Spettacoli

Grande successo per Miciu e Cirano di Giuseppe Lazzaro Danzuso

Nell’auditorium “Vito Papotto” del Centro Polifunzionale di via Zurria a Catania, per la rassegna ‘Corra la voce’ (nata con l’intento di promuovere una drammaturgia contemporanea impegnata ma pur sempre legata alla tradizione), prodotta da ‘Buongiorno Sicilia’ e finanziata nell’ambito di Palcoscenico Catania 2024 dal Comune e dal Ministero della Cultura, è andato in scena in prima assoluta lo spettacolo: Miciu e Cirano di Giuseppe Lazzaro Danzuso; regia di Angelo d’Agosta; assistente regista: Agnese Failla; interpreti: Angelo D’Agosta (Cirano) e Andrea Balsamo (Miciu); costumi, attrezzi di scena, maschere e marionette della Menonèmo di Sara Lazzaro Danzuso.
“Questo progetto – ha spiegato Simone Trischitta, presidente di Buongiorno Sicilia – è stato pensato in continuità con i lavori presentati negli anni passati sempre negli spazi dell’Auditorium di via Zurria a Catania… Stavolta poniamo a confronto due generazioni di autori”.
È una pièce dedicata, dice il regista, “agli amanti del Teatro, della Poesia, della Commedia e del Dramma: si ride, ci si commuove, si scoprono cose nuove su un genius loci come Domenico Tempio ma anche Cyrano de Bergerac”.
I due personaggi che con il loro fitto dialogo animano la scena sono noti a tutti perché, ribadisce l’autore, “Chi ha scritto opere che hanno lasciato il segno ha la disgrazia di non poter morire”.
“Cirano – è il cappelletto della commedia – ossia Hercule Savinien de Cyrano de Bergerac (1619-1655), spadaccino e letterato reso celebre da un’opera teatrale di Rostand.
Miciu, il poeta catanese Domenico Tempio (1750 –1821), noto per le sue poesie erotiche e per il poema sociale in rima La Carestia”.
Giuseppe Lazzaro Danzuso (classe 1958), ben noto al pubblico catanese, e non solo, esordiva nel 1976 sulla Rai con una trasmissione diretta da Giuseppe Tornatore e cominciando a lavorare per l’Espresso Sera, Antenna Sicilia, La Sicilia e l’ANSA a Catania e a Roma. Ha scritto numerosi libri, romanzi (“Ritorno all’Amarina”) e testi teatrali ((“’Ntonia e Pasqualinu”); ha realizzato più di venti documentari ottenendo numerosi premi e riconoscimenti internazionali: Più a Sud di Tunisi (2006), Pantalica (1995), Polifemo d’argento (1993) e Solemare (1987). È stato, dal 2004 al 2013, consigliere regionale dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia, diventando poi presidente del Consiglio di disciplina territoriale.
In questa pièce Lazzaro Danzuso, dunque, figlio d’arte, giornalista, scrittore, drammaturgo e regista – insomma uomo dal poliedrico ingegno – riunisce in una sorta di eterno esilio lunare due icone letterarie lontanissime nel tempo ‘di lor vita’, eppure tanto vicine.
I due personaggi nel loro lunatico esilio attraverso un vecchio cannocchiale dorato e rubando ausili tecnologici si raccontano (Cirano: Misciù: sono secoli che viviamo insieme e ci siamo raccontati tutto, o quasi, l’un dell’altro. Così so perfettamente che traducevi in francese direttamente dal greco antico. Ormai ti conosco… Miciu – Sì, pure io ti conosco Sisì, ma ancora, nonostante me lo chieda da sempre, non ho compreso come mai siamo finiti entrambi qui…), osservano il nostro mondo (Miciu – La mia Catania, là sotto. C’è un’Etna in eruzione che è uno spettacolo: fontane di lava dal cratere centrale) e ricordano:
Miciu: tutti mi dicevano che ero allunatu, che campavo
nella luna. Lo dicevano mio padre, che mi voleva prima prete e poi
avvocato, ma pure mia moglie, Francesca. Lei morì partorendo la
mia figghiuzza adurata, che si chiamava Apollonia come mia
madre. E pure mia figlia se ne andò dopo tempo. Mi restò la sua
balia, la gn’a Catarina che mi fece da Angelo Custode e mi regalò
Pasquale, un altro figlio, che non fece perdere il nome dei Tempio…
Cirano: A soli diciannove anni nei moschettieri (mi arruolai), con quello che la letteratura rese famoso come Charles D’Artagnan. Fu una guerra
durissima. Riportai mille ferite in altrettanti duelli e dopo pochi
anni dovetti ritirarmi… Un vero libertino, finché fui giovane e forte. Ma il mal francese a poco a poco m’indebolì, così come le tante ferite dei duelli. E infine quella maledetta trave mi portò via a trentasei anni
.”
E libertino era considerato Cirano – precursore della letteratura fantascientifica (L’altro mondo o Gli stati e gli imperi della luna (1657); Gli stati e imperi del sole, pubblicato postumo nel 1662), amico di Molière e Gassendi – quando ancora quel termine indicava un’avanguardia culturale, una nuova filosofia di vita:
“Cirano – Venite gente vuota, facciamola finita
Voi preti che vendete a tutti un’altra vita
Se c’è, come voi dite, un Dio nell’infinito
Guardatevi nel cuore, l’avete già tradito
E voi materialisti, col vostro chiodo fisso
Che Dio è morto e l’uomo è solo in questo abisso.”

