La conformità catastale oggettiva
L’art 29 co. 1 bis della legge n. 52 del 27 febbraio 1985, introdotto dal d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla l. 30 luglio 2010, n. 122, in vigore dal 1° luglio 2010, recita così: “Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari.”
Il primo periodo mira dunque a perseguire la “conformità oggettiva” degli immobili, ossia la conformità degli immobili esistenti alle risultanze del catasto. Anche se non è imposto dalla norma, è prassi consolidata l’allegazione della planimetria catastale, dalla quale è (relativamente) facile evincere eventuali difformità con lo stato di fatto. Si tratta di una dichiarazione di parte, sostituibile da un’attestazione rilasciata da un tecnico abilitato (ad es. geometra).
Il secondo periodo invece mira a perseguire la “conformità soggettiva” degli immobili, ossia la corrispondenza tra le risultanze del catasto e le risultanze dei registri immobiliari, la cui sussistenza deve essere invece verificata dal notaio.
Può capitare che la planimetria depositata in catasto non sia perfettamente conforme allo stato di fatto dell’immobile. In questo caso è essenziale non stipulare (momentaneamente) l’atto e rivolgersi ad un tecnico affinché si proceda all’aggiornamento della planimetria.
Questa operazione di per sé non presenta particolari difficoltà, ma non ci si può fermare qui.
Infatti la modifica necessita di un titolo abilitativo edilizio a suo supporto. Detto titolo ha natura diversa in ragione della modifica apportata: può bastare una Comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA), come nel caso di diversa distribuzione degli spazi interni; altrimenti può essere necessaria una Segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), come nel caso in cui si sia spostata una scala che collega internamente due piani di un medesimo immobile; nel caso di creazione di nuova volumetria può essere necessario un permesso di costruire.
Detti titoli, in conformità alle norme urbanistiche, possono eventualmente essere prodotti in sanatoria, cioè successivamente alla realizzazione delle modifiche, previo pagamento di una sanzione pecuniaria. Da Comune a Comune possono variare le prassi per ottenere il congruo titolo edilizio, quindi è bene che il tecnico si interfacci puntualmente con lo Sportello Unico per l’edilizia competente.
Fondamentale è la collaborazione tra il notaio e il tecnico, in modo da garantire la piena commerciabilità degli immobili, perché non ci si può occupare di regolarizzare la planimetria catastale senza considerare le ricadute sul piano urbanistico, rilevanti, nei casi più gravi, anche penalmente.
E’ possibile stipulare l’atto se la planimetria non è conforme allo stato di fatto? In teoria no, ma si tratta pur sempre di una dichiarazione di parte, che il notaio non ha modo di verificare, in quanto non è tenuto ad eseguire accessi nell’immobile: in altre parole, il notaio non è un geometra.
Tuttavia, la stipula di un atto con planimetria non conforme espone le parti a rilevanti conseguenze, eventualmente anche penali, in quanto in quel momento viene fatta una “fotografia” dell’immobile e non sarà possibile affermare che la difformità dipende, come talvolta banalmente può accadere, dalla vetustà della planimetria o da una sua imprecisione.
In conclusione, da luglio 2010 si richiede la dichiarazione di parte della conformità oggettiva, tra l’immobile oggetto dell’atto nella sua situazione di fatto e le risultanze catastali, rilevabili dalle visure e dalle planimetrie depositate in catasto. Rivolgersi ad un tecnico (geometra, ingegnere, architetto) è importante per evitare di incappare in “sviste” che possano pregiudicare la commerciabilità dell’immobile. L’interazione tra il tecnico e il notaio è buona prassi, per far sì che ogni aspetto della regolarità sia preso in considerazione, sia dal punto di vista catastale sia da quello urbanistico.
*Notaio