25 aprile: le Donne della Resistenza

Oggi 25 aprile ricorre l’80° Anniversario della Liberazione del nostro Paese dall’occupazione nazista e dal fascismo, un giorno rimasto impresso per sempre nella storia dell’Italia come impegno perenne contro ogni forma di oppressione e dittatura.
È un giorno che ci ricorda che il 25 aprile del 1945 il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) proclamò l’insurrezione generale in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti, dopo che le truppe anglo-americane avevano sfondato la linea gotica da La Spezia a Rimini fino alla Pianura padana.
Le forze partigiane del Nord Italia attaccarono i presidi nazifascisti e, aiutati dalla popolazione civile, imposero loro la resa prima ancora dell’arrivo delle truppe alleate. Fu così che nella primavera del 1945 vennero liberate le grandi città del Nord e i tedeschi dovettero arrendersi.
Il 25 aprile è una data che simboleggia con forza il nostro “No” a ogni forma di regime e dittatura di destra con la stessa determinazione che ha contraddistinto tutti gli italiani che, durante la Seconda Guerra mondiale, si sono opposti al regime nazista e fascista. Per questo il 25 aprile è anche l’anniversario della Resistenza delle forze partigiane che, dal 1943, da poche migliaia di uomini, coinvolse operai, contadini, e tantissimi giovani fino a trasformarsi in un grande movimento di rivolta e opposizione.
Un movimento di tutta la popolazione italiana, soprattutto quella femminile, ancora poco raccontata e all’inizio quasi per nulla riconosciuta
Ma cominciano a riemergere dalla polvere del passato le tante fotografie che ritraggono queste donne, fiere accanto agli uomini, con lo stesso orgoglio di chi sa di avere assolto al proprio dovere di patriota.
Queste foto di donne che avanzano con i fucili in mano rende giustizia al loro grande contributo così come di quello di tutte le altre donne italiane.
Partigiane coraggiose che hanno combattuto insieme agli uomini e in tante hanno perso la propria vita.
L’Associazione Nazionale partigiani d’Italia ha documentato circa 70.000 attiviste.
Di queste, 35.000 hanno combattuto sul campo, circa 1000 sono state uccise mentre più di 7.000 sono state arrestate o deportate.
La consapevolezza della morte non le ha fermate, oltre a dedicarsi alla cura dei feriti, non sono rimaste da parte e in molte sono diventate staffette e hanno sfidato il fuoco nemico pur di portare a destinazione documenti, armi, vestiti e viveri alle forze partigiane nascoste.
Ma non solo staffette, anche combattenti armate e soprattutto militanti attive dei Gruppi di Difesa della Donna creati dalle donne per le donne come una struttura di formazione partigiana pluripartitica e che hanno rappresentato in concreto l’apporto femminile dato alla lotta contro il fascismo.
Nati a Milano e a Torino nel 1943, su iniziativa del partito comunista, questi Gruppi di Difesa hanno sostenuto la Resistenza italiana aiutando le famiglie dei partigiani, dei fucilati e dei carcerati non senza rivendicare i propri diritti di donne per una maggiore parità e per contrastare ogni situazione di sfruttamento e di oppressione femminile.
Donne armate o disarmate, di ogni fascia sociale, giovani e meno giovani, di ogni professione, del Sud come del Nord, hanno tutte scelto consapevolmente di essere antifasciste e di lottare per affermare se stesse e la libertà del proprio Paese.
Non sono state marginali, ma elementi essenziali dell’intero ingranaggio messo in atto dalla Resistenza italiana, anche se, subito dopo, la società ingabbiata in archetipi maschilisti, le ha volutamente messe da parte, i loro meriti silenziati in quanto le loro azioni, se pur coraggiose e decisive, erano in contrasto con la visione della donna “angelo del focolare”
Per questo solo a poche di loro è stato riconosciuto il merito di aver combattuto e in pochissime, a guerra finita, sono riuscite a mantenere una posizione di rilievo in ambito sociale e politico.
Ma oggi non si può più negare che la Resistenza è stata anche femminile.
Donne italiane ma anche tante siciliane.
Come le due staffette Alongi Francesca, di Marsala uccisa appena diciassettenne e Benincasa Beatrice di Catania, torturata e uccisa.
O la combattente di Gela Crapanzano Angela, così come Lo Manto Salvatrice di Mussomeli che combatté in Piemonte con il nome di battaglia “Salvatrice”.
E ancora Montuoro Maria, di Palermo, nome di battaglia “Mara” che fu deportata nel lager di Ravensbruck e Muscarà Maria Antonietta una casalinga di Messina che venne arrestata con l’accusa di offese al re e al duce e venne rinchiusa nel carcere di Alì a Messina.
In ultimo la partigiana Vittone Giuseppina che era nata a Torino ma che venne in Sicilia nel 1945 e si impegnò nel movimento di riscatto delle donne nei quartieri popolari, divenne deputato regionale con il Pci nel 1955 ma rifiutò lo stipendio della Regione siciliana.
Donne che, così come la lunghissima fila di tanti altri nomi, hanno combattuto con eroismo e meritano di essere ricordate così come tutti gli uomini partigiani perchè il 25 aprile non ci ricorda solo la storia di una Nazione liberata ma parla di tutti noi, donne e uomini che, come patrioti italiani, abbiamo lottato per la nostra libertà e per la nostra identità di popolo.