Territorio

La crescita dell’area dello Stretto di Messina secondo Licia Lipari

Un focus sull’area siculo-calabrese proviene da uno studio firmato, e condotto, da Licia Lipari, docente di Sociologia dell’Ambiente e del Territorio del Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Catania. L’attenzione ricorre anche sui possibili scenari e si posa anche su eventuali trasformazioni urbano-metropolitane in connessione con i processi di globalizzazione socio-economica nell’area dello Stretto. Sono più di un milione 300mila i turisti rilevati nell’area dello Stretto di Messina di cui il 47 per cento risulta essere proveniente dall’estero. I dati, risalenti all’anno 2016, evidenziano un trend in salita del turismo internazionale in alcuni siti dello Stretto, in particolare nelle Isole Eolie, a Taormina e a Giardini, a Milazzo e a Gioiosa Marea sulla sponda siciliana e nell’area della piana (Palmi e Gioia Tauro) sulla sponda calabra. Arrivi internazionali a Reggio Calabria in diminuzione e propensione a località quali Scilla, Gerace, Messina e Savoca.

Ad esporre tendenze e percentuali la prof.ssa Licia Lipari, nel corso del webinar dal titolo “Scenari dello Stretto” organizzato nell’ambito della Rassegna Storie Magistrali. Spunto preso dall’omonimo libro “Scenari dello Stretto” (edito dalla casa editrice italiana FrancoAngeli), con cui la docente ha analizzato la globalizzazione socio-economica che spinge le città ad affrontare nuove sfide, tra cui la capacità attrattiva ed il potenziamento delle infrastrutture di mobilità, con una cura specifica all’area dello Stretto. Apertura dei lavori a cura dei docenti del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’ateneo catanese Pinella Di Gregorio, presidente del corso di laurea magistrale di Storia e Cultura dei Paesi mediterranei, e Carlo. Il dialogo ha viepiù registrato l’intervento di Matteo Colleoni, docente di Sociologia dell’Ambiente e del Territorio dell’Università di Milano-Bicocca e Direttore del Centro Studi e Ricerca su Mobilità, Turismo e Territorio, sul ruolo tipico del viaggio e le differenti figure dei viaggiatori, la morfologia socio-territoriale delle aree metropolitane e l’attrattività dei territori. La prof.ssa Lipari ha, invece, illustrato il quadro socio-economico dell’Area dello Stretto dagli «oltre 5.700 chilometri quadrati – ha detto – con una popolazione residente, nel 2011, che superava un milione 100mila abitanti».

La densità della popolazione è stata così “classificata”: «Gli insediamenti abitati si concentrano principalmente lungo le coste, – ha fatto notare la ricercatrice – mentre nelle zone interne si assiste ad una “polverizzazione” degli insediamenti, ad un’alta dispersione di questi sul territorio. Ben 15 i poli connotati da una molteplicità di funzioni quali la residenziale, la manifatturiera e la commerciale definiti Aree di centralità che, ad eccezione di Polistena in Calabria, si trovano lungo le coste dell’Area dello Stretto». Inoltre, «Nel 2011 – aggiunge la docente – i giovani rappresentavano il 19,4% della popolazione, il 18,8% con meno di 19 anni, il 42,4% tra i 35 e i 64 anni, il restante 19,3% oltre i 65 anni. Con attenzione alle due città dello Stretto, i giovani messinesi si concentrano principalmente al di fuori del centro urbano, a Reggio, invece, la tendenza è opposta. L’Area di Mobilità Integrata dello Stretto genera il 64% dei flussi che attraversano l’Area dello Stretto, oltre 400 mila gli spostamenti per motivi di lavoro e studio».

Indirizzando lo sguardo in ottica futuristica e riferendosi all’area dello Stretto, Licia Lipari spiega che ad emergere è «La necessità di una programmazione di politiche e di interventi basati su una visione multicentrica che rivaluti l’eterogeneità dei territori interni ai suoi confini, l’esigenza di un piano della mobilità che tenga conto dei legami degli scambi già esistenti nello Stretto e che coinvolga le aree interne. Interventi congiunti per ampliare le interrelazioni tra comuni potrebbero apportare maggiore dinamismo all’intera area facendo sì che le risorse socio-economiche si distribuiscano sul territorio in maniera più armonica. In quest’ottica, – conclude – il patrimonio presente nelle aree meno accessibili potrebbe essere inserito tra le nuove risorse dell’Area e costituire maggiore fonte di attrattività».

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