In Cirano troviamo la componente utopica del pensiero libertino, l’esaltazione dell’individuo, violente critiche alla religione, allo Stato, alla famiglia, alle illusorie conoscenze tradizionali a favore dell’immanenza dell’uomo nella natura e dinamico desunto da Gassendi:
“Miciu – Perciò miracolo fu! Cirano – Miracoli? Cosa dici? Non esistono, ça va sans dire. Ti ho spiegato mille volte, mon amis, che tutto è movimento d’atomi, persino l’intelletto”.
Non c’è posto per il miracolo, per tutti i miti e le credenze religiose e per ogni metafisica, ma solo per l’autonomia della ragione da ogni autorità.
In questo senso il “libertinismo” si ricollega etimologicamente al libertus latino, ossia l’ex schiavo affrancato.
E libertino, ma in senso volgare, fu ingiustamente considerato Tempio:
“Miciu – Ercolino, per me le scrivevo quelle poesie, non per altri. Sapevo che,
se fossero diventate pubbliche, la società, i potenti, mi avrebbero
massacrato. Per distruggere le mie denunce in versi, per abbassare
il mio braccio con il dito puntato. Le poesie erotiche per me le
scrivevo. Per sfogarmi…

Purtroppo una certa critica lo ha liquidato come “poeta osceno” da porre nel dimenticatoio, mentre il grande Miciu, in sintonia con l’illuminismo europeo, mirava a liberarsi dalla morale avvilente. Non ‘pornografia’ quindi nelle sue opere, ma condanna contro tutto ciò che turba l’ordine naturale e l’armonia.
La contemplazione della natura e la critica dell’ignoranza, l’operosità dell’uomo e le accuse alla Chiesa rendono Tempio un ‘libertino’, ma nel corretto senso della parola: un poeta libero.
I due protagonisti in conclusione continuano a vivere nella fantasia di Giuseppe Lazzaro Danzuso, prendono corpo con tutte le loro passioni trascinando il pubblico nel loro mondo, in un passato la cui eco ci raggiunge e ci parla ancora.
Distanti nel tempo delle loro vite, apparentemente diversi (“giovane quanto lui era anziano, battagliero quanto lui era pacifico, spocchioso quanto lui era ironico” dice l’autore) ma simili (forse anche nel naso se dobbiamo credere a una certa iconografia!) perché uniti nell’osservazione dell’umanità; una meditazione che ci fa ridere, ci commuove e che li ha consegnati al futuro.
“Cirano – Certo, ormai siamo soltanto ciò che abbiamo scritto. Possiamo
vivere soltanto nelle nostre parole, ma attraverso esse, per fortuna,
riusciamo a nuotare nelle menti di chi ci legge. Siamo fortunati
perché siamo, o siamo stati, dei creatori, grazie a quelle parole che
edificano mondi, mettono in scena vite più vere del vero. Esistiamo,
se questa si può chiamare esistenza, perché ci ricordano…”
.

Le foto di scena sono di Marzio Pardo

Tra le invenzioni del regista Angelo D’Agosta l’impiego di un carrello per la spesa

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