25 novembre: i lividi delle donne
Le donne, venerate nelle prime civiltà come dee portatrici nel proprio grembo del mistero della nascita e quindi della vita, o angelicate, come esempi di virtù e purezza da grandi poeti come Dante Alighieri e Petrarca, ma anche considerate inferiori da filosofi come Aristotele e da numerosi Padri della Chiesa e infine demonizzate e reputate esseri malvagi al servizio del demonio dalla brutalità dell’Inquisizione, hanno sempre lottato con coraggio e non hanno mai smesso di affermare se stesse e la propria identità.
Ed è grazie alla loro ferma intraprendenza e alla loro ostinata determinazione nel voler superare ogni forma di discriminazione nei loro confronti da parte di uomini ottusi ma molto spesso impauriti, se ogni giorno si parla sempre più della loro dignità violata e se oggi, 25 novembre, si celebra la giornata internazionale contro la violenza sulle donne che è stata istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1999.
Una ricorrenza che è stata voluta proprio per sottolineare e di conseguenza per continuare a sensibilizzare su ogni forma di violenza da quella verbale a quella psicologica e fisica in quanto rivelatrici di una effettiva discriminazione e disuguaglianza tra i due generi che coinvolge e condiziona ogni aspetto dell’esistenza sia sociale, economico e umano.
La scelta del 25 novembre non è casuale ma rievoca il brutale assassinio, avvenuto nel 1960 nelle Repubblica Dominicana, delle tre sorelle Mirabal, Minerva, Patria e Mariateresa, donne libere che frequentavano l’università, che guidavano la macchina e che partecipavano a riunioni politiche per esprimere apertamente le loro idee di donne libere e indipendenti. Queste tre fervidi oppositrici del regime dittatoriale furono attirate in un’imboscata. Con la falsa promessa di poter rivedere i rispettivi mariti, prigionieri politici, vennero brutalmente picchiate, violentate e poi gettate in un fosso dagli agenti dei servizi segreti del regime di Rafael Leonidas Trujillo.
Questa giornata internazionale prosegue nei successivi 16 giorni con una serie di attività contro ogni forma di violenza di genere per poi concludersi il 10 dicembre con la Giornata mondiale dei diritti umani, proprio per sottolineare e ribadire con fermezza che la violenza perpetrata contro una donna, in qualunque forma essa sia, è sempre e comunque una violenza dei diritti umani.
Perché, se in passato, l’ignoranza e spesso il retaggio culturale, hanno giustificato le forme di prevaricazione maschile, oggi, nel nostro presente, non è più accettabile che una donna continui ad essere ritenuta incapace di pensieri della stessa rilevanza di quelli maschili o di non possedere le sue stesse capacità lavorative.
La donna non la si può ridurre solo a un bel corpo da ammirare, fino a trasformarlo nell’oggetto di una passione malata che porta non ad amare ma solo a possedere ad ogni costo fino a punire con la morte. Nel gioco perverso delle parti, la colpa ricade sempre sulla donna che deve essere annientata umanamente, cancellata socialmente e distrutta in ogni sua espressione.
Dolore e sofferenza evidenziati e rappresentati in tantissime opere liriche, chi non ricorda Otello che uccide Desdemona accecato dalla gelosia, o in romanzi come Notre Dame de Paris di Victor Hugo. Romanzo che in questi ultimi venti anni è stato trasposto un uno stupendo spettacolo teatrale musicato da Riccardo Cocciante. All’interno del quale, al di là, della bravura degli artisti, cantanti e ballerini, unita alla spettacolarità delle scenografie e delle luci, la triste vicenda della giovane Esmeralda assume un ruolo prioritario. E’ una donna innocente e senza colpa, così come ogni donna, che si ritrova vittima dell’amore carnale e superficiale del giovane Febo, capitano delle guardie, che la seduce e che poi la abbandona al suo destino per egoismo personale e dell’amore possessivo e disturbato dell’arcidiacono Frollo che tenta di violentarla pur di averla e che alla fine, non riuscendoci, la accusa di stregoneria e la condanna alla morte per impiccagione.
Entrambi sono uomini che decantano il loro amore sincero ma, in realtà, nascondono solamente la loro brama di possedere. Uomini del passato che continuano purtroppo a essere emulati dagli uomini del presente che troppo spesso non mostrano alcun rispetto, accecati dal proprio desiderio di predominio e di presunta supremazia.
Posseggono corpi, li utilizzano per il proprio piacimento e poi li buttano via come giocattoli rotti.
Uomini che, ogni giorno procurano lividi alle donne, lividi non sempre visibili, ma che coinvolgono la sua sfera emotiva, psicologica ed economica.
Lividi che, sempre più spesso, come tarli infidi, penetrano nel profondo, scavano voragini e poi annientano ogni forma di dignità umana e di volontà.
E i dati sono agghiaccianti.
Secondo il rapporto delle Nazioni Unite, nel mondo circa 736 milioni di donne hanno subito violenza fisica o psicologica.
Ma tutti noi siamo sempre pronti a scandalizzarci di fronte a un femminicidio, se ne parla per alcuni giorni e poi la donna diventa un numero da inserire in una statistica, tutti siamo pronti a gridare la nostra indignazione in giornate come questa per poi ritornare alla normalità il giorno dopo, chiusi nel nostro piccolo mondo fatto di egoistiche materialità che scambiamo per priorità essenziali.
Se vogliamo che la nostra società si incammini verso un vero progresso culturale smettiamo di voltarci dall’altra parte, indigniamoci ogni santo giorno per le immagini televisive e pubblicitarie, per le difficoltà di accesso e di retribuzione delle lavoratrici in ambiti ritenuti di predominio maschile, scrolliamoci di dosso questo pesante mantello che ci avvolge: l’indifferenza, la peggior colpa della nostra epoca.