme, sono Cristina.
A questo punto il lettore sa che la storia assume un volto diverso.
Cristina racconta la storia di Ada e non nasconde la propria storia. Una prova di coraggio. Risolutore.
Ritengo di dover concludere esternando una sintetica mia personale considerazione. Per far questo, mi accosto a una immagine classica. Faccio mia quella stessa immagine usata da Cristina in una dedica di apertura decisamente simbolica.
Riporto, perciò, le sue stesse parole: “Alla Fenice, che rinasce dalle proprie ceneri dopo la morte”.

Maria Cristina Torrisi

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