Viaggi

Navigando verso Marajò

Lasciamo, con un battello fluviale Belem, attraversiamo in parte il delta del Rio Amazzonico, per poi dirigerci sempre più a nord, verso l’isola di Marajò. In realtà non si tratta di una vera e propria isola, ma della più grande isola fluvio-marina del mondo. Costeggiamo la costa della baia di Marajò all’imbrunire, quando i colori del mare, con il tramonto ad est, iniziano a virare verso il rosa, per poi passare al violaceo. Durante questa breve attraversata, che mi porterà al nord verso il Venezuela, il ponte del battello si anima e due ballerini, un uomo e una donna, danno vita ad una Samba scatenata. Nasce una musica che mi travolge e m’appaga consentendomi di abbandonarmi al potere dell’immaginazione. Percepisco una strana emozione, desidero andare oltre e mi sintonizzo sulle presenze della foresta; immagino un giaguaro che corre, in lontananza s’intravedono una miriade di luci che stanno ad indicare la presenza dell’uomo in questi luoghi.
Ritorno cosciente, quando, insieme con altri viaggiatori, sono, coinvolta in una danza che richiama i rituali che celebrano le varie divinità appartenenti alle religioni dei popoli africani, tristemente approdati in Brasile da schiavi. Una danza che servì a nascondere ai cattolici le loro più vere credenze, che oggi sono racchiuse in un sincretismo religioso afro-brasiliano, che prende il nome di condomblé.
Navighiamo a breve distanza dalla costa, questo mi permette, nonostante la tenue luce di ammirare le bianche spiagge, lambite da calme acque, dolci e salate nello stesso tempo. Grazie alla gran portata d’acqua del Rio delle Amazzoni, anche nella parte che si affaccia sull’Oceano Atlantico, l’acqua del mare ha una basso livello di salinità per un lungo tratto dalla foce. Scendiamo, per pernottare, sulla terra ferma, quando ormai è sopraggiunta la notte. Trovo alloggio in una “Cabinas”, in riva al mare, cullata dal fragore delle onde e dai rumori della foresta, rivedo le immagini della giornata fino a, quando, finalmente raggiungo quello stato onirico, dove sonno e veglia si alternano, per poi piombare in un vero e proprio abisso ristoratore. Al mio risveglio mi ritrovo a contemplare l’isola di Marajò, dove il cielo, la pioggia, il sole e le acque dolci e salate s’incontrano ignorando la presenza dell’uomo che non può fare altro che rimanere ad osservare e ad ascoltare la natura. Varcata la soglia della mia umile e provvisoria abitazione, davanti a me un sole ormai alto su un Oceano sfavillante. Lentamente cammino verso la fitta vegetazione che si trova alle mie spalle. Il tempo mi è nemico, odo il suono del battello, che sta per ripartire, non mi è consentito addentrarmi nella giungla selvaggia di Marajò. Posso solo desiderare che un giorno, rallentando il mio tempo, troverò rifugio in una delle tante “Fazende” adatte, se pur in modo spartano, ad ospitare una viaggiatrice solitaria amante della natura. Forse un giorno, rivedere questi luoghi incantati e ammirare il fenomeno della “Pororoca”, ovvero lo scatenarsi d’ onde giganti dovute allo scontro delle correnti marine con l’impeto dei moti ondosi del Rio delle Amazzoni, visitare i garapés inondati, ammirare le mandrie di bufali, andare a cavallo attraverso la selva e lungo le bianche spiagge. Forse un giorno!

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